Il ministero dell’Interno ha aggiornato i dati relativi alle domande di regolarizzazione degli immigrati pervenute agli sportelli alla data del 30 giugno: 80.366 domande, 69.721 delle quali già perfezionate. Con una media giornaliera di 2.650 domande che, se confermata, potrebbe avvicinare l’obiettivo delle 200.000 domande inizialmente ipotizzato dall’Esecutivo. Anche tenendo conto della proroga, nel frattempo intervenuta, per la scadenza della presentazione delle domande sino al 15 agosto.



L’88% delle domande già perfezionate, pari a 61.411, riguarda la regolarizzazione dei rapporti di lavoro domestico. Per i vari comparti dell’agricoltura, l’altro settore abilitato alle regolarizzazioni, sono state perfezionate 8.310 domande. La distribuzione delle domande per Paesi di provenienza del lavoratore vede ai primi posti il Marocco, l’Ucraina e il Bangladesh per il lavoro domestico. L’Albania, il Marocco e l’India per quello agricolo.



Circa il 25% delle assunzioni sono state effettuate da datori di lavoro stranieri, in grande prevalenza famiglie straniere per la parte delle assunzioni di collaboratori domestici, con tutta probabilità finalizzate alla regolarizzazione di lavoratori della stessa comunità di origine.

Le tendenze in corso presentano un’analogia impressionante con gli esiti della sanatoria del 2012. Sia per l’incidenza delle regolarizzazioni nel settore domestico sul totale di quelle presentate che per la quota rilevantissima di assunzioni di persone provenienti da paesi come il Marocco, il Bangladesh, la Cina, il Pakistan, l’India, l’Albania. Nazioni che in via ordinaria non offrono un particolare contributo all’occupazione di questo particolare settore. All’opposto meno di un quinto delle domande presentate riguarda persone provenienti dai paesi dell’Est Europa o da comunità nazionali che hanno una significativa presenza nelle iscrizioni presso il fondo Inps dei lavoratori domestici. Il rapporto di monitoraggio non fornisce, cosa assai singolare, la distinzione delle domande per caratteristiche di genere. Ma è ragionevole ritenere, data la scarsa incidenza dell’occupazione femminile di buona parte delle comunità di origine prima citate, che le domande riguardino in prevalenza i lavoratori maschi, analogamente a quanto avvenuto con le sanatorie del 2009 e del 2012.



L’attenzione degli osservatori, nei giorni precedenti, si è prevalentemente concentrata sull’andamento quantitativo delle domande. In relazione al lento procedere delle domande rispetto alle aspettative, non hanno esitato a definire la sanatoria come un flop. Personalmente ritengo che la valutazione dell’efficacia del provvedimento debba essere fatta in relazione al raggiungimento dei tre obiettivi indicati dal Governo in carica: la volontà di reperire una manodopera aggiuntiva per le raccolte stagionali, per compensare la carenza dei lavoratori comunitari impossibilitati a entrare in Italia per via delle misure adottate per contrastare la pandemia; per sottrarre gli immigrati irregolarmente presenti alle forme di intermediazione illegale; per consentire alle autorità di adottare le misure di prevenzione dei contagi per le persone coinvolte.

Questo ultimo aspetto, non merita alcun commento. Il provvedimento in questione rinvia il problema a non meglio precisati interventi regionali che non hanno una specifica relazione con la tempistica della sanatoria. I numeri della regolarizzazione dei rapporti di lavoro in agricoltura e i tempi di gestazione delle domande, nonostante la palese intenzione di rilasciare i permessi di soggiorno rinviando gli improbabili controlli a una fase successiva, rivelano una distanza siderale rispetto alla celebrata necessità di reperire almeno 250.000 braccianti per rispondere ai fabbisogni dichiarati di lavoratori stagionali. Tale esito, alla luce dei risultati delle precedenti sanatorie, era già stato prefigurato dagli imprenditori agricoli. Che opportunamente avevano sollecitato misure alternative, tra le quali l’introduzione dei voucher, e con l’utilizzo dei percettori di sussidi al reddito, che nel frattempo il Governo stesso ha provveduto per decreto a esentare da qualsiasi obbligo di accettare offerte di lavoro di ogni genere.

La sanatoria, come sempre avvenuto nel passato, e come più volte evidenziato in tempi non sospetti, viene utilizzata per la finalità di regolarizzare le condizioni di soggiorno. E per lo scopo il rapporto di lavoro domestico rappresenta la formula ideale a costi contenuti. Anche per l’assenza di qualsiasi possibilità di controllo della congruità del rapporto di lavoro e della giusta causa per i licenziamenti. Molto significativo il fatto che per facilitare le regolarizzazioni, il dispositivo legislativo consenta l’assunzione degli immigrati irregolari entrati in Italia per motivi temporanei, a partire dalle visite ai parenti e per i soggiorni turistici, che contribuiscono alla formazione dei bacini di presenze irregolari assai più degli ingressi via mare. Norme che, alla luce di quanto già sperimentato nel corso della sanatoria del 2012 per allargare i numeri delle regolarizzazioni, il ministero dell’Interno interpreta in via estensiva autorizzando l’utilizzo di biglietti di viaggio, schede telefoniche, dichiarazioni rilasciate dai consolati dei Paesi di origine, e da associazioni di accoglienza, come prova della presenza nel nostro Paese. L’intenzione evidente è quella di allargare l’impatto della regolarizzazione ben oltre l’obiettivo dell’emersione dei rapporti di lavoro in essere, per offrire una risposta amministrativa all’impossibilità di procedere politicamente alla revisione dei decreti sicurezza.

Tutto ciò rende comprensibilissime le critiche che provengono da una parte della sinistra politica, e delle organizzazioni della accoglienza degli immigrati all’impianto della sanatoria. Se lo scopo è quello di offrire un canale per la regolarizzazione del soggiorno per gli immigrati irregolarmente presenti perché non consentire la possibilità agli interessati di inoltrare la domanda di regolarizzazione e di essere assunti in tutti i settori?

Questo approccio avrebbe quanto meno il pregio di spostare l’attenzione sul tema centrale rispondendo a un interrogativo che viene colpevolmente ignorato: in una situazione di grave crisi economica e occupazionale è opportuno aumentare il numero delle persone in cerca di lavoro?

Le due precedenti sanatorie del 2009 e del 2012, nel corso della precedente crisi economica, contribuirono a far aumentare il tasso di disoccupazione degli immigrati dal 7% al 17%. Le analogie con quanto accaduto in quegli anni, a quanto pare, sono destinate ad aumentare.