“Samantha come Eluana”: comparare due casi, tra l’altro drammatici come questi, non è mai il massimo eppure sono purtroppo tanti gli elementi della storia di Samantha D’Incà, 30enne originaria di Feltre (Veneto), che riportano la mente al dramma di Eluana Englaro, spirata il 9 febbraio 2009 per l’interruzione della nutrizione artificiale voluta dalla famiglia. Una giovane piena di vita, con tanti amici e una vicenda personale senza particolari drammi fino ad un banale incidente che gli procura una frattura alla gamba lo scorso novembre 2020: viene operata, sembra tutto a posto tant’è che la ragazza torna a casa (anche per rimanere il meno tempo possibile negli ospedali nel pieno della pandemia Covid.19).
Qualcosa però comincia a notarlo che non va la famiglia di Samantha, con la ragazza anche inizia a star male e la gamba si gonfia tutta di un colpo: viene di nuovo ricoverata dopo una settimana a causa di una polmonite e da lì, praticamente, non si è mai più ripresa. Dallo scorso novembre la 30enne veneta è in stato vegetativo all’ospedale di Treviso: «ha lo stato di coscienza di una neonata di un mese», spiega disperata la mamma Genzianella Dal Zot al Corriere della Sera Veneto. Il suo cervello purtroppo non ha ricevuto più ossigeno per troppo tempo e il coma sembra ormai irreversibile.
GIUDICE “AVANTI CON LE CURE”
La famiglia di Samantha D’Incà vorrebbe staccare la spina per non vederla più soffrire così, facendo leva alle considerazioni che la ragazza avrebbe sempre espresso a famigliari ed anche amici: il giudice tutelare però ha fatto sapere che non vi sono al momento gli estremi per applicare la legge 219 del 2017 sul “Fine Vita”. Secondo l’avvocato della famiglia Davide Fent invece la legge in questione «prevede che si possa ricostruire la volontà della persona non più in grado di esprimersi»: per questo motivo, informa ancora il CorSera, la famiglia D’Incà e Usl chiedono una consulenza esterna al luminare di Vipiteno Leopold Saltuari, esperto di risvegli post-coma. «Samantha, al massimo, dopo le terapie potrà essere in grado di stare seduta e deglutire», sarebbe il responso del professore che non convince il giudice che opta per un tentativo di riabilitazione imponendo alla Usl di non fermare le cure e le nutrizioni. Dovranno passare altri tre mesi affinché la famiglia possa nuovamente presentare domanda di “stacco della spina” al giudice tutelare di Belluno.
«Dicono che dev’essere tentata la strada della riabilitazione — lamenta la mamma al Corriere — ma tutti i medici che abbiamo interpellato dicono che non ci sono speranze. Tanto che non troviamo nessuna struttura che, dopo l’analisi delle cartelle cliniche, decida di accoglierla. E io do loro ragione. Samantha ha lo stato di coscienza di una neonata di un mese. Al massimo potrà raggiungere quella di una bambina di 3, 4 mesi. E poi è continuamente vittima di infezioni. Non è questa la vita che avrebbe voluto». Per la famiglia di Samantha, «Siamo schiavi di una legge fatta a metà e che nessuna forza politica vuole portare fino in fondo, per paura di inimicarsi potenziali elettori». Il papà della ragazza si è rivolta all’associazione Luca Coscioni per capire come poter agire, ricevendo dal referente per il Veneto Davide Silvetri il consiglio «La legge c’è ma purtroppo manca ancora una cultura sul fine vita. Continuiamo a organizzare serate informative, soprattutto per i giovani, ma le istituzioni spesso si mettono di traverso…».