Salvo Sottile, ospite alla trasmissione BellaMa’, condotta da Pierluigi Diaco ed in onda su Rai 2, con Anna Falchi ha parlato brevemente del successo riscontrato dalla trasmissione I Fatti Vostri. Campione di ascolti in casa Rai, per entrambi è una bellissima esperienza, iniziata per caso ma che li ha portati a stringere un sodalizio artistico che ne fa una delle coppie di conduttori più apprezzato della televisione italiana. Andando avanti nella trasmissione, però, Salvo Sottile ha voluto dedicare anche un ricordo al suo passato, rispondendo alla domanda di uno spettatore in studio, segnato dal padre, giornalista, assente da casa e dall’esperienza in Afghanistan come inviato di guerra.
Salvo Sottile: “Non fu semplice l’infanzia con mio padre”
Iniziando a parlare della sua infanzia, Salvo Sottile, ricorda che il padre, il famoso giornalista Giuseppe Sottile, ha condizionato un po’ la sua visione del lavoro giornalistico. “Quella di mio padre è una lunga storia”, racconta, “ha iniziato come cronista di un grande giornale palermitano, L’Ora, e quando ero piccolo lui non c’era mai. Sono cresciuto con l’idea che fosse un mestiere che allontanava i papà dai figli e non ero convintissimo di farlo”. “Crescendo con i papà si ha qualche scontro”, prosegue Salvo Sottile, “e la mia infanzia con lui non fu semplice. Ci sono stati momenti in cui non parlavamo o parlavamo poco, ma ero incuriosito dal suo mestiere”. Qualcosa, per lui, cambiò, ed iniziò a studiare “gli articoli di mio padre di nascosto alla biblioteca comunale per non chiedere a lui i consigli. Ho studiato sui libri di testo di mio papà che inconsapevolmente mi ha dato il codice per il mestiere”, ricorda con un pizzico di orgoglio.
L’esperienza in Afghanistan di Salvo Sottile
Rispondendo ad un altro spettatore, Salvo Sottile ha poi ricordato la sua esperienza di 60 giorni come reporter di guerra in Afghanistan, nel 2001, a ridosso degli attentati alle Torri Gemelle. “Fu particolarmente dura”, racconta, “perché vedi la morte davanti ai tuoi occhi e tu non puoi fare nulla, vedi le donne vengono prese a calci in strada e tu non le puoi toccare, non le puoi aiutare”.
Ma dell’Afghanistan Salvo Sottile conserva soprattutto il ricordo di una sua collega, inviata assieme a lui, Maria Grazia Cotuli. “Quando sei sul teatro di guerra dividi le giornate con i tuoi colleghi [e] si stringono le amicizie vere, tu dormi con queste persone e diventano dei fratelli. Lei era molto ambiziosa e voleva arrivare a Kabul prima di tutti, purtroppo partì un giorno prima di me e trovò la morte lungo la strada, per una rapina. Le volevano rubare dei soldi ma non li trovarono e la uccisero per rabbia”, ricorda Salvo Sottile. “Lì le donne non le vedi in faccia, vedi solo gli occhi e ti abitui a non vedere le donne”, ricorda ancora. “Quando tornati dopo 60 giorni dovevo prendere un aereo”, ma lo perse perché fu bloccato in aeroporto dalla polizia, per un interrogatorio di routine, che fu una fortuna perché quel volo, racconta, “precipitò”. “Quando riuscì ad imbarcarmi vidi per la prima volta un hostess e rimasi scioccato“, conclude Salvo Sottile.