Per tenere sotto controllo con farmaci la pressione, ogni due mesi dovevo prendere mezza giornata di ferie per andare dal medico di medicina generale a ritirare personalmente le ricette che servivano per acquistare i farmaci che mi venivano prescritti. All’indomani, al ritorno in ufficio, immancabilmente mi presentavo dalla collega che si occupava di sistemi informativi sanitari e peroravo la mia causa: “Possibile che devo sempre prendere le ferie per ritirare le mie ricette? Non esiste qualche modalità alternativa digitale?”. Ma la risposta era sempre la stessa: “Ci stiamo lavorando”. Poi è arrivata la pensione ed ho smesso di scocciare la collega: non ho più dovuto prendere le ferie per ritirare le ricette, ma della soluzione elettronica promessa non si vedeva l’ombra.
È cominciato così, con qualche evidente difficoltà, il mio rapporto col Fascicolo sanitario elettronico (FSE), oggetto che ho sempre seguito da vicino (pur non interessandomene direttamente) per via del fatto che mi occupavo della raccolta dei flussi sanitari relativi alle prestazioni erogate (ricoveri e attività ambulatoriali, ma anche consumi farmaceutici), cioè proprio quel tipo di attività (tra altre ovviamente) che è utile che entrino a far parte del FSE. Rimettere adesso la testa sul FSE è un po’ come tornare bambini ma con l’esperienza di chi bambino più non è e con il FSE interagisce sistematicamente, non dico tutti i giorni ma quasi: vediamo allora a che punto siamo.
Premesso che il fascicolo sanitario elettronico (come scrivono i siti web del governo che ne parlano) “è lo strumento attraverso il quale ogni cittadino può tracciare e consultare la propria storia sanitaria, condividendola con i professionisti sanitari per garantire un servizio più efficace ed efficiente”, pare a me che questo accento quasi esclusivo sulla utilità del FSE per il singolo cittadino ne fornisca una immagine ridotta, impoverendo in realtà le capacità informative dello strumento. Se ne colgono infatti le maggiori prospettive leggendo il documento più recente deliberato dal ministro della Salute, di concerto con il sottosegretario all’Innovazione e con il ministro dell’Economia, e cioè il DM 7 settembre 2023 (“Fascicolo sanitario elettronico 2.0”), nel quale si rinvengono più finalità: oltre alla cura, finalità predominante ed indirizzata al singolo cittadino ed a chi (professionisti di diversa formazione e ruolo) se ne fa carico, all’accesso individuale alle proprie informazioni ed ai servizi online per il cittadino disponibili nelle diverse regioni, il decreto fa esplicito riferimento alle finalità di prevenzione, di profilassi internazionale e di accesso alle strutture in condizioni di emergenza, ma anche di ricerca e di governance (a livello locale, regionale, nazionale), finalità che potrebbero ulteriormente espandersi in un futuro prossimo, ad esempio, nella possibilità di pagamento online dei ticket sanitari, nella prenotazione di visite ed esami, nella scelta e revoca del MMG/PLS, e così via, con l’obiettivo della piena entrata in vigore del FSE in tutte le Regioni entro giugno 2026 (PNRR, missione 6 C2 I1.3.1 “Rafforzamento dell’infrastruttura tecnologica e degli strumenti per la raccolta, l’elaborazione, l’analisi dei dati e la simulazione (FSE)”).
Ovviamente il raggiungimento di finalità così diverse da una parte implica l’arricchimento del FSE con tanti e diversi tipi di documenti (oltre ai dati identificativi del soggetto: referti, verbali di pronto soccorso, lettere di dimissione ospedaliera, profilo sanitario sintetico, prescrizioni specialistiche e farmaceutiche, cartelle cliniche, vaccinazioni, esenzioni, …) come specificato all’art. 3 ed all’allegato A del citato DM, il che implica l’impegno speciale di tutti i soggetti che possono arricchire, possibilmente entro tempi contenuti, le informazioni che fanno parte del FSE; dall’altra che si creino livelli differenziati di accesso e non accesso ai dati corrispondenti alle molteplici finalità da raggiungere nonché livelli adeguati di sicurezza, trattandosi di informazioni evidentemente delicate e soggette alla normativa sulla privacy (oltre che all’oscuramento per i motivi specificamente previsti dal decreto). Da quest’ultimo punto di vista il recente intervento del Garante della privacy a sanzionare Regioni e Province autonome dice come è tribolato il trattamento in ottica privacy dei dati sanitari e come può diventare difficile e conflittuale il rapporto tra gli enti che gestiscono e usano il FSE e quelli che monitorano e controllano.
Per quanto riguarda i documenti oggi presenti nei FSE delle Regioni, i portali di riferimento indicano che documenti come le lettere di dimissione ospedaliera, le prescrizioni specialistiche e farmaceutiche, i referti (ambulatoriali, di laboratorio, di radiologia), i verbali di pronto soccorso, sarebbero già presenti al 100% nei FSE di tutte le Regioni; per altri documenti invece le percentuali scendono e diminuiscono le Regioni che li rendono disponibili (referti di anatomia patologica, profilo sanitario sintetico, certificati vaccinali, lettere di invito per screening) con valori minimi riferiti agli screening (19%, 4 Regioni) e alle cartelle cliniche (14%, tre Regioni).
Molto eterogeneo tra le Regioni per ora è l’utilizzo del FSE: nell’ultimo trimestre monitorato la percentuale di cittadini che hanno usato l’FSE rispetto al numero di FSE presenti è risultato del 18% a livello nazionale, con alcune Regioni che eccellono (Trentino 64%, Emilia-Romagna 40%, Friuli 34%) e molte che si distinguono invece in negativo (Calabria, Marche, Sicilia 1%; Abruzzo, Basilicata, Liguria, Molise 2%).
Una visione riduttiva del FSE è quella che indulge sopra gli aspetti più tecnologici della vicenda, ovviamente molto importanti e ricchi sia di problemi tecnici da superare che di opportunità per i produttori di strumenti (hardware, software, reti, applicazioni telefoniche, …), ma il vero balzo in avanti deve portare il FSE ad essere “uno strumento che consente di accorciare le distanze tra il cittadino e l’offerta di cura e al sistema sanitario di cambiare passo” (Fontana, Lombardia); uno strumento che permetta una lettura epidemiologica dei dati sanitari fornendo le basi per la costruzione di politiche sanitarie vicine ai bisogni dei cittadini; uno strumento che possa consentire a MMG, PLS, medici specialisti di avere a disposizione informazioni a supporto della diagnosi e della cura e per la valutazione preventiva della appropriatezza prescrittiva ed il monitoraggio della aderenza alle cure; uno strumento che aiuti la prevenzione primaria e secondaria; qualcosa che favorisca le attività di programmazione degli enti locali e regionali e che permetta a chi fa ricerca di poter usare proficuamente le informazioni presenti nel FSE. Se fino ad oggi l’attenzione del FSE è stata particolarmente indirizzata al tema della protezione dei dati sanitari ed al loro uso per la cura individuale, adesso si tratta di fare un passo verso la valorizzazione e la condivisione dei dati sanitari (naturalmente con gli opportuni e diversi livelli di sicurezza che occorre garantire).
Questa visione ampia del FSE si deve però appoggiare su un apparato tecnico che funzioni: ad oggi la lamentela più grossa, in particolare di MMG e PLS, e più frequente fa riferimento proprio alla struttura tecnologica, ai disservizi cui essa talvolta dà luogo non permettendo (ad esempio) ai medici di base l’utilizzo del servizio di ricetta elettronica o l’emissione di certificati di malattia, e questo sia per problemi (ad esempio: di rete) più locali (anche in Regioni dove tali disservizi non te li aspetteresti) che per malfunzionamenti a livello nazionale.
Gli obiettivi stringenti del PNRR e le risorse specifiche che il piano ha messo sul piatto (più di 15 miliardi per l’innovazione, la ricerca e la digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale) dovrebbero aiutare da una parte ad innalzare il livello di maturità dei sistemi informativi delle aziende produttrici dei dati, e dall’altra a superare le tante difficoltà che fino ad oggi hanno limitato l’utilizzo del Fascicolo sanitario elettronico, compresa la necessità della formazione degli operatori e, soprattutto, dei cittadini.
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