Figura storica della musica italiana, in modo particolare quella indipendente, Giordano Sangiorgi è l’ideatore e organizzatore del MEI di Faenza, il Meeting delle etichette indipendenti, da decenni il cuore della scena musicale giovanile emergente. Insieme a Otello Cenci responsabile del settore spettacoli del Meeting di Rimini, ha ideato per quest’anno il Meeting Music Contest, un concorso aperto a giovani band e solisti a cui è stato chiesto di comporre un brano che avesse come a tema il titolo della kermesse di quest’ano, “Il coraggio di dire io”. È stato subito successo, con 137 partecipanti, poi scremati in 20 semifinalisti che si esibiscono nelle prime quattro serate dell’appuntamento riminese. I finalisti, uno per ogni serata salvo ex aequo, si esibiranno il 25 agosto, alle 21.30 per la Finalissima in Piazza Tre Martiri a Rimini davanti a una giuria d’onore composta da Lorenzo Baglioni, N.A.I.P, Erica Mou, che si esibiranno anche dal vivo, Federico Mecozzi, Max Monti e da altri rappresentanti del settore discografico e musicale, insieme a Giordano Sangiorgi e Otello Cenci. Il vincitore assoluto si esibirà poi il sabato 2 ottobre al MEI di Faenza nelle Piazze Centrali. Ne abbiamo parlato con Sangiorgi.



Come nascono l’idea di collaborare con il Meeting di Rimini e quella di questo contest?

Il Meeting ci ha chiesto quale idea potevamo sviluppare per questa edizione e noi in un momento di stop per i giovani dovuto alla pandemia abbiamo proposto di fare un contest che però fosse non di tipo tradizionale dove ognuno manda qualcosa ma un contesto legato al tema del Meeting, Il coraggio di dire io. L’idea è stata di fare da stimolo a far emergere attraverso le proposte musicali come i giovani vivono la condizione di oggi. Il coraggio di dire io, il raccontare la propria esperienza di questo ultimo periodo, questo per valorizzare l’elemento di situazione che vivono oggi i giovani.



Avete raggiunto un numero davvero notevole di partecipanti, cosa è emerso dal punto di vista umano e musicale?

La risposta è stata importante, circa 150 i partecipanti con un tema specifico è un risultato notevole calcolando che spesso questo è il numero di partecipanti a un contest generico. La seconda cosa è che abbiamo trovato proposte di giovani estranee al mainstream commerciale che i media fanno credere sia quello più utilizzato dai giovani.

Invece?

Ci viene sempre presentata dai grandi media una realtà molto piatta fatta di un paio di generi musicali molto semplici e banali anche musicalmente. La realtà non è così. C’è una ricchezza di linguaggi e generi musicali molto più ampia. In questo contest sono emerse canzoni d’autore, cantautrici, rock band, una ricchezza creativa che esce dai circuiti usa e getta della canzone e che ci fa capire che i giovani non sono quelli che si rappresentano, o meglio non sono solo quello.



Il modello dei contest da alcuni è molto criticato, specie quello televisivo. La musica non dovrebbe essere sottoposta a un concorso, che ne dici?

C’è contest e contest. Secondo il mio parere i contest televisivi legati ai talent sono totalmente inutili. Ci sono dati statistici che dicono che  in vent’anni di talent si sono ascoltati migliaia di giovani, centinaia di talenti ma alla fine i nomi usciti sono dieci o  dodici in tutto. L’interesse è unicamente legato al successo televisivo e non a una carriera che venga dopo che a questi talent interessa poco. Nel nostro contest invece ci si esibisce su un palco, si incontra fisicamente un pubblico, una giuria che ti dà dei pareri che non dicono che l’importante è vincere, credo siano un elemento importante per la crescita di una band emergente.

Il fenomeno del momento sono i Maneskin, usciti da un talent anche loro. Tu hai speso parole positive per loro, stanno influenzando le nuove leve della musica italiana?

I Maneskin li abbiamo tenuti a battesimo al Mei quando vinsero un contest studentesco romano. Siamo particolarmente affezionati a loro e loro lo sono a noi, hanno sempre ricordato la partenza del loro viaggio qui a Faenza. Mi sembra abbiano una influenza più che positiva sullo svecchiamento dell’idea della musica italiana nel mondo. Hanno influenzato il fare musica in condivisione cioè mettere su una band, cosa che si stava perdendo. Ci arrivano sempre di più le band, giovani che acquistano vinili, chitarre elettriche, bassi, amplificatori, cose che negli ultimi 5 anni si erano perse. L’elemento centrale era diventato il singolo artista che in casa con il computer, le basi elettroniche e l’auto tuner si faceva da solo il disco. Una visione molto individualista.

Recentemente hai scritto una lettera aperta sulla crisi in cui versa il settore della musica indipendente, che cosa prevedi per questo settore?

La situazione è totalmente nera, rischiamo di perdere un comparto perché non ha più risorse, il comparto dello scouting e della nuova musica italiana. Un comparto fatto da centinaia e centinaia di piccole etichette dove c’è un piccolo produttore, un artista, chi fa il manager, chi fa il social media manager, chi fa la grafica, chi fa l’ufficio stampa. Questo questi gruppi di lavoro non avendo la possibilità di fare il live perché i costi sono insostenibili ed essendo il live l’unica forma di sostegno perché lo streaming paga miserie da capolarato a causa delle multinazionali che ormai hanno in mano tutto, rischiano di scomparire.  Questi artisti non passano nelle grandi radio o tv e quindi non incassano diritti d’autore come invece accade ai grandi nomi. Il live permetteva ai medio piccoli di avere tre tipi di introiti: il cachet della serata, il merchandising e il diritto d’autore.

Adesso?

Gli interventi da parte del governo sono totalmente insufficienti e quindi se non si interviene con un flusso di fondi che vada al contrario per tutte le piccole realtà sarà la fine di tutto. La maggior parte del mercato è in mano  alle major del live e del disco e alle piattaforme digitali che non a caso nell’ultimo anno hanno fatto registrare il raddoppio  degli introiti, che però non reinvestono nel settore, se lo tengono. Stanno conquistando tutte le quote di mercato. Bisogna sostenere con nuovi bandi, indennizzi, ristori, inserirli nel Pnrr dove è assente la parola musica.

(Paolo Vites)

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