Genitori Marcello Lippi, chi erano: il ricordo dell’ex ct di papà Salvatore Lippi e mamma Adele Degl’Innocenti
Marcello Lippi ha compiuto settantacinque anni lo scorso aprile, eppure i ricordi del suo passato e della sua infanzia sono ancora molto nitidi. In diverse interviste, parlando della sua vita privata, ha ricordato i genitori Salvatore Lippi e Adele Degl’Innocenti. In un passaggio a “Ricomincio dal NO”, podcast di Caterina Balivo, l’ex ct ha condiviso col pubblico un ricordo intimo dell’amato papà, che non vedeva di buon occhio la Juventus.
“I miei genitori? Mio padre odiava la Juve, era un vecchio socialista di quelli al bar, che odiano il potere. Un giocatore avversario spezzava la gamba a uno juventino e l’arbitro dava rigore, diceva: ‘Non è vero, non era rigore’. Era un anti-juventino. È morto nel ’91, quando nel ’94 sono andato alla Juve andai alla tomba di mio padre e gli dissi: ‘Papà, abbi pazienza, ma io ci vado alla Juve. Stammi vicino, te ne farai una ragione, ma io ci vado alla Juve”.
Marcello Lippi e il legame coi genitori: “Quando vinsi il mondiale ho pensato a mia mamma”
E sulla mamma, invece, Marcello Lippi ha un piccolo grande rimpianto: il fatto che non si sia potuta godere il mondiale vinto dall’Italia nel 2006, quando lui sedeva sulla panchina azzurra. “Mia madre è morta nel marzo del 2006, tre mesi prima del mondiale. Quando ho vinto l’ho pensata, avevo una sua collana d’oro, che mettevo sempre al braccio, non al collo. Un giornalista scrisse una cosa che criticava la mia ostentazione di questo bracciale. In sala stampa lo presi da parte e gli dissi: ‘testa di c***o che non sei altro, non ti permettere mai più, questa è la collana di mia madre che è morta tre mesi fa’.
Marcello Lippi è sempre stato attaccato ai suoi genitori, riconoscendo loro un ruolo cruciale nella sua vita. Per questo motivo, probabilmente, l’ex ct ha spesso voluto dialogare coi genitori dei giovani calciatori. Basti pensare a quando, nel lontano 2008, in un incontro pubblico si raccomandò coi genitori dei ragazzi: “Lo sport serve a socializzare, non è obbligatorio diventare campioni. Nel mondo del calcio giovanile, la categoria peggiore è quella dei genitori. Sono soprattutto loro a pensare che i figli debbano fare sport per diventare campioni e non per socializzare”.