Se la cantante Betty Curtis, nel lontano 1961 (e già questo la dice lunga sull’era geologica in cui ha vissuto chi scrive), avesse potuto leggere il provvedimento che i ministri della Salute, dell’Economia e dell’Innovazione tecnologica hanno da poco inviato alla Conferenza Stato-Regioni per il consueto parere, anziché la canzone Soldi, soldi, soldi avrebbe probabilmente cantato così: “Dati, dati, dati, quanti dati, lodati siano i dati, i beneamati dati, perché chi ha tanti dati vive come un pascià e a piedi caldi se ne sta (viva i dati)”, con la semplice sostituzione della parola “soldi” con la parola “dati”.
Il provvedimento proposto, dopo sette pagine di “visto, tenuto conto, considerato, ritenuto, acquisito, eseguito”, sviluppa in poco meno di 70 pagine il contenuto di quello che il titolo del decreto chiama Ecosistema Dati Sanitari (EDS): di cosa si tratta? L’EDS è un progetto (che definire ambizioso è il minimo) che si propone di centralizzare, di proteggere e di ottimizzare su scala nazionale la gestione dei dati sanitari affinché raccogliendo, archiviando, e rendendo disponibili in modo sicuro le informazioni sanitarie personali si possa raggiungere l’obiettivo di migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria.
Attraverso l’utilizzo di metodi e strumenti adeguati il cittadino (e con lui i professionisti autorizzati) avrà la possibilità di consultare il proprio Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), sperabilmente aggiornato (in tempo reale) con tutte le informazioni sanitarie che lo riguardano (vaccinazioni, prescrizioni, referti medici, consumi farmaceutici, visite mediche ed esami, ricoveri, esenzioni, …), così da avere una panoramica dettagliata e aggiornata del percorso di cura che sta seguendo.
È noto che i dati sanitari, per via della delicatezza delle informazioni che li caratterizzano, sono sottoposti a stringenti requisiti di privacy (D.lgs. 30 giugno 2023, n. 196, recante “Codice in materia di protezione dei dati personali”, e successive modificazioni e integrazioni) ed è naturale quindi che l’EDS abbia come punto di forza una attenzione ai diritti dei cittadini, attenzione esercitata in primis attraverso un sistema di notifiche e registrazioni che permetteranno al cittadino da una parte di monitorare in ogni istante chi accede ai suoi dati e dall’altra di introdurre eventuali limiti all’accesso, così che si abbia un pieno controllo sulla propria privacy. Nel rispetto anche delle normative europee, sicurezza e trasparenza dovranno essere il primo requisito dell’intero sistema in tutte le molteplici fasi che caratterizzano il trattamento delle informazioni sanitarie.
L’EDS viene alimentato dalle regioni e province autonome, che sono i titolari dei trattamenti di estrazione dei dati, con AGENAS che è responsabile dei trattamenti che assicurano la trasmissione dei dati verso EDS. Il cittadino deve essere informato sui trattamenti dei dati che avvengono attraverso EDS, e a questo scopo il titolare deve formare adeguatamente il proprio personale coinvolto.
All’EDS possono accedere i singoli assistiti, e per finalità di cura anche gli esercenti le professioni sanitarie che prendono in cura l’assistito (e naturalmente i MMG e PLS dell’assistito): sono esclusi dall’accesso i soggetti operanti in ambito sanitario che non perseguono finalità di cura (periti, compagnie di assicurazione, datori di lavoro, associazioni o organizzazioni scientifiche, organismi amministrativi, …).
Oltre alle finalità di cura sono previste altre finalità per le quali è possibile accedere ad EDS: ne sono esempio la finalità di prevenzione, la finalità di profilassi internazionale, la finalità di governo, la finalità di studio e ricerca scientifica. Per ognuna di queste differenti finalità il decreto precisa chi ha diritto all’accesso ai dati, quali sono le informazioni accessibili, quali le restrizioni in atto (esempio: dati individuali ovvero dati aggregati), così che sia garantito un uso dei dati coerente con le differenti finalità previste e in conformità con le esigenze di protezione dei dati individuali. Inoltre, nell’area pubblica degli strumenti informativi di EDS, saranno resi disponibili indicatori di monitoraggio e controllo accessibili a tutti.
Al fine di garantire il corretto impiego dell’EDS da parte degli utilizzatori e per rendere gli stessi edotti dei rischi che incombono sui dati nonché delle misure di sicurezza adottate, devono venire organizzate apposite sessioni di formazione.
Sono inoltre previste 21 unità di archiviazione per le regioni e province autonome, unità che potranno essere gestite in autonomia purché sia garantita l’interoperabilità con il sistema nazionale.
Affinché si possa arrivare ad una piena e completa realizzazione dell’EDS sarà necessario un robusto lavoro di coordinamento tra strutture centrali (ministero della Salute, AGENAS, …) e periferiche (regioni e strutture territoriali) non solo ai fini dell’adeguamento tecnologico, ma soprattutto per garantire l’uniformità su tutto il territorio nazionale dei servizi offerti. Il progetto, che per ora gode di un finanziamento di 200 milioni di euro tramite il PNRR, ha un termine fissato al 2026 per la piena operatività del sistema EDS.
Che dire? Che l’enorme quantità di dati prodotti dal SSN possano essere raccolti e messi a disposizione dei molti che li vorrebbero utilizzare per legittime finalità, nel rispetto dei vincoli sulla protezione dei dati personali, è senza dubbio una buona notizia. Finalmente emergeranno le vere questioni che hanno bloccato fino ad oggi lo sviluppo di iniziative come EDS, anche a livello delle singole regioni: la diversità delle tecnologie utilizzate, la poca capacità di comunicazione tra sistemi informativi anche all’interno delle singole regioni, l’incompletezza della raccolta delle informazioni, e altre difficoltà più tecniche, ma soprattutto la scarsa attitudine delle strutture di governo, di programmazione, di monitoraggio e controllo, nell’usare i dati già disponibili ai fini delle scelte che possono essere fatte. A giudicare dalla difficoltà e dalla ritrosia con cui gli enti locali (comuni, aziende sanitarie ospedaliere e territoriali, direzioni regionali, …) mettono a disposizione le informazioni raccolte, anche quando necessarie per adempiere ad oneri imposti dalle leggi vigenti, c’è giustamente da chiedersi se c’è un vero interesse a mettere a disposizione degli interessati e dei soggetti autorizzati i dati esistenti.
I dati sanitari non vengono generati al centro (ministeri, AGENAS, …) e nemmeno al centro delle regioni, ma nascono dalle molteplici attività che si svolgono in periferia (ospedali, ambulatori, studi medici, farmacie, …): il centro, e con esso il progetto EDS, può solo favorire il percorso di arrivo, creare le strade e le strutture di connessione, semplificare i processi di raccolta, elaborazione e successiva distribuzione delle informazioni, ma come qualsiasi prodotto, non nasce nel negozio dove lo si vende, e prima di essere venduto deve essere ottenuto. La piattaforma di AGENAS sui tempi di attesa è solo l’ultimo esempio delle difficoltà che ha la sanità a produrre informazioni utili e, soprattutto, ad utilizzarle: senza che cambi la propensione di tutti (ciascuno per la propria posizione e funzione) ad utilizzare i dati per fare le proprie scelte, proposte come EDS finiranno solo per essere opportunità economiche per i produttori di tecnologia senza che ciò porti ad alcun miglioramento nella qualità della assistenza sanitaria.
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