Dopo il 10 novembre ogni giorno potrebbe essere l’ultimo per Samantha D’Incà, la giovane 31enne veneta da 11 mesi costretta in stato di minima coscienza e nel “mezzo” di una battaglia legale solo in parte simile a quanto già visto nel passato con Dj Fabo e soprattutto Eluana Englaro.

«Abbiamo perso tante battaglie ma alla fine abbiamo vinto la guerra. Aveva ragione mio marito: finché avremo respiro, diceva, lotteremo per la dignità e il rispetto che Samantha merita», questo è l’annuncio fatto dalla madre Genzianella Dal Zot al “Corriere della Sera”, non appena uscita dalla stanza della Rsa di Belluno che assiste Samantha da quasi un anno. Un iter rapidissimo e inspiegabile quanto vissuto dalla povera ragazza che il 12 novembre 2020 uscendo di casa per andare al lavoro inciampò rompendosi il femore: «Un incidente banale, cui è seguita l’operazione a Belluno, il ritorno a casa per la riabilitazione e poi un inspiegabile crollo, una polmonite bilaterale estranea al Covid, il collasso dei polmoni, la peregrinazione tra gli ospedali di Feltre, Belluno e Treviso, poi il coma da cui Samantha non ha mai fatto ritorno, nonostante le cure dei luminari», racconta ancora la madre dopo aver spiegato che assieme al marito Giorgio han deciso di staccare definitivamente la spina delle macchine che assiste la figlia. In realtà la loro richiesta è pervenuta già da diversi mesi, ma solo negli scorsi giorni la procura di Belluno e il giudice tutelare Umberto Giacomelli abbiano autorizzato la sospensione di nutrizione e idratazione alla giovane. «Anche il Comitato etico e il procuratore di Belluno hanno dato il via libera. Mia figlia non avrebbe mai voluto vivere così, ricordo le sue parole quando in tv scorrevano le immagini di Eluana e Dj Fabo. Finalmente ci hanno creduto e ci concedono questo atto d’amore», sottolinea ancora la madre di Samantha.



EUTANASIA SAMANTHA D’INCÀ, MANCA PERÒ L’OK DEI MEDICI

Restano diversi i “dubbi” e le vicende anche legali che non sono del tutto definite sulla vicenda drammatica della famiglia D’Incà: in primo luogo, Samantha non è attaccata ad alcun respiratore in quanto non malata terminale. In secondo luogo, seppur indicata dai genitori come disposta a non “ripetere” la vicenda di Eluana Englaro, Samantha non ha mai fatto testamento biologico: come nota “Avvenire”, «se non si sono scritte volontà diverse, nessuno può revocare il consenso di nutrirla e idratarla». Cosa è cambiato allora? Il fatto che il padre sia divenuto nuovo amministratore di sostegno e che dunque il nuovo giudice tutelare ha ritenuto sensata la richiesta della famiglia: non solo, nonostante lo scontro durato mesi con il Comitato etico dell’Ussl bellunese, ora il nuovo parere dei medici ha cambiato parere «non in opposizione a noi del Comitato precedente, ma adeguandosi a nuovi rilievi clinici, secondo i quali la paziente non sta dando segnali di ripresa», spiega Leopoldo Sandonà, segretario scientifico del Comitato regionale di Bioetica interpellato da “Avvenire”. Al momento manca però il parere favorevole dell’equipe medica, l’ultimo organismo in grado di evitare il distacco delle “macchine” idratanti e nutritive della giovane Samantha. Lo stesso bioeticista riflette sull’effettiva possibilità di eutanasia per una ragazza dopo “soli” (anche se tragici e dolorosissimi) 11 mesi di tale condizione: «La legge 219 deve avere un senso, altrimenti diventa carta straccia. Redigere le Dat è facoltativo e sono in pochissimi a farlo, se però si aggira il problema dando all’amministratore di sostegno il potere di decidere al posto del disabile, a cosa serve la legge?», conclude Sandonà.



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