Ogni volta che c’è una tornata elettorale è sempre interessante curiosare all’interno dei programmi dei partiti per vedere, ad esempio, se e come si parla di sanità e salute e quale rilevanza si intende dare alle problematiche sanitarie, anche se è evidente che il livello della votazione (comunale, provinciale, regionale, nazionale, europeo) di per sé già determina (o esclude) buona parte dei contenuti. Da questo punto di vista il caso delle elezioni europee è particolarmente emblematico proprio per via delle regole di funzionamento dell’Unione Europea in tema di sanità e salute.



Cosa deve fare l’Europa in proposito è stabilito nel Titolo XIV (Sanità pubblica) della Parte Terza (Politiche dell’Unione e azioni interne) del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea), che al comma 1 dice: “L’azione dell’Unione, che completa le politiche nazionali, si indirizza al miglioramento della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattie e affezioni e all’eliminazione delle fonti di pericolo per la salute fisica e mentale”. E poi dettaglia e completa questa indicazione con il riferimento alla lotta contro i grandi flagelli; alla riduzione degli effetti nocivi dell’uso di stupefacenti; all’incoraggiamento alla collaborazione tra gli Stati membri, con particolare attenzione alla transfrontalierità; alla sicurezza (medicinali e dispositivi, veterinaria e prodotti fitosanitari, sangue, emoderivati, organi); alla protezione della sanità pubblica in relazione al consumo di tabacco e all’uso di alcol; il tutto sotto la clausola che “l’azione dell’Unione rispetta le responsabilità degli Stati membri per la definizione della loro politica sanitaria e per l’organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e di assistenza medica”.



Al di là del linguaggio burocratico, e pur prendendo atto che sempre il comma 1 citato afferma che “nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività dell’Unione è garantito un elevato livello di protezione della salute umana”, su un piano concreto e pratico l’attività della UE finisce con l’essere un semplice incoraggiamento agli Stati affinché cooperino e collaborino tra loro (o poco di più), ed il riparto di competenze tra nazioni e Unione risulta poco chiaro (anche per via delle ritrosie degli Stati a cedere sovranità in campo sanitario).

Così descritta la situazione, e senza entrare nel merito dell’idea di Europa che si vuole sostenere, è evidente che ad oggi (visto che l’UE può solo incentivare o raccomandare) o cambiano i trattati oppure lo spazio per un intervento in sanità è oggettivamente limitato. Ed infatti, a parte le eccezioni che verranno descritte a breve, parlando della sanità che compare nei programmi dei partiti italiani che competono per l’Europa si potrebbe utilizzare un ossimoro: la assenza di una presenza.



Nessun accenno alla sanità si trova nel programma “Più Italia meno Europa” della Lega e nel programma della lista “Libertà” (Cateno De Luca); riapertura della linea di finanziamento del Mes relativa al potenziamento dei sistemi sanitari nazionali è l’unico accenno sanitario nel programma di Azione; tre spunti puntuali si trovano nel programma “Pace Terra Dignità” con Michele Santoro (un piano straordinario di aiuti umanitari e sanitari per Gaza, abolizione del patto di stabilità perché impone vincoli antisociali alla spesa per la sanità, ridurre la spesa per le armi e incrementare quella per la sanità); un paragrafo (“4. Rafforzare il sistema sanitario”) è presente nel programma di Forza Italia declinato in tre direzioni: incremento degli investimenti nella ricerca medica e farmaceutica, miglioramento dell’efficienza dei sistemi sanitari e loro interoperabilità europea, miglioramento della vita attraverso l’innovazione in sanità.

Un paragrafo c’è anche nel programma di Fratelli d’Italia (“4. Salute, diritti e libertà”) declinato in: aumento degli investimenti in sanità e collaborazione tra gli Stati membri, affronto delle minacce transfrontaliere, no al green pass globale proposto da OMS e UE, far luce sugli errori commessi nella gestione della pandemia, finanziare campagne di prevenzione e screening, promuovere lo sport come strumento di benessere fisico e mentale.

Qualche elemento in più si trova nel programma del Partito Democratico, sia con temi di tipo più generale (il diritto alla salute al centro dell’agenda politica, adeguamento del Ssn agli standard dei paesi europei avanzati, verso un’Unione della salute e per un’Europa della cura) che con argomenti più specifici (rafforzare i servizi sanitari nelle aree montane e/o a rischio di spopolamento, affronto comune delle malattie rare, creazione di una infrastruttura comunitaria di ricerca, integrazione dei sistemi sanitari nazionali con le reti di riferimento europee).

Si conclude questo giro nei programmi elettorali dei partiti, necessariamente breve per mancanza di materia prima, con l’unico programma dove la sanità ha trovato un certo spazio: il Movimento 5 Stelle propone argomenti sanitari in molti paragrafi del suo lungo programma. Si comincia dal tema fondamentale di aumentare le competenze condivise in sanità (anche se non si specifica quali) e dallo scomputo degli investimenti in sanità dal calcolo del deficit pubblico; per poi proseguire parlando di violenza sulle donne di salute della popolazione anziana, di intelligenza artificiale applicata alla sanità, di creazione di uno spazio europeo dei dati sanitari, di cooperazione transfrontaliera, di cure odontoiatriche, di incoraggiamento di modelli di educazione alla salute e corretti stili di vita, di salute dei bambini, di salute mentale, di malattie rare. Per arrivare infine a due specifiche proposte: creare una casa europea della salute, sul modello del CERN, in campo farmaceutico ed in altri settori caratterizzati da esigenze mediche insoddisfatte e creare una vera e propria facoltà di medicina europea.

Può darsi che i partiti che si propongono per essere eletti ritengano che i problemi che l’Unione Europea deve affrontare siano altri e che i temi sanitari e di salute non siano prioritari perché, se si esclude il M5S per il quale la sanità (senza ovviamente entrare nel merito dei contenuti specifici) ha occupato nel programma un posto di un certo rilievo,  nei programmi letti si deve registrare proprio “l’assenza della presenza” delle attività sanitarie.

Eppure il giro dell’Europa che si sta proponendo sulle pagine del Sussidiario mostra molto chiaramente come di sanità e di salute sia necessario parlare proprio a livello continentale, tali e tante sono le problematiche presenti, le eterogeneità territoriali riscontrate, le attività da mettere in atto, se si vuole far diventare pratica concreta (e non parole al vento) il dettato del comma 1 citato in apertura. Ma perché questo avvenga occorre innanzitutto da una parte recuperare il motto ufficiale dell’Unione “Unità nella diversità” e dall’altra pensare concretamente al bene comune dell’Europa in tema di sanità: il resto è normale lavoro, “ognuno al suo lavoro” (T.S. Eliot: Cori da La Rocca).

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