Danish Hasnain è a processo a Reggio Emilia per la morte della nipote, Saman Abbas, secondo la Procura uccisa nel contesto familiare per essersi opposta a un matrimonio combinato in Pakistan. Con lui sono imputati due cugini della ragazza, Ikram Ijaz e Nomanulhaq Nomanulhaq, e i genitori della vittima Shabbar Abbas e Nazia Shaheen (entrambi in patria, il primo in attesa di decisione sull’eventuale estradizione e la seconda ancora latitante), ma Danish respinge le accuse. Stando a quanto riportato dall’Ansa, lo zio di Saman avrebbe respinto l’ipotesi di averla uccisa e avrebbe dichiarato ai pm, durante un interrogatorio, di essere finito lui stesso nel mirino dei parenti e di aver rischiato la stessa fine della nipote.



Volevano uccidere anche me“, avrebbe detto Hasnain nel corso di un colloquio con gli inquirenti che avrebbe chiesto e ottenuto il 10 marzo scorso. Danish, 32 anni, è accusato di aver concorso al delitto della giovane ed è stato arrestato mesi dopo la scomparsa di Saman, avvenuta nella notte tra il 30 aprile e il 1° maggio 2021 proprio in provincia di Reggio Emilia. Sarebbe stato lui a far ritrovare il cadavere, conducendo gli inquirenti sul luogo in cui è stato occultato a circa 700 metri di distanza dalla casa di Novellara in cui la vittima viveva con il padre, la madre e il fratello minore. Quest’ultimo lo avrebbe indicato quale esecutore materiale dell’omicidio, ma Hasnain avrebbe dato una versione completamente diversa: a uccidere Saman, secondo il suo racconto, sarebbe stata la madre. Il suo coinvolgimento sarebbe avvenuto solo in fase successiva quando, avrebbe aggiunto l’uomo, i cugini della 18enne gli avrebbero chiesto una mano per seppellirla.



Il racconto dello zio di Saman agli inquirenti: “Volevano uccidere anche me, ero d’accordo sulla sua relazione”

Secondo la ricostruzione della Procura di Reggio Emilia, Saman Abbas sarebbe stata uccisa nel contesto familiare sulla base di un piano premeditato per disfarsi di lei dopo essersi opposta alle nozze forzate con un parente in patria. La 18enne aveva una storia d’amore con il giovane Saqib, fidanzato che avrebbe voluto sposare andando contro il volere dei genitori. Ed è in questo spettro di tensioni che subentrerebbe, secondo quanto dichiarato da Danish Hasnain, l’astio covato dai familiari anche nei suoi confronti. Lo zio della ragazza avrebbe detto di essere finito nel mirino degli altri componenti della famiglia perché, a suo dire, ritenuto colpevole di essersi “alleato” con lei sostenendo quella relazione ritenuta invece oltraggiosa dai coniugi Abbas.



Assistito dal suo legale, l’avvocato Liborio Cataliotti, Danish Hasnain avrebbe aggiunto alcuni particolari alla versione fornita nel novembre scorso. “Volevano uccidermi per il mio buon rapporto con Saman, io ero d’accordo sulla sua relazione con Saqib. Poi non so perché non mi hanno ucciso. A pensarci bene la buca era troppo grande per una sola persona e gli altri mi hanno incastrato perché sapevano che parlavo“, avrebbe dichiarato in sede di interrogatorio. Lo zio di Saman avrebbe ricostruito così la sequenza delle fasi successive all’uccisione della ragazza, quando i cugini lo avrebbero svegliato per informarlo dell’accaduto: “Mi hanno detto che c’era stato un litigio e che ci era scappato il morto“. Hasnain, sempre secondo la sua versione, sarebbe poi arrivato davanti all’abitazione: “Ho visto Saman morta, sdraiata con il collo strano, stretto. Io ho cominciato ad urlare forte, a maledire tutti, a piangere e ho perso i sensi“. Proseguendo nel suo resoconto dei fatti – ancora tutto da vagliare -, lo zio di Saman avrebbe detto di aver visto i cugini prendere il corpo della giovane “uno dalle braccia e uno dalle gambe” per poi trasportarlo nel casolare: “Sono andati a prendere le pale vicino alle serre. Mi hanno chiesto una mano, ma non me la sentivo, ho spostato a mani nude solo la terra a lato della buca. Poi sono tornato da Saman e ho continuato a piangere e parlarle“.