Molto stressati, esausti, amareggiati e anche un po’ arrabbiati. Li abbiamo visti così, in piazza un po’ in tutte le città italiane, medici e infermieri sotto le bandiere delle varie sigle sindacali, preoccupati per il Sistema sanitario nazionale.Vanno dal pubblico al privato  persone  che  prevalentemente  non ce la fa a sopportare i turni appesantiti dalla pandemia, medici e personale dei pronto soccorso aggrediti e anche i medici di base si trovano davanti pazienti imbufaliti. E quale sarà il futuro dei nostri ospedali?



Il maxi-reclutamento del Covid e l’assunzione di persone non intenzionate a restare in un’azienda si è tradotto nel 2022 in un turnover maggiore rispetto agli altri anni, tenendo conto che allo stesso tempo si sono concretizzate mobilità, anche interregionali. In questa fase pare un po’ aumentata la capacità di arruolamento delle regioni del centro-sud, nelle quali da tanto tempo non si assumeva e non si facevano concorsi. Si è cominciato a farlo e giustamente chi voleva ha utilizzato gli strumenti di mobilità (finalmente) a sua disposizione. Sicuramente una parte del fenomeno è attribuibile a uscite per mobilità volontaria dall’aziende per  rientrare presso i territori di provenienza, ma anche la norma che obbliga a uscire dal sistema per pensionamento è stata derogata troppo tardi.



Il tema dello stipendio è un problema oggettivo, ma sappiamo anche che per i primi anni (5 anni prima di ottenere incarichi protezionali) è regolato dai contratti collettivi nazionali, gli stessi per cui abbiamo visto scendere in piazza. Bisognerebbe dare più possibilità alla personalizzazione delle carriere dei medici,  fare in modo che i professionisti non si sentano soli, anche se hanno carichi di lavoro aumentati. Spingere su un tema di cultura delle professioni e di lavoro multi-professionale, di equipe. Se so lavora in equipe con confronto costante fra colleghi, si riduce anche lo stress. Ed è un tema che in definitiva riguarda tutta l’organizzazione di lavoro, non solo nel sanitario.



L’altro aspetto riguarda la semplificazione di alcuni ponti di risposta sanitari: immaginando alcuni ospedali come non generalisti, ma differenziandoli creando delle sinergie ed economie, recuperare anche il senso di prestigio del fare l’operatore sanitario, però investendo in maggiori risorse: non ci sono scatti di fascia, la turnistica è molto pesante e spesso imponderabile e non programmabile, uno stipendio netto di circa 1.600-1.700 euro al mese, straordinari che spesso diventano contenziosi .E anche il problema dei costi dei servizi sanitari sta aumentando e non se ne parla mai.

Per il 2023, il finanziamento per il Ssn previsto dalla  Legge di bilancio  è aumentato di 4 miliardi rispetto al 2022, raggiungendo i 128 miliardi. L’aumento non è sufficiente a tenere il passo con l’inflazione, cosicché, stando alle previsioni ufficiali, nel 2023 la spesa in termini reali tornerebbe poco sotto il livello del 2019. Oltre al finanziamento del Fondo sanitario nazionale nei prossimi anni vi saranno le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che tra il 2022 e il 2026 destina 15,6 miliardi (8,2% del totale) alla Missione Salute (M6). Occorre, tuttavia, fare chiarezza sulle riforme e sugli investimenti. A legislazione vigente per il 2023, il livello di finanziamento del fabbisogno sanitario standard ammontava a 126 miliardi, ossia 2 miliardi in più rispetto al 2022. Di queste ulteriori risorse, la maggior parte (1,4 miliardi) andrà a coprire i maggiori costi delle fonti energetiche mentre 200 milioni saranno destinati all’aumento degli stipendi degli operatori del Pronto soccorso. Pur contando su un aumento consistente di fondi, rispetto all’esperienza degli anni pre-Covid quando il finanziamento è aumentato di 1 miliardo all’anno, è solo il 3% in più nonostante l’inflazione si arrivata anche ad aumenti in doppia cifra.

L’approccio che sembra essere stato adottato dal nuovo Governo è quello di dare precedenza ad altre misure (gli aiuti a famiglie e imprese per i rincari energetici) destinando al Ssn solo le risorse che ci possiamo permettere. E allora quando realizzeremo le Case della salute di cui parla il Ministro Schillaci?

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