Mettere più soldi in sanità è il mantra che caratterizza tutti quelli che di sanità si occupano, ma quello di mettere più soldi è ovviamente il mantra di tutti quelli che si occupano di qualsiasi argomento (scuola, difesa, trasporti, …). Il problema è che le risorse sono limitate e quelle che sarebbero desiderate da ciascuno non ci sono, e non solo non ci sono ma chi le richiede di fatto non sa dire dove si dovrebbe andare a prenderle.
E allora che fare? Il governo fa le sue scelte e l’opposizione fa le sue critiche, e quando il meccanismo si inverte (l’opposizione diventa governo) il cinema si ripete a parti invertite: il nuovo governo fa le sue nuove (o vecchie) scelte e l’opposizione fa le sue nuove (o vecchie) critiche.
Ma davvero questo balletto non ha alternative? Non mi riferisco al ruolo di maggioranza ed opposizione (gli uni diranno sempre che hanno messo il massimo delle risorse possibili e gli altri che ne sono state messe troppo poche), bensì al fatto che ci sia un impegno serio da parte di tutti per mettere a disposizione della sanità (e altri diranno di altri settori) il massimo delle risorse possibili.
Il primo punto (ed è un punto critico) riguarda il fatto che in tema di risorse da assegnare alla sanità la logica che viene seguita da chi discute è quasi esclusivamente quella di pensare ad un aumento delle risorse. Secondo questo approccio le proposte in gioco sono molto semplici dal punto di vista concettuale ma molto difficili da realizzare: a) diventare più ricchi (più PIL vuol dire anche più risorse a disposizione dello Stato); b) aumentare le tasse; c) recuperare risorse riducendo (eliminando) l’evasione fiscale; d) spostare risorse da un settore della pubblica amministrazione ad un altro; e) ridurre l’enorme debito pubblico che grava sul Paese recuperando per la sanità gli (o almeno una parte degli) interessi che ci troveremmo a non dover più pagare. Non so se ci sono altre idee in proposito, ma queste mi sembrano già una bella quantità.
L’esperienza dimostra la scarsa praticabilità delle proposte a), c) ed e), e la non volontà di nessuna forza politica (tanto più quando è al governo) di adottare la proposta b): rimane solo la proposta d) a cui aggrapparsi, ammesso che tale percorso abbia la disponibilità sufficiente di risorse da muovere (e di questo non sono del tutto convinto, a meno che si parli dello spostamento di cifre contenute – qualche miliardo di euro – o ci si trovi di fronte ad una grossolana stupidaggine come quella che ha destinato rilevanti quote di risorse per la ristrutturazione degli edifici). Ed è proprio lì che il governo esercita le proprie scelte e l’opposizione propone le sue critiche.
Morale. L’esperienza di questi anni rende evidente la difficoltà di perseguire il percorso che va nella direzione di un aumento importante delle risorse, anche se è un percorso al quale comunque non si deve rinunciare e la mia opinione è che in proposito non si sia fatto a sufficienza e che si possa fare molto di più.
Sul tema risorse per la sanità si è recentemente espressa la Corte Costituzionale con una sentenza fortemente innovatrice ed indicativa di un atteggiamento che la politica (il governo in particolare) dovrebbe assumere: il percorso che la Consulta suggerisce è che prima di sacrificare la spesa per la sanità bisogna ridurre le altre spese indistinte (“In un contesto di risorse scarse … devono essere prioritariamente ridotte le altre spese indistinte, rispetto a quella che si connota come funzionale a garantire il ‘fondamentale’ diritto alla salute di cui all’art. 32 Cost.”), almeno “fintanto che esistono risorse che il decisore politico ha la disponibilità di utilizzare per altri impieghi che non rivestono la medesima priorità”. La Consulta non fa esempi specifici, ma è facilmente intuibile il riferimento ai tanti miliardi messi da precedenti governi in tema di ristrutturazioni edilizie.
Sempre per quanto riguarda le risorse, un recente intervento del prof. Giuseppe Remuzzi sul Corriere della Sera (3 gennaio 2025) suggerisce di percorrere una ulteriore strada che non va nella direzione di un aumento delle risorse bensì indirizza verso un utilizzo migliore di quelle già disponibili: la proposta è quella di lavorare per ridurre gli sprechi e le inefficienze che caratterizzano il Servizio sanitario nazionale (SSN). Scrive Remuzzi: “Quaranta miliardi di euro solo per portarci al livello di Francia e Germania … Quei soldi ci sono e li spendiamo già: fra farmaci, interventi inutili e servizi ridondanti sprechiamo ogni anno proprio 40 miliardi di euro, quanto servirebbe per rimettere in ordine il servizio sanitario nazionale”.
Non so da dove Remuzzi abbia preso l’informazione sulla dimensione degli sprechi (40 mld) o che calcoli abbia fatto per arrivare a stimarli: vero è che sprechi ed inefficienze sono un problema serio per il nostro SSN, come si evince anche dal contributo che Claudio Maffei ha pubblicato, a sostegno della tesi di Remuzzi, su Quotidiano Sanità, contributo nel quale propone molti esempi pratici (nell’area ospedaliera, in quella dell’emergenza territoriale, della assistenza territoriale, della prevenzione e sanità pubblica, nei processi amministrativi, nei processi assistenziali e nei comportamenti clinici) per dare conto di come gli sprechi e le inefficienze agiscono per consumare risorse che invece potrebbero proficuamente essere usate in maniera appropriata ed ottimale.
L’elenco, pur essendo ampio, è solo esemplificativo e non ha la pretesa di essere completo (non si parla, ad esempio, né di farmaceutica, né di quel grande capitolo che è la medicina difensiva, oppure di malasanità) ed anche Maffei non fornisce elementi per una quantificazione economica della loro incidenza, ma il lungo elenco di esempi forniti è il segnale che non si tratta di un problema di poco conto (GIMBE e Corte dei Conti, ad esempio, parlano di sprechi per 25-30 miliardi di euro).
Insomma, se non ci si limita a pensare solo che ci sia bisogno di aumentare le risorse per la sanità (percorso comunque sacrosanto), emergono depositi di risorse sprecate o male utilizzate che potrebbero invece essere convenientemente indirizzate verso usi adeguati ed appropriati: e visto le stime quantitative che girano, non si tratterebbe proprio di bazzecole.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.