Tra le tracce proposte dal Miur per la Prima Prova della Maturità 2023 – tipologia A, Analisi del testo – anche “Alla nuova luna”, poesia di Salvatore Quasimodo. La poesia è ispirata al lancio in orbita del primo satellite artificiale Sputnik nel 1957: richiesto allo studente analisi e comprensione dell’opera ma anche l’interpretazione sulla produzione poetica di Quasimodo.
SVOLGIMENTO TRACCIA A1 – Poesia “Alla nuova luna” di Salvatore Quasimodo
COMPRENSIONE E ANALISI
La prima strofa della poesia si apre con Dio che crea il cielo, la terra e al momento giusto “i luminari”; al settimo giorno Lui si riposa. Nella seconda strofa l’attenzione non è più posta su Dio bensì sull’uomo, creato a “immagine e somiglianza” del primo. L’uomo, che non riposa mai, con la sua “intelligenza laica” non ha paura di sfidare Dio, costruendo e mettendo in cielo “altri luminari uguali / a quelli” esistenti da miliardi di anni.
La parola che subito salta all’occhio in entrambe le strofe è “luminari”. In un primo momento ci sembra di capire che questi siano le stelle create e messe lì da Dio, pochi versi sotto scopriamo che anche l’uomo li crea. Qui la parola ha acquistato un significato differente: i “luminari” potrebbero essere le scritte pubblicitarie che si illuminano, le lampadine colorate che rendono i bar più accoglienti, insomma tutto ciò che vediamo nella nostra quotidianità… Sono luci che abbagliano gli occhi ma molto spesso accecano anche il cuore.
Anche il concetto del riposo viene citato in entrambe le strofe: Dio si riposa, l’uomo mai. Per quest’ultimo la vita sembra un tour de force, un continuo movimento, senza che possa mai prendere del tempo per pensare, per riflettere, per capire. È possibile vivere così?
La perseveranza e il coraggio dell’uomo si notano da come viene descritto: è fatto a immagine e somiglianza di Dio e ha una sua “intelligenza laica”. È anch’egli un creatore, un self-made-man, è artefice del proprio destino. La vita più comoda ha bisogno della sua intelligenza, privata però del motore primo. A che serve, in fin dei conti, quest’ultimo?
Forse potrebbe servire affinché tutte le costruzioni esterne non modifichino in profondità l’interiorità del singolo, servirebbe per ricordarci ogni giorno che le comodità non appagano il nostro desiderio di infinito e sicuramente non colmano il vuoto che sentiamo in petto. L’intelligenza privata di tutto ciò, l’intelligenza laica, ci porta invece a pensare che possiamo conquistare tutto, anche a costo di perdere noi stessi.
L’”amen”, utilizzato come ultima parola della poesia, sottolinea la nostra visione contorta della scienza come nuova religione, forse l’unica ammessa.
INTERPRETAZIONE
Brunori Sas canta: “Assiomi e teoremi non valgono a niente / se l’occhio non vede che il cuore non sente più niente”. Perché l’occhio veda che il cuore non sente c’è bisogno di qualcosa in più.
Un esempio che lo chiarisce è raccontato da Italo Calvino in Luna e Gnac, un racconto di Marcovaldo: “Il GNAC era una parte della scritta pubblicitaria SPAAK-COGNAC sul tetto di fronte, che stava venti secondi accesa e venti spenti, e quando era accesa non si vedeva nient’altro. La luna improvvisamente sbiadiva, il cielo diventava uniformemente nero e piatto, le stelle perdevano il brillio”.
I luminari che descrive Calvino sono gli stessi di Quasimodo, e provocano lo stesso effetto sugli uomini, un effetto anestetizzante. Anni prima gli uomini potevano alzare gli occhi al cielo, potevano guardare la luna e parlarci, magari piangere.
Così scrive Giacomo Leopardi nel Canto notturno di un pastore errante dell’Asia: “Spesso quand’io ti miro / star così muta in sul deserto piano, / che, in suo giro lontano, al ciel confina; / ovver con la mia greggia / seguirmi viaggiando a mano a mano; / e quando miro in cielo arder le stelle; / dico fra me pensando: / a che tante facelle? / Che fa l’aria infinita, e quel profondo / infinito seren? che vuol dir questa / solitudine immensa? ed io che sono?”
Perché esistono questa vecchia luna? Perché esiste questo “cielo sereno”? Cos’è questa “solitudine immensa” radicata nel mio cuore? Io chi sono? Sono delle domande enormi, che aprono infiniti mondi, che ci permettono di conoscere meglio noi stessi.
Se solo riuscissimo a “riposare”, se solo ponessimo fine per pochi istanti alla nostra frenesia continua, così da poterci accorgere di ciò che ci è attorno, se solo non fossimo così presi dalla “fiumana del progresso”, come la chiama Giovanni Verga, ci accorgeremmo che tutte le scoperte non servono se il nostro cuore non è più capace di commuoversi.
Dea Kuqo