La sanatoria per gli immigrati irregolarmente presenti nel territorio nazionale, che i proponenti definiscono con il termine di regolarizzazione del rapporto di lavoro, è diventata un norma di legge. Un dispositivo che nella sostanza non potrà  essere modificato nella fase di conversione del decreto legge in Parlamento, dato che la sua attuazione viene prevista nel tempo che precede  quello necessario per la trasformazione del decreto in una definitiva legge dello Stato. Con un testo a disposizione diventa possibile valutare le implicazioni del provvedimento, andando oltre i buoni propositi, le illazioni, la comunicazione emotiva, che hanno accompagnato la fase di preparazione del decreto.



Il testo finale deve essere valutato per le implicazioni giuridiche formali che introduce nella legislazione vigente in materia, anche se per un tempo limitato,  e per le potenziali conseguenze sul mercato del lavoro.

La sanatoria, nelle intenzioni del Governo viene introdotta principalmente  per ottenere tre obiettivi: contrastare il lavoro sommerso e l’intermediazione illegale di manodopera, assicurare un’offerta di lavoro regolare per la domanda di lavoro espressa dagli imprenditori agricoli e dalle famiglie per le prestazioni di collaborazione domestica e di cura delle persone, per far emergere un bacino di persone formalmente invisibili anche per le finalità di prevenire i rischi di contagio nelle condizioni dell’emergenza sanitaria in corso.



Per queste finalità, nell’arco temporale che va dal 1° giugno al 15 luglio 2020, si prevede la possibilità di rilasciare un permesso di soggiorno per i cittadini stranieri presenti nel territorio nazionale prima dell’8 marzo, sulla base di foto segnalazioni e di permessi scaduti e non onorati con il rientro nei Paesi di origine.  Ovvero, in assenza di documentazione, nella forma delle mere dichiarazioni rilasciate in precedenza per le causali di ingresso della durata inferiore ai tre mesi che non richiedono un formale  permesso di soggiorno: per motivi turistici, visite parentali, di studio e ricerca, per la partecipazioni a eventi culturali e manifestazioni sportive.



Il possesso di questi requisiti da parte degli immigrati può dare luogo a due modalità di rilascio del permesso di soggiorno: per motivi di lavoro, nella fattispecie della domanda inoltrata allo sportello unico dell’immigrazione da parte di un datore di lavoro agricolo, o dalle famiglie per le colf e le  badanti, intenzionati a regolarizzare la posizione lavorativa con una formale sottoscrizione di un contratto di lavoro; con il rilascio di un permesso di soggiorno di 6 mesi sulla base della domanda inoltrata direttamente dal cittadino straniero interessato, alla questura del territorio. Previa dimostrazione di aver lavorato nel settore agricolo o domestico e pagando un importo di 160 euro, che autorizza la ricerca di un lavoro nei medesimi settori, e con la possibilità di poterlo riconvertire a tutti gli effetti in un permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

Nella prima fattispecie per il datore di lavoro che intende regolarizzare il lavoratore, con il pagamento di una sanzione  una tantum di 400 euro, viene introdotto uno scudo per i reati, finanziari, fiscali, previdenziali e assistenziali, a condizione di non avere delle pregresse condanne attinenti allo sfruttamento dei migranti. Una sospensione che si traduce in estinzione con la sottoscrizione del contratto di lavoro. E che sopravvive anche nel caso dell’interruzione del rapporto di lavoro per volontà  del lavoratore o per cause di forza maggiore.

Il rilascio del permesso di soggiorno viene impedita per gli immigrati stranieri oggetto di provvedimenti di espulsione o colpevoli di altri reati. La regolarizzazione del rapporto di lavoro, sempre nei settori citati, viene estesa anche ai lavoratori italiani e a quelli comunitari tramite un rapporto diretto con l’Inps e con un analogo condono degli obblighi pregressi per il datore di lavoro.

Per la parte relativa alla sicurezza sanitaria, a suo tempo invocata come la motivazione principale per varare una sanatoria, il provvedimento  non prevede alcuna misura precauzionale per il rientro al lavoro di queste persone, limitandosi a un generico rimando alle regioni per promuovere interventi rivolti a rafforzare le azioni di contrasto del lavoro sommerso e per favorire la sicurezza delle persone. Giova ricordare che la Commissione sanitaria che accompagna le scelte del Governo per la gestione della emergenza aveva manifestato in proposito un parere contrario per gli evidenti rischi connessi all’immissione lavorativa di persone che sono in precarie condizioni di igiene e sicurezza.

Il dispositivo, richiamato per grandi linee, ricalca le procedure e le modalità  di attuazione delle precedenti sanatorie. In particolare quella del 2012, attenuando le modalità e i criteri di accertamento dei requisiti soggettivi degli immigrati (per quelli relativi ai datori di lavoro, peraltro del tutto inutili per le famiglie, viene disposto un successivo rinvio a un decreto interministeriale attuativo) e l’importo delle sanzioni. In buona sostanza viene offerta la possibilità  di regolarizzare qualsiasi violazione intervenuta nelle causali di ingresso in Italia e dei vincoli connessi al rilascio dei permessi di soggiorno.

Un approccio singolare, e che mette in berlina l’intero impianto normativo in materia di rilascio dei  permessi di soggiorno per le diverse finalità. Tale scelta, unitamente alla mancata definizione delle misure sanitarie preventive, rende evidente l’intenzione del legislatore di offrire un’opportunità  di regolarizzazione generalizzata a tutti quelli che, compresi gli immigrati che non hanno ottenuto il permesso di protezione, sono rimasti in Italia senza averne titolo. Diversamente il legislatore avrebbe potuto opportunamente utilizzare le causali previste dalla normativa vigente per il rilascio di permessi di soggiorno temporanei per i cittadini stranieri irregolari: per gli immigrati coinvolti in casi di grave sfruttamento, per i richiedenti protezione in attesa degli esiti delle domande, per motivazioni di grave calamità che  possono motivare  una proroga dei permessi in corso ovvero una  rigenerazione di quelli scaduti e l’introduzione  di canali di sicurezza per gli ingressi dei lavoratori stagionali.

La valutazione dell’impatto del provvedimento nel mercato del lavoro smentisce qualsiasi buona intenzione dei proponenti. I tempi previsti dalla procedura, come evidenziato in più occasioni dai datori di lavoro agricoli, non sono compatibili con quelli delle raccolte. Germania e Regno Unito, senza indulgere in sanatorie, si sono mosse con tempestività concordando con la Romania corridoi d’ ingresso per gli stagionali in condizioni di sicurezza.

Assai improbabile che i datori di lavoro, e i caporali che sfruttano lavoratori delle stesse etnie al modico costo di 3 euro orari, vengano fulminati sulla strada di Damasco e che, dopo il pentimento, mettano in regola i lavoratori pagando la sanzione, assicurando alloggi decenti e retribuzioni orarie a costi triplicati, per campagne di raccolta della durata di 15 giorni. Cosa del resto mai accaduta nelle precedenti sanatorie.

La via maestra per aggirare le finalità proclamate della sanatoria sarà quella del lavoro domestico. Una forma che rende  semplice la possibilità  di simulare rapporti di lavoro, senza alcuna possibilità di verifica da parte delle Amministrazioni, per far rilasciare permessi di soggiorno ad amici e conoscenti delle comunità  di origine con l’ausilio di organizzazioni prezzolate per lo scopo.

Ho provveduto a documentare, con numeri alla mano, come la sanatoria del 2012, che rispetto a quella attuale appare un modello di rigorosità amministrativa, sia stata utilizzata quasi integralmente per regolarizzare nel settore domestico lavoratori maschi, di comunità di origine che hanno un ruolo marginale nel lavoro domestico, assunti per una parte significativa da famiglie straniere della stessa etnia. E che una volta ottenuto il permesso di soggiorno si sono licenziati e disiscritti dal fondo previdenziale istituito presso l’Inps.

La sanatoria provocherà  un aumento anomalo dell’offerta di lavoro degli immigrati regolari, già in evidenti condizioni di precarietà  lavorativa e di reddito, come ampiamente documentato dall’Istituto nazionale di statistica che stranamente sul tema non viene nemmeno consultato. E confermerà  l’immagine di un Paese dove si possono violare le norme a piacimento determinando un effetto di attrazione per i flussi di ingresso irregolari. Tutto questo in coincidenza di un più che probabile aumento della disoccupazione che colpirà in modo esponenziale proprio i settori, come le costruzioni, la manifattura, il commercio, il turismo, la ristorazione e il lavoro domestico, dove si concentra la quasi totalità  degli occupati immigrati. La condizione ideale per favorire la crescita del lavoro sommerso, non per contrastarlo.

Nei prossimi mesi le prospettive degli immigrati regolarmente presenti in Italia saranno drammatiche. Ma tutto ciò, a quanto pare, non è tra le preoccupazioni di chi ci sta governando, paladini degli immigrati compresi.

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