Saman Abbas non pensava che la sua famiglia stesse pianificando il suo omicidio, ma non voleva rimanere in casa. A rivelarlo è un audio inedito, trasmesso a Quarto Grado, che la diciottenne ha inviato ad una assistente sociale. “Io sono stanca, sono passati sei mesi e non è cambiato niente. Ho deciso che vado a casa, prendo i documenti e vado da un’altra parte. Io so che adesso non posso entrare in comunità, ma vado altrove. Non voglio stare a casa mia”, diceva.
La ragazza pakistana, dopo avere lasciato la comunità e avere trascorso alcuni giorni col fidanzato, aveva infatti deciso di trasferirsi per coronare il suo sogno d’amore. Affinché potesse farlo, tuttavia, aveva bisogno di recuperare i suoi documenti. È per questo motivo che era tornata dai genitori. Inizialmente il suo piano sembrava stare funzionando. “Giuro, tu non sai quanto cerco di farli fidare. Si fidano completamente, pensano che non andrò da nessuna parte. Tu non preoccuparti, vita mia, ho pensato a tutto. Se Dio vuole farò tutto per bene. Può essere che ci sia questo nel mio destino. Nessuno sospetterà, non preoccuparti. Perché se dovevo avere fretta allora non restavo così tanti giorni qui”, aveva scritto a Saqib.
Saman Abbas, spunta l’ultimo audio all’assistente sociale: il racconto
Saman Abbas, col passare del tempo, ha iniziato però a capire del pericolo che stava correndo. “Sono sbagliata, tutti me lo dicono. Mia madre, mio padre, mio zio. È quindi giusto che io chieda scusa anche a te, perché sono molto sbagliata. Se sarà possibile, perdonami. È possibile che ci sia questo nel mio destino e che io non andrò da nessuna parte, restando a casa”, questo uno dei drammatici messaggi che aveva inviato al fidanzato.
E ancora in riferimento al cugino: “Mi ha detto: ‘Non ti vergogni, te ne sei andata lasciando così i tuoi genitori’. Io ho detto ‘Tu non sei né mio padre né mio fratello grande. Se sei venuto qui per dirmi queste cose, torna pure da dove sei venuto’”. Una ribellione che le è costata cara.