Siamo abituati a parlare, da queste colonne, della sanità italiana e dei suoi pregi e (più frequentemente) dei suoi difetti. Le imminenti elezioni europee offrono invece lo spunto per uscire un po’ dal nostro giardino, per guardarci attorno e vedere cosa succede, in termini di sanità e salute, nel continente europeo (inteso come tale e non con riferimento alle sole nazioni in cui si andrà a votare).
Di sanità e salute in Europa, e dell’Europa, si parla poco: tutt’al più si usa qualche dato di Eurostat quando si vuole sostenere o contrastare qualche tesi che riguarda il nostro Servizio Sanitario Nazionale (abbiamo troppi medici e pochi infermieri, bisogna mettere più soldi nel SSN, eccetera). In realtà i dati di Eurostat sono molti di più di quei pochi cui usualmente si fa riferimento e forniscono informazioni molto utili per chi vuol conoscere la sanità e la salute del nostro continente, non solo a livello di nazioni ma talvolta addirittura anche a livello di regioni.
E proprio utilizzando i dati più recenti di Eurostat, che non sempre si riferiscono allo stesso anno per tutte le nazioni ma sono comunque quelli più aggiornati disponibili, in questo contributo si prova a fare un piccolo tour cercando di rispondere ad una domanda: l’Europa è in salute? Come è lo stato di salute del nostro continente?
Quando ci si mette nella prospettiva di effettuare questi confronti è sempre bene ricordare che si utilizzano degli indicatori numerici che si suppone per principio siano validi e confrontabili. L’esperienza dice che dietro la loro costruzione c’è tutto un sistema di raccolta delle informazioni che ovviamente può variare da Stato a Stato ed il cui esito non porta necessariamente ai requisiti di validità e, soprattutto, di confrontabilità che sarebbero auspicabili: ne consegue che nella lettura di questi dati si consiglia sempre di usare la prudenza e nella misura si preferisce la spanna piuttosto che il micrometro.
L’attesa di vita (speranza di vita), cioè il numero medio di anni che restano da vivere a chi è arrivato ad una certa età x, è tra gli indici maggiormente utilizzati per descrivere globalmente lo stato di salute di un territorio e di una popolazione. L’indicatore non fornisce informazioni sulle cause che sono all’origine del suo (alto o basso) valore in una determinata popolazione, ma descrive piuttosto bene lo stato di salute complessivo di un territorio e ne rappresenta in modo facilmente interpretabile le differenze. La figura 1 riporta, con diversi toni di colore, la speranza di vita alla nascita con un dettaglio regionale.
Figura 1. Attesa di vita alla nascita nelle regioni europee. Popolazione totale. Dati 2022. Fonte: Eurostat
L’Europa risulta divisa in pratica in due grandi aree: da una parte le nazioni (e quasi tutte le loro regioni) dell’Ovest, che hanno una aspettativa di vita superiore alla media europea, dall’altra le nazioni (e regioni) dell’Est, che hanno una aspettativa di vita inferiore. Una conferma di questa suddivisione territoriale la si trova nella speranza di vita a 65 anni (tabella 1): quasi tutte le nazioni che hanno una speranza di vita alla nascita superiore alla media europea mostrano una speranza di vita a 65 anni anch’essa superiore alla media.
Tabella 1. Alcuni indicatori che misurano lo stato di salute di una popolazione. Dati relativi all’anno più recente. Fonte Eurostat. In verde i valori migliori della media, in rosso i valori peggiori della media.
In questa speciale classifica il nostro Paese da sempre si posiziona molto bene, ed i dati più recenti (figura 1, tabella 1) lo confermano: poche nazioni superano l’attesa di vita alla nascita dell’Italia, e ancora di meno hanno attesa di vita a 65 anni migliore della nostra. Se anziché la speranza di vita diamo una occhiata alla mortalità evitabile, cioè a quei decessi che potrebbero essere significativamente ridotti con comportamenti individuali e ambientali più salutari o con assistenza sanitaria adeguata, sono ancora le nazioni dell’Est a presentare i valori più elevati, segno che in quei territori c’è molto da fare per migliorare lo stato di salute della popolazione. Anche per questo indicatore la situazione italiana è molto buona: solo Svizzera e Islanda hanno una mortalità evitabile migliore (cioè inferiore) di quella dell’Italia.
In Europa va meglio la mortalità infantile, che solo in alcune nazioni (Turchia, Romania, Bulgaria, Repubblica Slovacca, Lussemburgo) assume valori più elevati. È ancora in alcuni Paesi dell’Est, ma non in tutti, che si riscontrano problemi, ai quali si aggiunge, inatteso, il Lussemburgo, il cui valore andrà osservato negli anni a venire per verificare che non si tratti di una casualità. Per quanto riguarda la mortalità infantile si deve segnalare che la situazione del nostro Paese è piuttosto buona: valori migliori si osservano solo in Finlandia, Norvegia, Islanda, Slovenia, Repubblica Ceca, Estonia e Danimarca, mentre peggio di noi stanno Spagna, Germania, Svizzera, Olanda, Francia e tutte le altre nazioni del continente.
Se si passa alla valutazione delle patologie croniche, non come mortalità ma tra i soggetti viventi, la geografia sanitaria cambia. Innanzitutto l’Italia presenta il valore più basso (18,6% della popolazione) tra le nazioni che hanno fornito informazioni, con la Finlandia che presenta invece il valore più elevato (50,6%). In secondo luogo non si osserva quella divisione Est-Ovest che si era evidenziata con gli indicatori di speranza di vita e di mortalità evitabile. Valori superiori alla media si registrano ancora in alcune nazioni dell’oriente europeo (Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania) ma soprattutto in molte nazioni dell’Occidente continentale come Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Portogallo, Spagna, Svezia e Svizzera. Occorre anche dire, però, che mentre le informazioni sulla mortalità sono meglio confrontabili tra le diverse nazioni, la valutazione della presenza di cronicità è più condizionata dalle modalità con cui viene rilevata l’informazione, richiamando quindi l’uso di quella prudenza interpretativa che si era anticipata in apertura.
Questo primo tour, come se fossimo a bordo di un drone che osserva dall’alto la salute del continente, ci restituisce due europe: una Europa dell’Ovest, più in salute in termini generali, con meno problemi che procurano decessi evitabili, e con il tema della cronicità che si sta facendo dominante; una Europa dell’Est, che perde anni di vita e sta peggio, che ha molto da fare per intervenire sulle cause che portano a molti decessi evitabili, e con il problema della cronicità che non si è ancora espresso in tutta la sua forza. In questa situazione continentale si può dire che l’Italia rappresenta una sorta di penisola felice, con tutti gli indicatori di salute che sono stati esaminati che assumono valori non solo migliori della media europea ma migliori della gran parte delle nazioni con le quali usualmente ci si paragona.
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