Il suicidio è stata la quarta causa più comune di morte tra i 15 e i 29 anni nel 2019, con circa 700.000 persone che si sono tolte la vita nel mondo. Un rapporto del’Office of National Statistics, la nostra equivalente Istat, afferma che ci sono stati quasi 5.700 suicidi in Inghilterra e Galles nel 2019, un aumento di 321 rispetto all’anno precedente. Il suicidio è anche la principale causa di morte tra i giovani nel Regno Unito e nella Repubblica d’Irlanda, poiché nel 2018 quasi 800 giovani si sono tolti la vita. Il suicidio ha un enorme effetto negativo che si propaga tra famiglie e comunità e danneggia la società. Le persone con gravi disturbi mentali hanno un rischio aumentato di mortalità prematura, poiché muoiono in media 15-20 anni prima rispetto alla popolazione generale. È necessaria un’azione urgente per prevenire e alleviare il peso socio-economico di questi problemi di salute mentale.



In un’epoca in cui i media esercitano un profondo influsso diventa perciò importante capire se in qualche modo la rappresentazione mediatica delle questioni economiche possa influenzare la salute mentale, provocare depressione e fornire nessi diretti o indiretti con l’allarmante aumento dei suicidi. In uno studio attualmente in corso riguardo Inghilterra e Galles negli anni dal 2001 al 2015 si sta esaminando un enorme dataset composto da oltre 200.000 articoli che discutono argomenti economici provenienti da sei importanti giornali britannici allo scopo di studiare la possibile interazione complessa tra media, linguaggio e benessere mentale. Un’analisi del sentiment coadiuvata dalle informazioni tratte da un dizionario permette di discernere il contenuto emotivo del linguaggio utilizzato nella discussione delle notizie economiche. Si sono così individuati gli indicatori giornalieri legati a emozioni negative comunemente associate a cattiva salute mentale e depressione e se ne sta studiando la relazione con le cifre giornaliere dei suicidi a livello nazionale. Si sono anche utilizzate nell’analisi altre variabili riconosciute dalla letteratura esistente come determinanti i tassi di suicidio quali la crescita economica, i tassi di disoccupazione, la temperatura massima giornaliera e gli episodi di fluttuazioni estreme della temperatura.



L’ipotesi di lavoro è quindi che il linguaggio mediatico carico di sentimenti negativi intensi possa fornire allarmi precoci per il deterioramento della salute mentale di una popolazione. I primi risultati mostrano una correlazione significativa tra commenti estremamente negativi sulle condizioni economiche all’interno degli articoli dei giornali e l’aumento nel numeri dei suicidi. Questa correlazione risulta particolarmente evidente quando il linguaggio usato evoca emozioni di paura e disperazione. In particolare, l’indicatore emotivo che esprime disperazione risulta un potente predittore delle cifre dei suicidi.



Non bisogna nascondersi il rischio di imbattersi in una moltitudine di fake news propagate da influencer e propaganda. Per questo, per evitare che il modello risulti inefficace è necessario verificare attentamente la professionalità dei giornalisti e delle fonti giornalistiche. Con queste cautele, in un mondo in cui le statistiche ufficiali sui suicidi sono spesso lente a essere pubblicate, monitorare i cambiamenti nel sentimento dei media e dei social media (quali X, Facebook e LinkedIn) può divenire un mezzo di rilevamento precoce, come ance allocare in modo più adeguato e rapido le risorse finalizzate all’assistenza alla salute mentale e contrastare la tendenza all’aumento dei suicidi.

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