Una stupida polemica ha tenuto banco in settimana dopo la visita del vicepremier Matteo Salvini, e Segretario della Lega, al pastificio Rummo di Benevento. Un gesto di cortesia, da parte dell’uno e dell’altro, viene confuso con un’indicazione di parte e dà la stura a commenti velenosi sui social con l’invito rivolto ai consumatori meridionali di non acquistare più il prodotto sannita reo di essersi fatto contaminare nientedimeno che dal capo dei nordisti.



La vicenda si presterebbe a una grande risata per i suoi contorni grotteschi. E bene ha fatto Fiorello a scherzarci sopra – a suo modo, dicendo cose serie – ricordando nel corso della trasmissione Viva Rai 2 che l’accusa di fiancheggiamento al ministro (ridicola di per sé) viene rivolta a un’impresa di grande tradizione e altissima qualità che dà lavoro a centinaia di persone. Vanto del tanto lodato Made in Italy e proiettata sui mercati internazionali.



L’azienda nasce del 1846 e si avvia quindi a traguardare i 180 anni di attività giungendo alla settima e ottava generazione con Cosimo e Antonio, padre e figlio, che stanno imprimendo un impulso notevolissimo ai processi d’innovazione – lavorazione lenta e non solo – e alla crescita sui mercati esteri. Nel segmento premium, quello di più alta gamma, non teme concorrenti secondo le preferenze rilevate tra i consumatori.

Insomma, confondere il premiato pastificio beneventano con una bottega che ha bisogno della benedizione di un esponente politico per farsi pubblicità è un’ipotesi che può nascere solo dall’ignoranza (mancata conoscenza dei fatti e delle persone) o dalla cattiveria. E spesso cattiveria e ignoranza vanno a braccetto. Attribuire poi a Cosimo Rummo l’etichetta di simpatizzante leghista è affermare una cosa quanto più lontana ci sia dalla realtà.



Detto tutto questo, è davvero incredibile che un’attenzione istituzionale possa essere scambiata per una scelta di campo. E se anche così fosse – ma non è, va ribadito per i più duri d’orecchio -, forse che la pasta ai Rummo riesce più o meno bene a seconda delle loro simpatie politiche? Se, mettiamo per ipotesi, il ministro Raffaele Fitto che è pugliese si facesse vedere in uno stabilimento del Nord dovremmo attenderci una simile reazione capovolta?

Si capisce che stiamo camminando sul terreno dell’assurdo. E ancora più assurdo risulta che l’impulso dei pochi malvolenti che hanno innescato la bagarre all’interno della rete abbia mosso altri che senza riflettere si sono immessi nella scia gonfiando un caso che non esiste. Come se il Paese, e il Mezzogiorno in particolare, non avessero problemi più seri e urgenti da fronteggiare. Davvero una perdita di senno e di tempo che si poteva evitare.

L’incidente, poi, avviene alla vigilia della discussione e dell’approvazione in Senato del disegno di legge sull’autonomia differenziata delle Regioni. Un provvedimento che le opposizioni presentano come Spacca Italia e che la maggioranza indica come necessario per contribuire a rendere più efficiente il Paese. Le posizioni sono così divaricate che sarà davvero difficile montare sull’argomento un confronto costruttivo.

Gli animi sono accesi e ogni occasione riesce buona per esacerbare le distanze. Con il risultato che le parti in causa anziché comporre i dissidi si allontanano sempre di più consegnando alle prove di forza ciò che dovrebbe essere affidato all’intelligenza e alla buona volontà. Si sfoggia come se niente fosse l’arma della strumentalizzazione e tutto diventa materia di contesa.

Senza aver rispetto, nel caso in questione, di pezzi importanti dell’industria italiana.

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