La Chiesa celebra oggi, 3 febbraio, San Biagio. Si tratta di un santo molto sentito nel nostro Paese, soprattutto al nord Italia. Vi sarà infatti capitato di sentire, se siete lombardi e abitate in zona Milano, Como, Monza o Varese, la frase «San Biàs el benedis la gola e èl nas», che tradotto significa “San Biagio benedice la gola e il naso”. In Lombardia la tradizione vuole che la mattina del 3 febbraio, quando si fa colazione, si mangi anche una fetta di panettone avanzato dal Natale. Come ricorda il Corriere della Sera attraverso il suo sito online, non importa che il panettone sia “uscito dal forno”, ma va bene anche un po’ raffermo: l’importante è che sia stata benedetto. Ma da cosa deriva questa tradizione culinaria?
La leggenda narra che chi faccia colazione il 3 febbraio con una bella fetta del tipico dolce natalizio avrà dei benefici per tutto l’anno al pari, se non addirittura migliori, ai medicinali nei confronti dei tipici malanni di stagione invernale, leggasi mal di gola, raffreddore, influenza e via dicendo. Una leggenda che si lega strettamente al fatto che San Biagio è considerato il protettore della gola, che è la prima via che viene colpita quando facciamo un raffreddore o un’influenza. Tale tradizione si sposa con una quella di un frate di Milano dal nome Desiderio, un uomo molto goloso che doveva consegnare un panettone ad una donna dopo averlo benedetto per Natale. In realtà il frate, un po’ smemorato, si dimenticò di consegnarlo, e nel contempo lo finì tutto in quanto attratto dal profumo del tipico dolce milanese. Quando si ricordò che doveva riportare il panettone alla fedele, decise di consegnarlo lo stesso anche se l’involucro era vuoto, e quando la donna lo aprì il panettone era magicamente ricomparso: ecco il miracolo di San Biagio. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
SAN BIAGIO OGGI, 3 FEBBRAIO SI CELEBRA IL PATRONO DELLA DIOCESI DI MESSINA
San Biagio viene ricordato nel calendario liturgico romano nel giorno del 3 febbraio. Il beato è il Santo patrono delle diocesi di Messina, Lipari, Santa Lucia del Mela, Cassano all’Jonio e di Molfetta, Ruvo, Giovinazzo, Terlizzi. Sebaste, di cui è originario, è un’antica città della Turchia che oggi è conosciuta con il nome di Sivas. Conta circa trecentomila abitanti ed è capoluogo dell’omonima provincia nell’Anatolia centrale. Venne fondata dagli Ittiti ed ebbe un ruolo molto importante dal punto di vista logistico per sviluppare il commercio tra Oriente e Occidente. Tra l’altro questa città, oltre alle bellezze storiche e culturali di cui dispone, è famosa nella tradizione cristiana anche per essere stata la zona dei cosiddetti quaranta martiri di Sebaste.
Si trattava di legionari romani che vennero annegati per non aver abiurato la loro fede. La tradizione religiosa cristiana ricorda e commemora nel giorno del 3 febbraio oltre a San Biagio anche altri personaggi molto importanti come Sant’Ansgario, San Simeone, Sant’Anna, San Celerino, San Teridio, San Remedio, San Lupicino, Sant’Adelino, Santa Vereburga, Santa Berlina, la beata Maria Elena Stollenwerk e la Beata Maria Anna Rivier.
San Biagio, la vita del Beato
San Biagio è vissuto nel periodo più complesso per lo sviluppo della religione cristiana ossia il terzo secolo avanti Cristo. Era un periodo in cui in tutte le province dell’impero romano erano in atto le persecuzioni volute dagli imperatori per contrastare la diffusione del culto cristiano. Non si hanno tantissime notizie storiche sulla vita di San Biagio ma è possibile stabilire che sia vissuto tra il III e il IV secolo dopo Cristo nella città di Sebaste attualmente conosciuta con il nome di Sivas che si trova sul territorio dell’Armenia. Era un uomo di una certa cultura in quanto medico e successivamente per la sua incrollabile fede cristiana e per il suo impegno nelle attività di evangelizzazione, divenne vescovo. In quel momento storico molti funzionari dell’Impero Romano si occupavano di indagini per smascherare cristiani e San Biagio fu prima catturato dai soldati romani e quindi processato. La procedura prevedeva che al prigioniero venisse data la possibilità di abiurare pubblicamente la religione cattolica ma San Biagio si rifiutò fermamente e per punizione venne frustrato con i pettini di ferro che normalmente si usavano all’epoca per il processo di filatura della lana.
Nonostante nell’anno 313 venne concessa la libertà di poter seguire la religione cristiana in tutto l’impero romano, nel 316 San Biagio morì decapitato. Secondo gli storici questo martirio potrebbe essere stato causato dal dissidio che all’epoca c’era tra Costantino I e Licinio conosciuti come i due imperatori cognati. Questo dissidio potrebbe aver dato luogo ad una sorta di persecuzione locale di cui lo stesso San Biagio sarebbe rimasto vittima. I resti del Santo vennero sepolti nella cattedrale di Sebaste ma nel 732 una parte furono imbarcati per essere portati a Roma. Durante questo viaggio l’imbarcazione fu bloccata dal cattivo tempo sulla costa di Maratea e per questo si decise di far sbarcare l’urna contenente le reliquie in questa zona. Le reliquie ancora oggi si trovano nella Basilica di Maratea sul Monte San Biagio. Tuttavia tantissimi frammenti del suo corpo sono conservati in tantissime città italiane come ad esempio Avellino dove c’è un frammento osseo della mano, a Eboli dove c’è un dito, ad Asti dove si conserva un dente oppure a Napoli nella sala del tesoro della Basilica di San Domenico Maggiore dove c’è un reliquiario a forma di braccio.