Sono ancora tanti gli interrogativi sulla morte di Saman Abbas, la 18enne pakistana uccisa a Novellara (Reggio Emilia) la notte tra il 30 aprile e il 1° maggio 2021. Secondo l’accusa che vede imputati i parenti della ragazza, padre, madre, zio e due cugini, si tratterebbe di un omicidio maturato in famiglia per “punire” la giovane della sua resistenza a un matrimonio combinato dalla famiglia in Pakistan. Un quadro respinto dai soggetti finiti alla sbarra – al momento tre, lo zio Danish Hasnain e i due cugini Ikram Ijaz e Nomanulhaq Nomanulhaq -, in un corto circuito di reciproche accuse che non conosce battuta d’arresto in costanza del processo iniziato il 10 febbraio scorso.
A far ritrovare il cadavere di Saman Abbas è stato lo zio imputato, Danish, che sostiene di non essere stato parte attiva del delitto: secondo la sua versione, avrebbe “soltanto” accompagnato Ikram e Nomanulhaq sul luogo in cui il corpo sarebbe stato poi occultato. Il lavoro investigativo punta a ricostruire le trame di un piano che, secondo gli inquirenti, sarebbe stato premeditato da tempo alla luce di una relazione sentimentale della vittima ostacolata dagli stessi parenti: Saman Abbas avrebbe voluto sposare il fidanzato, Saqib, inviso al padre e alla madre. Proprio in aula si starebbe cercando di capire quali siano i contorni esatti del disegno atroce che avrebbe previsto l’eliminazione della ragazza. Lo riporta Quarto Grado, secondo cui ora sarà cruciale capire come gli imputati abbiano preparato l’omicidio. Tra le ipotesi, quella di un sopralluogo condotto dal padre di Saman, Shabbar Abbas, nella serra dietro la loro casa di Novellara dove si concentrarono mesi di ricerche a margine della scomparsa della 18enne.
Saman Abbas uccisa nell’ambito di un piano studiato nel dettaglio? Il sopralluogo del padre e le parole dello zio
Secondo l’ipotesi degli investigatori, Saman Abbas sarebbe stata uccisa nell’ambito di un piano studiato nel dettaglio. Prima di assassinare la 18enne, i parenti avrebbero organizzato tutto, dal luogo alle modalità del delitto, fino alla sede dell’occultamento del corpo e alla versione da fornire agli inquirenti. Ma una volta arrestati, i primi tre parenti finiti nella mani della giustizia italiana – Danish Hasnain, Ikram Ijaz e Nomanulhaq Nomanulhaq – avrebbero reso dichiarazioni contrastanti ascrivendo gran parte delle responsabilità ai genitori della 18enne, Shabbar Abbas (arrestato nel Punjab pochi mesi fa e in attesa di decisione sulla sua eventuale estradizione in Italia) e Nazia Shaheen (ancora latitante, partita alla volta del Pakistan con il marito all’indomani della scomparsa della figlia nel 2021).
A incidere maggiormente nelle indagini – le sue rivelazioni avrebbero permesso agli inquirenti di trovare il cadavere di Saman – le parole dello zio della vittima, Danish Hasnain, che si sarebbe fatto interrogare poche settimane fa affermando, riporta Ansa, di essere un obiettivo mancato della furia omicida dei familiari. Stando al suo racconto, i parenti di Saman avrebbero voluto ucciderlo per aver sostenuto la relazione della nipote con il giovane Saqib, ma per un motivo che gli sarebbe sconosciuto avrebbero deciso di non portare a termine la sua uccisione coinvolgendolo invece nelle fasi successive alla morte di Saman. “Avrei voluto parlare prima, ma avevo paura” avrebbe detto Hasnain ai magistrati, sostenendo di aver mantenuto un lungo silenzio, prima di svelare il luogo della sepoltura, per il timore che sua moglie, rimasta in patria, potesse finire nel mirino dei parenti allora ancora a piede libero.