Ispiratore della stagione più creativa de Il Sabato e di 30Giorni, don Giacomo Tantardini ha formato (senza volerlo) una schiera di giornalisti e giornaliste che tutt’ora si fanno apprezzare nei principali media cattolici e laici. Eppure, di articoli a sua firma ne ha lasciati pochissimi, si possono contare sulle dita di una mano.
Fece rara eccezione a questa sua scelta di discrezione nel maggio 2005, con una riflessione stupendamente attuale sulla “comunanza di spirito” che vedeva unire san Benedetto da Norcia, don Luigi Giussani e Benedetto XVI. Era un momento storico particolare: da poche settimane Ratzinger sedeva sul soglio di Pietro, mentre era ancora viva l’emozione per la morte di Giussani, avvenuta a Milano tre mesi prima. L’articolo uscì sul mensile 30Giorni col titolo Cenni di amicizia spirituale.
La ricerca del filo profondo che lega la vita di questi uomini di Dio – il grande monaco di Norcia, il sacerdote brianzolo e il nuovo papa bavarese – partiva dalla conferenza tenuta da Ratzinger a Subiaco il 1° aprile del 2005, l’ultima sua riflessione pubblica prima dell’elezione pontificia. Già la scelta del luogo appariva significativa a don Giacomo: proprio a Subiaco, in un piccolo eremo vicino al Sacro Speco di san Benedetto, don Giussani negli anni Sessanta “trascorreva giorni di esercizi spirituali con giovani che esprimevano il desiderio di dedicarsi a Dio nel sacerdozio o nella vita consacrata”.
La conferenza di Ratzinger ha per titolo L’Europa nella crisi delle culture. Uno dei contenuti per don Giacomo più interessanti e anche sorprendenti è il giudizio, non di sola condanna, del futuro Papa sull’illuminismo. Sappiamo che storicamente la filosofia dei Lumi è la bestia nera di molto cattolicesimo militante. Ratzinger a Subiaco si sfila da una posizione puramente reattiva. Con la consueta parresia non lesina critiche a certo “dogmatismo” illiberale a cui approdano molti filosofi illuministi: censurando la dimensione del Mistero essi finiscono per “mutilare” la stessa ragione. Ma alla domanda se le sue considerazioni significassero un “semplice rifiuto dell’illuminismo e della modernità”, Ratzinger rispondeva: “Assolutamente no”. L’allora prefetto della Congregazione vaticana per la dottrina della fede argomentava: “è stato ed è merito dell’illuminismo aver riproposto quei valori originali del cristianesimo e aver ridato alla ragione la sua propria voce. Il Concilio Vaticano II, nella Costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo ha nuovamente evidenziato questa profonda corrispondenza tra cristianesimo e illuminismo, cercando di arrivare a una vera conciliazione tra Chiesa e modernità”.
Tantardini resta colpito dall’espressione di Ratzinger: “profonda corrispondenza tra cristianesimo e illuminismo”. E commenta: “Mi sembra che proprio questo sorprendente riconoscimento possa far intravvedere ‘la comunanza di spirito’ tra Ratzinger e Giussani nel concepire e vivere l’esperienza cristiana. Che cosa è infatti l’esperienza cristiana se non l’accorgersi della corrispondenza tra l’avvenimento di Gesù Cristo e le esigenze e le evidenze del cuore dell’uomo? Vi è una parola evangelica, forse la più ripetuta da Giussani, che indica questa dinamica: il centuplo. È stato commovente – commenta Tantardini – ascoltare papa Benedetto, alla conclusione dell’omelia nella messa di inizio del suo ministero, ripetere, rivolto ai giovani, questa stessa parola, il centuplo, per descrivere il proprium dell’esperienza cristiana e della sua esperienza personale”. Questo il brano dell’omelia di Benedetto XVI a cui fa riferimento don Giacomo: “Così, oggi, io vorrei, con grande forza e grande convinzione, a partire dall’esperienza di una lunga vita personale, dire a voi, cari giovani: non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui, riceve il centuplo”.
Tantardini trova un altro punto di consonanza tra Giussani e Ratzinger nel “confronto con lo spirito di utopia”. Espressione usata dal cardinale nella presentazione di un libro di scritti di don Giussani edito dal Sabato: Un avvenimento di vita cioè una storia. Don Giacomo libera questo confronto da una lettura puramente politica o reattiva. Avverte: “Non si trattava tanto del confronto, pur ‘decisivo’, con le utopie mondane, quanto della ‘nostra tentazione’ (sono parole di Giussani dell’ottobre 1976), cioè la tentazione di noi cristiani, ‘subito dopo l’intuizione giusta’ del fatto cristiano, ‘di scivolare poco o tanto nel privilegio dato a un progetto’”. Don Giacomo ricorda a questo proposito il capitolo 72 della Regola di san Benedetto citato da Ratzinger a Subiaco. Parla di uno “zelo amaro che allontana da Dio e conduce all’inferno”.
Tantardini sente vibrare lo stesso accento non utopistico in questo passaggio dell’omelia d’inizio pontificato di Benedetto XVI: “Il mio vero programma di governo è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da Lui, cosicché sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia”.
La grazia di Cristo, la Sua attrattiva come unica sorgente di quel centuplo di umanità. “Nulla assolutamente antepongano a Cristo il quale ci potrà condurre tutti alla vita eterna”: in questo altro brano della Regola citato da Ratzinger, don Giacomo trova il vero cuore dell’amicizia spirituale dei tre uomini di Dio: “Come è stupefacente, anche da un punto di vista umano, e come è cattolico, anche da un punto di vista teologico, che ogni gesto buono, ogni opera buona sorga e fiorisca sempre da una cosa che sembra come un niente quale è un’attrattiva (L’attrattiva Gesù, titolo di un libro di Giussani, Rizzoli), da una cosa che sembra come un niente quale è uno sguardo (Guardare Cristo, titolo di un libro di Ratzinger, Jaca Book). Così uno è preso per mano e condotto dal Vangelo / per ducatum Evangelii (Prologo della Regola di Benedetto)”.
L’ultimo cenno circa la loro “comunanza di spirito” riguarda la centralità della preghiera. Perché i princìpi etici sono giusti e i comandamenti immutabili ma per i poveri la speranza è nella mendicanza. Commenta don Giacomo: “L’alternativa al moralismo che condanna (gli altri) sta nel ripetere ciò che è bene e ciò che è male insieme alla domanda a Colui che può tutto. Questo ripetere, questo ri-domandare ‘sempre, senza stancarsi’ (Lc 18, 1) è la cosa più semplice e più umile che possiamo fare, ed ‘è proprio di coloro che non hanno nulla di più caro di Cristo’ (capitolo 5 della Regola)”.
Due mesi prima dell’elezione il cardinale Ratzinger aveva scritto una affettuosa prefazione al libretto Chi prega si salva edito da 30Giorni. “Auguro che possa diventare un compagno di viaggio per molti cristiani”. Lo è diventato. Ed ora quel piccolo libro pensato da don Giacomo per i giovani che si accostavano alla fede cristiana per la prima volta o dopo anni di abbandono, accanto alla prefazione di Ratzinger-Benedetto XVI ha pure quella del suo successore, papa Francesco.
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