Fosse il Cielo una struttura ospedaliera, spetterebbe di certo a San Rocco il ruolo di primario di virologia. Titolo conquistato sul campo, da medico prima di tutto, da santo con miracolose qualità taumaturgiche poi. Caratteristiche che lo rendono particolarmente popolare in epoca di pandemia: con l’onda della fede che risale la corrente della paura di credenti e non, decisi a chiedere più o meno pubblicamente protezione a quel santo che nel Medioevo sopravvisse alla peste. Antesignano dell’esperienza della quarantena, una volta contratto il contagio a Piacenza, dove s’era recato non appena aveva saputo di una pestilenza in atto, San Rocco decise di ritirarsi in una capanna isolata a Sarmato, vicino al fiume Trebbia. A scovarne il nascondiglio fu un cane, che trovato il santo decide di mostrargli benevolenza (divina?) portandogli del cibo sottratto puntualmente alla mensa del padrone, Gottardo Pollastrelli.
SAN ROCCO, “IL VIROLOGO DI DIO”: LA STORIA DEL SANTO CHE HA “SALVATO” LA BASILICATA DAL COVID
Questi non è proprio l’ultimo arrivato: si tratta di un nobile, più precisamente del signore del luogo, che una volta notato lo strano atteggiamento dell’animale decide di seguirlo. Viene così condotto al nascondiglio di San Rocco, il quale lo scongiura di non avvicinarsi per alcuna ragione, preoccupato di contagiarlo. Gottardo non gli darà ascolto assistendolo fino alla completa guarigione dal morbo. Un’esperienza di vita legata a doppio filo con la medicina e l’epidemia quella di Rocco: partito dalla natia Montepllier nei primi anni del Trecento per andare in pellegrinaggio a Roma, prima di Piacenza curò i malati col segno della croce ad Acquapendente, nel viterbese, dove infuriava la peste. Il santo trovò la morte nel 1330 e la leggenda narra che sotto la sua testa fu trovata una tavoletta riportante queste parole: “Coloro che colpiti dalla peste ricorreranno all’intercessione del Beato Rocco, prediletto da Dio, ne saranno immediatamente liberati”. E per molti non è un caso, allora, che la Basilicata, regione che ospita Tolve in provincia di Potenza, che Repubblica descrive come “uno dei focolai più accesi della sua devozione” sia stata di fatto la meno colpita d’Italia.