C’era una volta la foresta incantata. Dalle Fiabe dei Grimm al Segreto del bosco vecchio di Buzzati la foresta è per eccellenza un luogo di mistero, in linea, del resto, con un topos tra i più classici, quello del “bosco sacro”, che da Omero e Virgilio, passando per Dante, accompagna tutta la storia della nostra civiltà.



Eppure ai Grimm (ma anche a Buzzati) era chiaro che la foresta poteva, sì, essere incantata, ma non era l’origine dell’incanto. Il mistero stava altrove e altrove aveva la sua origine: oltre, al di là del mondo, di cui la foresta e le creature che la popolano, o i viandanti che la percorrono, sono parte integrante, ma non origine. La storia del genere letterario delle fiabe è lunga e complessa, ma non è un caso che quelle che ci sono più vicine, e più hanno potuto segnare la nostra infanzia, siano state raccolte e redatte all’inizio di quella fase storica che si è soliti chiamare “secolarizzazione” o – per usare un’espressione cara a Max Weber – età del “disincantamento”, cioè della perdita dell’incanto, dello stupore che ci fa sentire piccoli, come Hänsel e Gretel, nell’oscurità della foresta in cui veniamo a trovarci. Non meno curioso, se ci si riflette, è il fatto che l’età della secolarizzazione ha introdotto un concetto di natura nuovo, facendone un tutto sostanzialmente chiuso in se stesso, per quanto inestricabile e insondabile.



Così, mentre l’espressione “madre terra” ha origini antiche ed è attestata nella cultura greca, il suo corrispondente, e quasi sinonimo, “madre natura” è relativamente recente e si ritrova soprattutto a partire dalla fine dell’illuminismo e dall’epoca del romanticismo nordico, cioè proprio nel contesto in cui i Grimm, ma anche Andersen, lavorarono alle loro raccolte di fiabe. Che poi la “natura”, se intesa illuministicamente come organismo ordinato, fosse ben poco madre, in quello stesso periodo a ricordarlo ha provveduto Giacomo Leopardi, definendola “matrigna”, come colei (o ciò) a cui il nostro destino è indifferente.



Le fiabe, almeno quelle dei Grimm, attingendo a un patrimonio secolare di tradizioni, per nulla estranee a un preciso substrato religioso e biblico, non usano mai la parola “natura”, ma ne presentano gli elementi essenziali e più vicini alla vita quotidiana: gli alberi, gli animali, le fonti, l’acqua e, appunto, la foresta. Per le fiabe quel che il sentire illuministico e romantico chiama la “natura” è, invece, il Creato, di cui l’essere umano è parte integrante.

Del resto, nelle fiabe – che non procedono per concetti, ma per simboli – non esiste “l’uomo”, ma Pollicino, Biancaneve, Raperonzolo, Rosaspina, il viandante, il mugnaio, il contadino, il soldato, cioè la condizione umana nella sua specificità comune. Certo, personaggi e luoghi delle fiabe non vanno presi troppo alla lettera: sono archetipi, immagini elementari che strutturano la psiche e si riflettono nell’inconscio collettivo nella sua condizione primordiale. Questo, però, non significa che non abbiano un loro carattere reale, dato che, proprio perché archetipi, sono anche modelli di spiegazione della realtà. Quando leggiamo una fiaba, così come quando sogniamo, noi siamo i personaggi e le situazioni che vi troviamo descritte.

Anche la foresta è un archetipo ed è in questa sua dimensione simbolica che consiste gran parte del suo “incanto”. La foresta è viva, ma non è la vita. È viva, perché riceve la vita ed è un’immagine di vita. Perdersi nella foresta significa perdersi in se stessi e scontrarsi con il limite estremo, ma nelle fiabe i nostri eroi finiscono (quasi) sempre per ritrovarsi e vi divengono re e regine, cioè ritrovano il senso pieno della realtà. Secondo Clemens Brentano, forse l’unico cattolico tra i raccoglitori di fiabe del primo Ottocento, le fiabe sono “poesia di natura” (qui intesa come spontaneità) contrapposta alla “poesia di cultura”. La dicotomia è molto romantica e, certamente, se presa alla lettera, non regge alla prova della filologia. Tuttavia, qualcosa di vero in essa c’è, nel senso che la percezione della realtà propria delle fiabe, almeno di quelle dei Grimm, è fondata sull’umile esperienza del limite, che non riguarda solo la condizione umana, ma anche le circostanze in cui essa si pone: per quanto grande, il mondo che abbiamo intorno è limitato, così come lo è la nostra esistenza.

La vita che scorre negli alberi e nelle foreste, nelle fonti e nelle acque, anche quella delle creature misteriose che si celano oltre il mondo visibile, è semplicemente “data”, non si fa da sé. Le fiabe conoscono tante figure di madri, però non conoscono “madre natura”, ma, al limite, “madre terra”, come per esempio quella bellissima di Madama Holle, a volte tradotta anche come Fata Piumetta. Potrà stupire, ma, allora, è possibile stabilire un parallelo tra il mondo delle fiabe e quello straordinario capolavoro di interpretazione poetica e teologica della “natura” che è il Cantico delle Creature di san Francesco d’Assisi. Potrà stupire, ma non più di tanto, se pensiamo che nelle Fiabe dei Grimm (protestanti) i santi ci sono, anche perché alcune di esse furono raccolte in territori germanici di tradizione cattolica.

Pur con tutte le evidenti differenze di genere letterario e di impostazione culturale, anche nelle Fiabe dei Grimm più che a una natura madre ci si trova di fronte a una natura sorella, cioè creata. Nel Cantico delle Creature san Francesco d’Assisi ci parla di “fratello sole”, “sorella luna”, “frate foco”, facendo coincidere “sorella” e “madre” solo per la “terra, la quale ne sustenta e governa”. Ma anche in quest’ultimo caso prima è sorella, in quanto creata, e per questo è “madre”, che “produce diversi frutti con coloriti flori et herba”.

È un principio anche “ecologico”, nel senso che insegna a pensare (logos) la casa (oikos) in cui viviamo dentro la distinzione essenziale tra creatura e Creatore. Le fiabe insegnano ai bambini – e agli adulti che le leggono con loro – che la foresta, esteriore ed interiore, è ancora incantata, anche se può non essere chiaro di quale incanto oggi si tratti. Soprattutto, però, le fiabe insegnano che un percorso nella foresta è pur sempre possibile.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI