Il processo per l’omicidio e l’occultamento del cadavere di Saman Abbas, la 18enne pakistana scomparsa nel 2021 a Novellara e trovata seppellita in un casolare abbandonato poco distante dal teatro della sparizione, si è aperto il 10 febbraio scorso a Reggio Emilia. In aula tre dei cinque parenti sotto accusa: lo zio Danish Hasnain – indicato dal fratello della vittima quale esecutore materiale del delitto – e i due cugini Nomanulhaq Nomanulhaq e Ikram Ijaz. Questi si accusano a vicenda, mentre sfuggono ancora alla giustizia italiana i genitori della ragazza, Shabbar Abbas (su cui pende una richiesta di estradizione, avanzata dall’Italia, per la quale si attende la decisione del Pakistan) e Nazia Shaheen (la madre di Saman, tuttora latitante in patria).



Il caso di Saman Abbas, secondo gli inquirenti, sarebbe da ricondurre a un delitto maturato in famiglia, nel tessuto di un piano premeditato perché la giovane si opponeva al matrimonio combinato. Una ricostruzione negata dai parenti imputati, in un rimpallo di dichiarazioni e reciproche accuse che finora non ha conosciuto soluzione di continuità. Il padre di Saman, Shabbar, è stato arrestato nel Punjab ma sul suo eventuale trasferimento sul suolo italiano incombono pesanti ombre: i rinvii dell’udienza davanti al giudice di Islamabad, chiamato a decidere sulla sua estradizione, sono così tanti da irrobustire, come sottolineato da più parti, la sensazione che possa scampare al processo per la morte della figlia. L’uomo nega ogni addebito e, poche ore fa, attraverso il suo avvocato, ha risposto così a Chi l’ha visto?: “Lo Stato Italiano ha convertito la morte della figlia in un omicidio d’onore e hanno accusato l’intera famiglia di Saman Abbas creando uno scontro verso i musulmani e l’Islam. Ha inviato una falsa accusa contro la famiglia, Shabbar vuole e merita che il vero colpevole finisca dietro le sbarre”.



Il padre di Saman dal Pakistan continua a negare l’omicidio: “Cercate il vero assassino”

Shabbar Abbas nega un coinvolgimento nel delitto della figlia 18enne Saman, e addebita all’Italia la “colpa” di aver costretto la ragazza in una comunità allontanandola dalla famiglia. Parole che arrivano dal Pakistan attraverso il suo avvocato, Akhtar Mahmood, con un’altra affermazione: “Cercate il vero assassino“. A negare sono anche gli altri tre sotto accusa, Danish Hasnain e i due cugini di Saman, Nomanulhaq Nomanulhaq e Ikram Ijaz. Il primo, zio della 18enne uccisa a Novellara, avrebbe permesso il ritrovamento del cadavere portando gli inquirenti sul luogo della sepoltura, e sosterebbe di essere intervenuto nella sola fase dell’occultamento. “Non ho ucciso Saman, lui mi vuole morto” avrebbe detto Hasnain, puntando il dito contro il padre della giovane.



Il corpo di Saman è stato ritrovato sotto quasi due metri di terra, seppellito tra le macerie di un casolare diroccato in una zona che si trova a circa 700 metri dalla casa di Novellara che fu teatro del suo ultimo avvistamento (la notte tra il 30 aprile e il 1° maggio 2021). L’identificazione dei resti sarebbe stata possibile grazie ad una anomalia dentaria, e la Procura non avrebbe dubbi: ad assassinare la ragazza sarebbero stati i parenti, nel circuito di un’azione omicidiaria concordata per punirla della sua ribellione e della sua resistenza alle nozze forzate da celebrare in Pakistan.