I familiari di Sana Cheema – la 24enne uccisa in Pakistan il 18 aprile 2018 dopo aver rifiutato delle nozze combinate in patria e dopo esser stata torturata per la sua scelta di vita “occidentale” – erano stati tutti assolti in terra asiatica per mancanza di prove: oggi però la Procura di Brescia annuncia di avere concluso le propri indagini, accusando ufficialmente il padre e il fratello della giovane vittima per omicidio premeditato. Il procuratore generale Pierluigi Maria Dell’Osso nella ordinanza finale ha descritto che si tratta di «un delitto politico, perché offende i diritti civili di un cittadino italiano, in questo caso Sana Cheema. Chiudere le indagini in tempi così rapidi è un’affermazione di giustizia che la comunità pakistana, molto numerosa a Brescia, ha apprezzato. Un omicidio così non può restare impunito». Il pg ha poi spiegato nei dettagli come la povera ragazza sia stata ingannata e trucidata mentre si trovava reclusa dai familiari in Pakistan. «Il padre e il fratello della vittima – ha poi spiegato ancora il pg Dell’Osso – sono accusati di aver cagionato la morte di Sana per asfissia meccanica violenta mediante strangolamento, annullando così diritti politici sociali fondamentali e assoluti della ragazza, uccisa per aver ripetutamente rifiutato il matrimonio deciso dai congiunto».



SANA CHEEMA, DALL’ASSOLUZIONE IN PAKISTAN ALLE NUOVE INDAGINI

La chiusura delle indagini sul delitto di Sana Cheema vede anche l’accusa con aggravante dei due familiari per la premeditazione nel piano diabolico concluso in Pakistan. Nella stessa requisitoria, il papà di Sana è accusato anche di maltrattamenti in famiglia: in pratica, la 24enne anche nel passato sarebbe stata ampiamente rimproverata «per il suo modo di vivere in contrasto con le tradizioni della famiglia e della casta. Il 20 novembre l’aveva anche picchiata con un oggetto in legno mentre una volta in Pakistan le aveva tolto il passaporto per non farla tornare in Italia», conclude la Procura di Brescia. Secondo la Consigliera regionale in Lombardia, Viviana Beccalossi – tra le più attive lo scorso anno per arrivare a spingere le autorità ad indagare al meglio sul “giallo” in Pakistan – la notizia di oggi va finalmente nella giusta direzione: «Grazie al procuratore Dell’Osso per aver messo nero su bianco che Sana Cheema è stata uccisa e soprattutto che è stata vittima di una mentalità barbara che considera figlie e mogli come un bene di proprietà di uomini che possono disporre della loro vita. Adesso il governo faccia di tutto per avere giustizia e mettere fine alla farsa messa in scena nei mesi scorsi in Pakistan». Sempre la Beccalossi, in una nota pubblicata da Askanews, aggiunge «Mi auguro che il ministro Salvini, che si era giustamente indignato dopo la sentenza di assoluzione tre mesi fa, confermi il suo impegno per non lasciare nulla di intentato, dimostrando che su questi principi di civiltà non possono esserci compromesso».

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