È talmente forte l’impatto con questo nuovo DISCO (così è scritto in copertina) che mi è venuto di scriverne di getto. Normalmente non si fa, non si scrive di un disco al primo ascolto. Ma stavolta sì, poi magari lo riprenderemo, per ora spalanchiamo quelle finestre che in copertina ricoprono la sagoma buia della testa dell’artista.
Cinema Samuele è il nuovo album di Samuele Bersani, 10 storie arrivate dopo 7 anni di silenzio, riempiti in gran parte dal grande dolore della fine di un amore che, come lui stesso ha dichiarato, aveva inaridito la creatività. Poi per fortuna le storie sono tornate, chissà come è accaduto, quando la vena narrativa si è riaccesa, ricominciando a pennellare ritratti, ad affiancare narrazioni, a giocare – come già eravamo abituati a cogliere – magistralmente con le parole.
Non è sempre agevole seguire l’autore nei percorsi tortuosi e nei continui rimandi dei suoi testi, ma aiutati dalle melodie e dalla pregevolissima produzione di Piero Cantarelli, il tutto affascina e vuole che ci torniamo, che capiamo meglio. Certe frasi invece sono lame che raggiungono subito lo scopo e feriscono, come per esempio il fulminante incipit di Mezza bugia: “Tu m’hai detto una mezza bugia/per non farmi del tutto paura/ma ho saputo l’altra metà/ed è stata a quel punto più dura”. Già scorrendo i titoli ci rendiamo conto che c’è una certa attenzione al presente: Pixel, Scorrimento verticale e Distopici, segnali virtuali di un mondo che, come Bersani ha dichiarato, è andato molto più veloce di lui.
Senza voler fare una recensione pezzo per pezzo, segnalo alcuni spunti: la storia di redenzione del primo singolo Harakiri, infarcita di immagini bellissime ed estremamente poetiche (su tutte il cielo del finale della storia, che “si apre a serramanico”), o il coraggio di mettersi nei panni del giornalista che, andato ad intervistare il cantante, lo ‘tratta male’ nell’articolo e viene licenziato (L’intervista). O ancora la storia tutta da scoprire di Le Abbagnale, con un affondo sulla diversità tratteggiata con affetto. O anche, nella già accennata Scorrimento verticale, l’assurdità di non vivere mai, stando sempre e solo davanti ad uno schermo. Le altre le scoprirete voi, è un album assolutamente da ascoltare e riascoltare.
Ma il vero contraccolpo che ti fa tornare sulla stessa canzone almeno per 4 ascolti, e subito, per me è avvenuto con la traccia numero 4, Il tuo ricordo. Qui l’artista sale in cattedra e modella un brano tanto alto da indurre un collega altrettanto poetico e blasonato, Niccolò Fabi, a postare la canzone di Bersani su facebook commentando “prendiamo tutti appunti….”. (Aperta e chiusa parentesi: che bellezza e che umiltà riconoscere la grande canzone di un collega). La lotta quasi (senza quasi) personificata fra il passato ed il presente scombussola e frusta l’io narrante (non dichiarato, ma qui la canzone è senz’altro autobiografica).
Testo e musica incastonati in un tutt’uno armonioso; arrangiamento, a tratti minimalista e a tratti esplosivo; gli appoggi della melodia e le immagini a snodarsi in continue sorprese. Date a questa canzone i suoi quattro minuti, senza niente altro intorno e sentirete una perla rara. Samuele è tornato, compie 50 anni proprio il giorno dell’uscita dell’album, se vi fidate, entrate nel suo cinema, danno dei bei film.