L’incubo Farmoplant torna a terrorizzare i cittadini di Massa Carrara. L’industria chimica nel 1988 esplose e una nuvola velenosa oscurò il cielo, con migliaia di persone che fuggivano terrorizzate. Ora un’indagine del ministero sul sottosuolo dimostra che le falde acquifere sono ancora avvelenate. Come riportato dal Corriere della Sera, ci sono concentrazioni di arsenico, benzene, cromo esavalente, solventi clorurati, tricolorometano e tetracloroetilene, manganese e arsenico. Tutti in concentrazioni alte, alcune in alcuni casi sono altissime. Gli approfondimenti sono stati condotti su 149 pozzi e, stando ad alcune indiscrezioni, quasi tutti avrebbero problemi d’inquinamento. Non sono stati provocati solo dalla Farmoplant, ma si sospetta che siano coinvolte altre industrie chimiche del territorio dismesse da anni. L’Arpat (agenzia regionale per la protezione ambientale) oggi ha pubblicato sul proprio sito i primi dati sulla stato di grave inquinamento, dopo alcune indiscrezioni e qualche polemica sull’attesa per la diffusione dei dati da parte del Comune di Massa Carrara.
MASSA CARRARA, L’INCUBO FARMOPLANT TORNA DOPO 30 ANNI
I dati analitici diffusi dall’Arpat dimostrano il superamento dei limiti di inquinamento delle acque sotterranee soprattutto in corrispondenza delle aree industriali dismesse. I risultati delle analisi, spiega Arpat, sono stati trasmessi nel mese di marzo alle autorità, locali e centrali, oltre all’Asl. E questo per un «primo aggiornamento, laddove necessario, delle misure di prevenzione (stabilite tramite apposite ordinanze) sull’attingimento delle acque di falda». Stando a quanto riportato dal Corriere della Sera, ad oggi però non è stato preso alcun provvedimento. La società del ministero che ha condotto gli accertamenti, la Sogis, ha riscontrato la presenza di alcuni inquinanti con percentuali centinaia di volte superiori a quelli consentiti dalla legge. Ad esempio, il cromo esavalente in alcuni pozzi è presente in percentuali dai 12 ai 42 milligrammi per litro quando il limite di legge è 0,2. Per questo gli ambientalisti chiedono l’immediata chiusura dei pozzi e l’avvio di una bonifica.