Il parlamentare andreottiano della Dc Salvo Lima fu ucciso per il dossier mafia-appalti: a riportare alla luce tale convinzione un verbale inedito di sommarie informazioni del 7 dicembre 1992 tenuto dall’allora sostituto procuratore Vittorio Teresi, di fatto fino a pochi anni fa il pm della presunta “Trattativa Stato-Mafia”. Le informazioni e le teorie circa la fine del politico e affiliato a Cosa Nostra (ucciso il 12 marzo 1992) sono frutto del maxi-lavoro di indagine compiuto dai giudici Paolo Borsellino e Giovanni Falcone: oggi su “Il Dubbio” Damiano Aliprandi riporta diversi stralci di quel verbale che prende spunto fin dai momenti prossimi dell’omicidio ordinato da Totò Riina e altri componenti della “Cupola” di Cosa Nostra.



Fu quel delitto ad aprire la stagione stragista che portò solo qualche mese più tardi alle stragi di Capaci (Falcone) e Via d’Amelio (Borsellino): si è sempre sostenuto, a partire dalla sentenza, che la casuale del delitto sarebbe consistita nella «delusa aspettativa di un esito favorevole del maxiprocesso da parte della Corte di Cassazione con la sentenza del 30 gennaio ‘92, nonostante l’impegno che avrebbe assunto Salvo Lima per una più favorevole definizione». Già l’ex Presidente del Senato nonché Procuratore nazionale antimafia all’epoca dei fatti Piero Grasso in una vecchia intervista al Corriere della Sera riportò alcuni dettagli che spiegherebbero una verità ben più ampia e diversa dalla “storiografia ufficiale”: ora con il verbale giunto in mano a “Il Dubbio” il quadro si completa. «Salvo Lima ucciso per il dossier mafia-appalti»



IL VERBALE DI FALCONE E BORSELLINO

Ecco il report illustrato dall’allora sostituto Vittorio Teresi, citato dal quotidiano garantista: «sia Falcone che Borsellino avevano capito che quell’omicidio – e non solo quello – era scaturito dal rifiuto di Lima di intervenire presso la Procura di Palermo, in merito al procedimento nato dal dossier mafia- appalti, che era stato elaborato su impulso di Falcone stesso dai Ros Mario Mori e Giuseppe De Donno». La conferma la darebbe Grasso al Corriere della Sera: «Per noi è lacerante intuire ma non potere ancora dimostrare che la strategia stragista sia iniziata prima di Capaci e cioè con l’omicidio Lima. È lì che scattò un segnale, per cui lo stesso Falcone mi disse “Adesso può succedere di tutto”». Il verbale di Teresi è stato di recente acquisito dalla Corte d’Appello di Palermo per il processo “Trattativa” giunto ormai alla sua conclusione e oggi viene citato in ampie parti da “Il Dubbio”: «Insieme a Paolo Borsellino, seguivo le indagini relative all’omicidio del Maresciallo Guazzelli» – racconta Teresi innanzi al Pm di Caltanissetta nel dicembre 1992, «maresciallo sarebbe stato un giorno avvicinato da Siino Angelo e da Cascio Rosario, nei confronti dei quali il Ros stava sviluppando un’indagine, al fine di indurlo ad attenuare la loro posizione nell’inchiesta». Quel tentativo non andò a buon fine per la caratura professionale e morale, allora i due si rivolsero a Salvo Lima: «Borsellino – continua Teresi – però aggiunse di aver commentato queste notizie con Giovanni Falcone e che anche lui riteneva possibile che potessero avere una rilevanza, non solo ai fini della spiegazione dell’omicidio Guazzelli ma anche di quello dell’onorevole Lima». In buona sostanza, conclude il verbale di Teresi, per i giudici Falcone e Borsellino «l’onorevole Lima non sarebbe stato in grado o, peggio, non avrebbe voluto influire sulla Procura di Palermo per alleggerire la posizione di Siino (tant’è che questi fu arrestato)». Intercettato durante il regime di carcere 41-bis, il “Capo dei Capi” ebbe modo di dire anni dopo (era il 2013) che Falcone venne ucciso anche per questa sua conoscenza di quelle fortissime pressioni mafia-appalti che “fecero fuori” Lima: «Ho ucciso Falcone anche per questo», disse Totò Riina parlando con il suo compagno d’ora d’aria Lorusso.

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