Torna purtroppo alle cronache nazionali il dramma di Samantha D’Incà, la giovane 30enne di Feltre che per molti versi ricorda l’altrettanto drammatica esperienza di Eluana Englaro: una giovane come tanti che dopo un banale incidente e le successive operazioni non andate a buon fine, si ritrova nello stato di coscienza di una neonata, come raccontava solo lo scorso maggio la mamma Genzianella Dal Zot al Corriere della Sera Veneto. Oggi giunge un nuovo appello dai genitori della ragazza, questa volta su “Repubblica”: papà Giorgio assieme alla moglie raccontano all’inviata Maria Novella De Luca dei tentativi fatti in questi mesi per ottenere il via libera al distacco della spina, ricordando anche in questo caso il “precedente” che ha diviso l’Italia con Eluana nel 2009.
«La sua vita non è più vita, è pura sofferenza, non avrebbe mai voluto un’esistenza così: in un letto di ospedale come in prigione, senza più coscienza, alimentata con una sonda, tormentata dai dolori. Ha trent’ anni e nessuna speranza di miglioramento. La nostra bambina non c’è più, lasciatela andare via», è l’appello dei genitori D’Incà dopo che lo scorso maggio il giudice tutelare di Belluno ha sancito che al momento non vi erano gli estremi per applicare la legge 219 del 2017 sul “Fine Vita”, invitando invece la strada della riabilitazione e delle cure per provare a salvare Samantha. «Il suo cervello per troppo tempo non aveva ricevuto ossigeno. La nostra Samy era entrata in ospedale per una frattura, ne è uscita come un vegetale, come Eluana Englaro. Intorno alla nostra famiglia è sceso il buio», è durissimo ancora il papà della ragazza veneta.
L’ULTIMO APPELLO ALLO STATO
I genitori ripercorrono il dramma iniziato il 12 novembre 2020, un lasso di tempo così “breve” che ha convinto il giudice a tentare ancora la strada delle cure e la non sospensione del nutrimento alla ancora giovanissima Samantha D’Incà: la caduta banale, la gamba rotta, poi la successiva operazione e gli arti che però si ingrossano portando la ragazza ad un nuovo ricovero, con aggiunta di polmonite e il collasso quasi immediato. Da allora il coma, inspiegabile per i medici e per gli stessi genitori: «Hanno isolato un batterio che forse, dicono, potrebbe essere stato la causa della tragedia, – spiega il papà Giorgio D’Incà. – Qualcuno pagherà». La famiglia si è rivolta all’Associazione Luca Coscioni, che in questi mesi si sta battendo per la raccolta firme sul referendum per una legge sull’eutanasia: Samantha respira da sola ma è nutrita con una peg anche se i genitori si erano opposti fin dall’inizio, trovando il “no” del Tribunale che invece firmò per questo tipo di nutrimento (e per tenerla così in vita). Il giudice tutelare, informa “Repubblica”, ha deciso che prima di prendere una decisione definitiva per la vita di Samantha, si deve tentare una riabilitazione in un reparto specializzato all’ospedale di Vipiteno: la famiglia resta molto scettica e non prende in considerazione alcuna, seppur flebile, speranza: «Il massimo a cui Samy potrebbe arrivare, se mai la riabilitazione funzionasse, è la coscienza di un neonato di due mesi […] Nessun progresso. Nostra figlia soffre ogni giorno di più. I medici, i giudici devono ascoltarci», è il loro ultimo appello finale.