15 anni moriva in Vaticano San Giovanni Paolo II, il Papa polacco che distrusse a picconate di fede e testimonianza tanto il Muro di Berlino quanto il comunismo: Karol Wojtyla divenne santo a “tempo di record”, quasi per acclamazione di quella folla sterminata corsa a Roma per rendere omaggio nei funerali forse più iconici della recente storia umana. 26 anni, 5 mesi e 17 giorni alla guida della Chiesa, Papa Giovanni Paolo II non può rimanere una “mera” figura di contorno o del passato per il cristianesimo ma assume tutt’oggi un significato potente e un segno tangibile di cosa possa essere “l’apostolo di Cristo” in terra. «Il mio ricordo di Giovanni Paolo II è colmo di gratitudine. Non potevo e non dovevo provare a imitarlo, ma ho cercato di portare avanti la sua eredità e il suo compito meglio che ho potuto» lo ricordava così uno dei suoi amici più stretti, prima Cardinale responsabile della Dottrina della Chiesa e poi “semplice” prete che ne celebrò i funerali in San Pietro. Era Joseph Ratzinger, successore di Giovanni Paolo II alla guida della Chiesa e oggi Papa Emerito Benedetto XVI.



In quella intervista tratta dal volume “Accanto a Giovanni Paolo II” nessuno più di Ratzinger riesce a farci pervenire la “vibrazione” di quell’amicizia che ha saldato la Chiesa per gli anni a venire, «dal suo intenso rapporto con Dio veniva la sua letizia, Giovanni Paolo II – ricorda – non chiedeva applausi, nè si è mai guardato intorno preoccupato di come le sue decisioni sarebbero state accolte. Egli ha agito a partire dalla sua fede e dalle sue convinzioni ed era pronto anche a subire dei colpi […] spesso avrebbe avuto motivi sufficienti per biasimarmi o per porre fine al mio incarico di Prefetto. E tuttavia mi sostenne con una fedeltà e una bontà assolutamente incomprensibili». Karol fu quel Pontefice polacco che a soli 58 anni diventa capo della Chiesa e si rese partecipe di una delle più grandi rivoluzioni del XX secolo, ovvero il ritorno a Cristo tramite un fascino e una libertà che si concretizzavano e incarnarono in quel “Atleta di Dio” tanto come fine come teologo quanto come straordinario uomo di fede che ha saputo annunciare al mondo intero la “buona novella” di Gesù.



SAN GIOVANNI PAOLO II, I 15 ANNI DALLA MORTE

Era appunto il 2 aprile 2005 quando Karol Wojtyla si spegneva dopo mesi di sofferenze per l’avanzamento del Morbo di Parkinson: aveva 84 anni e aveva guidato la Chiesa Cattolica per 27 lunghi e decisivi anni. Quel suo “Se sbaglio mi corrigerete” pronunciato dal balcone di San Pietro la notte del 16 ottobre 1978 rimane uno dei momenti scolpiti nella storia dell’umanità: l’umiltà di chi seppe rivoluzionare il messaggio di Cristo portandolo con gioia e con la croce (l’attentato e non solo) in tutto il mondo. Sarebbe inutile e “banale” riportare i numeri che hanno fatto di Papa Giovanni Paolo II uno dei Pontefici dei “record” nella Chiesa, non gli farebbe certo piacere: diverso è invece riconoscere quanto la gente, anche semplice, ricorda di lui e quanto tutt’oggi si rivolge per contrastare il dramma della pandemia.



Come ha ben ricordato Papa Francesco in questi giorni «nel 15esimo anniversario della morte di Wojtyla preghiamo invitando ad affidare all’intercessione di San Giovanni Paolo II in questi giorni che stiamo vivendo con l’emergenza coronavirus». Un Papa poeta, un Papa attore, un Papa calciatore e operaio, ma soprattutto e prima di tutto un Papa già santo: «Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa “cosa è dentro l’uomo”. Solo lui lo sa! Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna», era una delle sue prime omelie da Vescovo di Roma, era il 22 ottobre 1978. Sono passate delle ere in mezzo e il cuore dell’uomo ha spesso dimenticato la sua origine radicale di figlio: ma chi ha incontrato Papa Giovanni Paolo II, chi lo ha “vissuto” non può che testimoniare con quella stessa luce folgorante in mezzo agli occhi che anche nel dramma più forte, è Cristo che vince e non la paura o la desolazione. Ricordiamocelo, se possibile, in questi giorni cupi: lui, come ormai sappiamo, ci direbbe semplicemente «Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!».