Isolato e poco amato, così Pedro Sanchez viene descritto dal Times. La narrazione riguardante l’ex premier socialista spagnolo è ben diversa da quella italiana. Nel Regno Unito, invece, viene ricordata la vicenda dei debiti, poco nota in Italia. Riguarda un passivo contratto dalla Spagna con alcune aziende giapponesi dopo che si è ritirata retroattivamente da un programma introdotto nel 2007 dal governo Zapatero, che voleva dare impulso all’uso dell’energia rinnovabile tramite un sistema di premi.



In realtà, quella manovra ha danneggiato diverse aziende del settore e non, tra cui Eurus Energia, filiale energetica della Toyota, la Jgc Holdings Corporation, la Itochu e la Mitsui, mega gruppi che sono ricorsi al Centro internazionale per il regolamento delle controversie relative ad investimenti (Icsid), cioè al tribunale arbitrale della Banca Mondiale, che alla fine ha dato loro ragione, imponendo allo Stato spagnolo risarcimenti per circa 2 miliardi di euro. Una vicenda di cui Pedro Sanchez non è responsabile, ma all’ultima lettera di sollecito il suo governo ha risposto che l’icdid non ha alcuna autorità per costringere la Spagna a rispettare tali obblighi, pur rammaricandosi del danno di immagine che la richiesta potrebbe procurare al Regno.



I GRANDI BLUFF DI PEDRO SANCHEZ

Il governo di sinistra di Pedro Sanchez ha rifilato, quindi, il due di picche all’istituzione internazionale a cui la Spagna ha aderito trent’anni fa. A sinistra lo giustificano spiegando che questi “colpi ad effetto” rientrano nelle sue abilità di stratega di razza, quindi lo descrivono come un premier egocentrico che però riesce ad uscire in maniera inaspettata da situazioni complicate. Lo dimostrerebbe la resurrezione dalle ceneri alle primarie del Psoe nel 2017, dopo che aveva lasciato la guida del partito per la sconfitta alle elezioni amministrative. Ma viene citato anche come esempio la mozione di sfiducia al governo Rajoy, la sentenza sul caso Gurtel, che gli ha consentito di entrare alla Moncloa dalla porta principale, oltre alle dimissioni dopo il tonfo alle regionali, con cui ha lasciato nelle mani degli elettori il suo futuro e quello del suo partito. In realtà, possono essere definiti grandi bluff.



Altre sono state invece mosse divisive. Come la grazia ai leader catalani condannati per la dichiarazione d’indipendenza del 2017, pur di avere il loro appoggio. Ma c’è pure la Legge della memoria democratica, che promuove il riconoscimento e perseguimento dei crimini del franchismo, senza dimenticare la “ley trans“, che permette di cambiare sesso tramite una dichiarazione amministrativa a partire dai 16 anni. Non è un caso se il quotidiano britannico Times ha definito Pedro Sanchezspericolato e autocratico“, un leader che “opera all’interno di una piccola cerchia di potere, i cui membri si fidano di pochi, e mantiene un comportamento che gli ha fatto guadagnare poco affetto popolare“.