Si tiene domani presso la commissione Affari sociali della Camera l’audizione della Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica. A tema la grave situazione della salute mentale, ultimo anello di una catena sanitaria che soffre da sempre di problemi economici: i dipartimenti di salute mentale presenti sul territorio italiano sono in grado di fornire solo il 55% dell’assistenza necessaria. In un quadro dove i problemi mentali sono la massima emergenza sanitaria mondiale, con numeri sempre in crescita (in Italia 800mila sono le persone in cura presso i dipartimenti di salute mentale delle aziende sanitarie locali, ma almeno altrettanti se non di più sono coloro che non vi sono curati), la situazione è drammatica. “I problemi economici” ci ha detto lo psichiatra, sociologo, educatore, saggista Paolo Crepet “ci sono fino a un certo punto. Quando si risparmia sulla salute non si risparmia mai. Sui servizi essenziali fare risparmio è una stupidaggine senza pari, perché poi paghi quei risparmi con altre spese quando una persona non curata non lavora, la moglie non lavora, i figli non vanno a scuola”. Per Crepet è proprio questo tipo di società che ha portato allo sviluppo di queste problematiche: “I motivi per avere disturbi mentali sono tanti, legati al mondo del lavoro, alla distruzione della famiglia, la poca integrazione, la solitudine enorme. In altri paesi si trovano i soldi per intervenire su queste situazioni, in Italia invece troviamo i soldi per dare dare la mancetta ai ragazzi perché l’importante è che non lavorino”.
PAGARE LE TASSE E PAGARE LE CURE: PERCHÉ?
Un italiano su due, in sostanza, che soffre di disturbi mentali non ha cure, lo si vede nei tanti casi di cronaca di figli costretti ad abitare con i genitori che spesso finiscono con ucciderli: “Quando nel pieno di un ateneo importante come la Sapienza si fa un rave party questa è una notizia che fa accapponare la pelle. Non so se il primo ministro si occupi di questa faccende ma forse dovrebbe. Poi ci sono anche genitori che gli va bene che il figlio stia a casa, ragazzi amorfi che passano la vita su Internet. Ci sono nuove forme di patologie mentali legate alla tecnologia di cui si parla poco”. Fortunatamente negli ultimi anni sono sorti molti enti privati che hanno creato comunità di accoglienza, arrivando là dove lo Stato non arriva: “I servizi vanno bene tutti: pubblici, privati, convenzionati, l’importante che ci sia qualcuno che valuti, cosa che non è scontata. Non capirei il motivo di fare dei distinguo: si sta fornendo un servizio a un cittadino o no? Allora bene. Il problema è che c’è qualcosa alla base che non va”. Cosa? “Lo Stato che cos’è? È pagato dai cittadini, non esiste lo Stato a prescindere da noi, paghiamo le tasse e paghiamo lo Stato. Se poi lo Stato mi dice: non abbiamo soldi, si deve pagare lei la cura mentale, io pago due volte. Pago lo Stato per dei servizi che non eroga e in più devo rivolgermi a un privato e pagare di nuovo. È un dibattuto vecchio come il cucco che non ha senso, è sempre il cittadino che paga. I servizi necessari dovrebbe fornirli tutti lo Stato ma non lo fa”.
(Paolo Vites)