Il padre di Saman, Shabbar Abbas, fresco di estradizione dal Pakistan rigetta nuovamente ogni accusa in merito all’omicidio della figlia, di cui è imputato insieme ad altri quattro parenti – tra cui la moglie Nazia Shaheen, ancora latitante in patria -, e smentisce le dichiarazioni dell’altro figlio e del fratello, Danish Hasnain, zio della vittima ritenuto esecutore materiale del delitto. Secondo la Procura di Reggio Emilia, la morte di Saman sarebbe stata decisa dalla famiglia per punirla per la sua avversione a un matrimonio combinato, ma gli imputati respingono ogni addebito e insistono sulle rispettive posizioni di innocenza.



Shabbar Abbas è arrivato in Italia al culmine di una vera e propria odissea fatta di decine di rinvii sulla richiesta di consegna alle autorità italiane. Ora potrà prendere parte fisicamente al processo che si celebra anche a suo carico a Reggio Emilia, ma nega di aver ucciso la giovane e di essersi opposto alla storia d’amore tra la 18enne e il fidanzato, Saqib. Quest’ultimo figura tra coloro che puntano il dito contro i parenti della ragazza, sostenendo che la loro relazione sarebbe stata ostacolata fino a un punto di non ritorno concretizzatosi nell’atroce delitto.



Omicidio Saman: Shabbar Abbas nega le accuse e smentisce i parenti

Il padre di Saman continua quindi a respingere di aver concorso all’omicidio della figlia 18enne, avvenuto a Novellara nel maggio 2021. Dopo essere stato estradato dal Pakistan, dove si trovava fin dall’immediatezza della scomparsa della giovane, l’uomo avrebbe ribadito di non averla uccisa e di non essere mai stato contrario alla relazione con Saqib. Lo riporta Chi l’ha visto?, secondo cui l’imputato avrebbe precisato quanto segue ai suoi difensori: “Ai suoi familiari (di Saqib, ndr) chiesi se volesse veramente sposarla, ma loro mi dissero di no perché lui doveva già convolare a nozze con un’altra“. Ad assistere Shabbar Abbas in Italia gli avvocati Enrico Della Capanna e Simone Servillo.



Il padre di Saman avrebbe inoltre smentito la testimonianza del figlio e del fratello Danish Hasnain: “Non è vero che venne a dormire a casa mia la notte del 30 aprile 2021. Non siamo stati noi a uccidere Saman, non l’abbiamo mai maltrattata e le abbiamo sempre voluto bene. Lei non stava più bene con la famiglia, ma solo perché voleva una vita più libera, non perché le avessimo imposto un matrimonio. Anche lei doveva venire con noi, ma non fu possibile perché aveva un divieto di lasciare l’Italia deciso dal tribunale“. Il processo per l’omicidio della 18enne, in cui sono imputati anche due cugini della vittima, Ikram Ijaz e Nomanulhaq Nomanulhaq, riprenderà il prossimo 8 settembre.