Dobbiamo tornare indietro fino agli anni ottanta per trovare Sandro Pertini fra gli intervistati di Enzo Biagi. L’allora Presidente della Repubblica era ancora amatissimo, nonostante le polemiche che ruotavano attorno alla sua persona. “Nei verbali dei poliziotti l’avvocato Pertini Alessandro, fu Alberto, residente a Savona. E’ stato condannato sei volte, quindici anni tra carcere e confino. Una mattina, passando per caso davanti a un vetro, scopre di avere i capelli grigi“, inizia l’intervista, “una sera rabbrividisce per la febbre: è un attacco di tubercolosi. Lo informano che sua madre, disperata, ha chiesto la grazia al duce“. Una vita dura, fatta di sbarre e una svolta grazie alla fuga in Francia. “Se per un prodigio dovessi ricominciare”, ha detto Pertini, “riprenderei la strada scelta quando ero poco più di un ragazzo e sapendo anche qual è il conto da pagare. Uno studente mi ha domandato ‘Lei è deluso?’ No. Anche all’ergastolo, a Santo Stefano pensavo con orgoglio ‘Qui c’è stato Settembrini’. Quando ero operaio e la paga era insufficiente o non trovavo lavoro, mi consolavo ‘Adesso sai come vivono tanti tuoi compagni’. Non mi sono mai pentito“. Pertini non ritiene invece che quella frase ‘Viva il socialismo’, urlata dopo la sentenza, fosse un gesto romantico, come invece hanno scritto i giornali. “Se vuoi demolire un politico non dire che è ladro o disonesto”, ha sottolineato, “dì che è un sentimentale. Nei giornali apparivano ancora brevi resoconti dei tribunali speciali. Ed erano sempre comunisti o anarchici, quelli che riaffermavano le loro convinzioni”. In quel momento Pertini pensava di dover fare solo il suo dovere e per questo ha deciso di urlare, per poi sorridere mentre passava davanti al presidente Trigalli
Casanova.



Sandro Pertini, gli errori ammessi per il suo carattere passionale

Sandro Pertini ha sempre ammesso di aver commesso degli errori. Colpa del suo carattere passionale e qualche errore di valutazione. “Mi rammarico, ad esempio, di avere durante i congressi, attaccato con violenza qualcuno che non la pensava come me“, ha detto ad Enzo Biagi, “potevo essere più sereno”. Oggi, domenica 14 giugno 2020, Rai3 per Enzo Biagi trasmetterà la storica intervista all’allora Presidente della Repubblica. Un uomo politico sui generis, in grado di inquadrare gli eventi secondo un’ottica ben precisa. E poi la grande ammirazione per Antonio Gramsci, conosciuto negli anni Trenta, all’interno della prigione di Turi di Bari. “Lui subito si avvicinò a me”, ha detto al giornalista, “intanto, i nostri due partiti, all’estero, si sbranavano. Aveva ricevuto dalla cognata, che era impiegata all’ambasciata russa, un pacco. Chiese al direttore, il giorno di Pasqua, di permettermi di passare la festa con lui”. Gramsci ha cercato così di convincere Pertini a passare al Partito Comunista, ma non ci è riuscito. “Non ci può essere giustizia sociale se non c’è libertà“, ha sottolineato, “non esiste riforma capace di costituire materia di scambio. Gramsci si sentiva avvilito, era stato isolato dai suoi: ‘Non comprendono la mia posizione’, diceva. Stava male, perdeva sangue. […] Andai a protestare: ‘O questa storia finisce o faccio un esposto al Ministero’. Figuriamoci”. Tornando indietro nel tempo, Pertini ha ricordato anche quale reazione ha avuto nello scoprire che la madre aveva chiesto la grazia per lui. “Scrissi a mamma una lettera crudele”, ha ammesso, “‘Ti considero morta’. Per due o tre mesi non volli incontrarla. Ero molto malato, ma mi avevano assicurato che non si sarebbe lasciata andare a nessuna debolezza. Avrei contraddetto me stesso con un atto di sottomissione. Mussolini non era un cretino e sapeva che poi il beneficiato sarebbe stato distrutto dai suoi”.

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