Matteo Salvini torna all’attacco del premier Giuseppe Conte, ma stavolta non per il caso Open Arms, per il quale è finito a processo dopo che il Senato nei giorni scorsi ha dato l’autorizzazione a procedere. Stavolta il leader della Lega “punge” il presidente del Consiglio per la vicenda Gregoretti. «Da più di due mesi il mio avvocato attende che Palazzo Chigi trasmetta gli atti in suo possesso sul caso Gregoretti», ha dichiarato Salvini, come riportato dall’AdnKronos. L’ex ministro dell’Interno parla di un «ritardo così significativo», cioè dal 25 maggio ad oggi, che gli risulta un po’ sospetto. «Potrebbe far pensare che voglia nascondere qualcosa», ha aggiunto infatti Salvini. Poi ha lanciato un’altra frecciatina a Conte: «Ma forse il premier è solo impegnato ad approfondire il caso Retelit dopo la sentenza del Tar che conferma di fatto il conflitto di interessi di Conte». Secondo il leader del Carroccio questa decisione «potrebbe far scattare un’indagine per abuso d’ufficio a suo carico».



MATTEO SALVINI “CONTE NON RISPONDE SU GREGORETTI”

Ma per Matteo Salvini non è un caso che l’abuso d’ufficio «è il reato che il governo sta cercando di svuotare, mentre non si parla più di riforma del Csm». Accuse pesanti quelle di Salvini, che però non sono suffragate da fonti giudiziarie. Quando cita il Tar, si riferisce alla decisione di accogliere i due ricorsi contro il governo presentati da Retelit, l’azienda che gestisce cavi in fibra ottica che collegano nove grandi città italiane. Secondo i giudici, la decisione del governo Conte I di usare poteri speciali (golden power) sulla modifica della governance di Retelit «è viziata per essersi basata su di un parere dell’Agcom rilasciato da un soggetto privo della competenza ad adottarlo». Quel parere fu firmato dal solo segretario generale Riccardo Capecchi, che secondo i giudici amministrativi non aveva il potere di adottare quell’atto, in quanto serve una delibera dell’intero consiglio.



GIUSEPPE CONTE E IL CASO RETELIT

Come ricostruito dal Fatto Quotidiano, quando era solo un avvocato, Giuseppe Conte aveva firmato un parere pro veritate per il finanziere Raffaele Mincione, che si stava battendo con Fiber 4.0 per il controllo di Retelit. In quel parere affermava che i concorrenti aveva un obbligo di notifica a Palazzo Chigi dei cambiamenti nella governance deliberati dall’assemblea del 28 aprile, pena la possibilità per il governo di opporsi all’acquisto. Il secondo Cdm, a governo in carica, il 7 giugno decise per l’esercizio della golden power. Da qui l’accusa di presunto conflitto di interessi, ma l’Antitrust nel 2019 ha concluso di non dover avviare alcun procedimento. Invece per Salvini la sentenza del Tar, che contesta il parere dell’Agcom su Retelit, riguarda direttamente Conte.

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