Quando c’è una cosa buona, e tale è sicuramente l’idea del Fascicolo sanitario elettronico (FSE), è quasi inevitabile che qualcuno o qualcosa intervenga a raffreddare gli entusiasmi, se non addirittura a spegnerli del tutto. In questo caso si tratta da una parte del Garante della privacy, e dall’altra della scadenza del 30 giugno 2024. Vediamo quali sono i nodi che si cerca di aggrovigliare anziché di districare.
La scadenza del 30 giugno. Come già spiegato dal Sussidiario, prima del maggio 2020 vigeva una normativa diversa dall’attuale, e tale normativa prevedeva che per l’acquisizione delle informazioni sanitarie nel FSE fosse necessario fornire il consenso da parte del cittadino interessato. Questa normativa oggi (cioè dopo il maggio 2020) è superata ed il FSE viene regolarmente alimentato senza bisogno di alcun consenso. Orbene, per via del cambio di normativa, per i soli dati sanitari antecedenti il maggio 2020 vi è la possibilità per il cittadino di opporre un rifiuto a che tali dati entrino a far parte del suo FSE, ma questo rifiuto deve essere esplicitamente esercitato, o rivolgendosi alla propria ASL o attraverso il servizio online fornito dal portale Sistema Tessera Sanitaria (“FSE-Opposizione al pregresso”), entro e non oltre il 30 giugno 2024.
Il Garante della privacy. L’Autorità Garante ha notificato a 18 Regioni ed alle Province di Trento e di Bolzano l’avvio di procedimenti correttivi e sanzionatori per violazioni riferite alla disciplina relativa al FSE introdotta dal ministero della Salute con decreto del 7 settembre 2023 (“Fascicolo sanitario elettronico 2.0”). Per il Garante della privacy le Regioni e Province indagate, non essendo in linea con il contenuto del decreto, avrebbero significativamente modificato il modello informativo predisposto dal ministero della Salute con il parere positivo del Garante, con la conseguenza che alcuni diritti (come l’oscuramento, la delega, il consenso specifico) e alcune misure (sulla sicurezza, sui livelli differenziati di accesso, sulla qualità dei dati) a tutela dei pazienti contenute nel decreto non sarebbero garantite in tutto il Paese in maniera uniforme oppure non sarebbero esigibili in tutte le Regioni.
Non entro nel merito specifico dei due impedimenti, che avranno sicuramente le loro ragioni, ma che di fatto concorrono a rendere vieppiù contorto il già molto lungo e complicato cammino che sta facendo ormai da diversi anni il fascicolo.
Per chi scrive il FSE è un interessante ed utile strumento da tanti punti di vista, come si avrà modo di spiegare in un prossimo contributo: non è certo la soluzione dei tanti problemi che ha il Servizio sanitario nazionale, ma di sicuro può favorire il migliore raggiungimento di tanti obiettivi che oggi faticano ad essere centrati. D’altra parte, visto che si sono palesati i no vax e i no green pass, è naturale aspettarsi che si facciano vivi i no FSE: il che è puntualmente avvenuto, anche se in misura ritenuta modesta (dalle prime stime sarebbero meno di 100mila, una cifra apparentemente numerosa ma che diventa microscopica se paragonata ai 60 milioni di italiani: meno del 2 per mille), per la motivazione che i soggetti potrebbero essere in qualche modo “schedati” ed i loro dati messi a disposizione delle case farmaceutiche. Da questo punto di vista il mio augurio è che il numero di cittadini che ha esercitato il diritto al diniego di cui si è parlato in precedenza rimanga molto modesto.
D’altra parte il tema della privacy è particolarmente rilevante per i dati sanitari, ed è giusto che da una parte gli enti tenuti al rispetto della normativa (le Regioni, ad esempio) si adoperino al meglio per aderire alle indicazioni contenute nelle norme; dall’altra chi ha il compito di vigilare e controllare lo faccia con l’intensità e la decisione necessarie.
È auspicabile, però, anche sulla scorta di alcuni problemi sull’utilizzo dei dati emersi nel primo anno della pandemia da Sars-CoV-2 e che hanno portato all’intervento addirittura della Cassazione, che si vada avanti nella stessa direzione e con il giusto passo, evitando che il cammino sia caratterizzato da continui “stop and go” non giustificati e spesso facilmente evitabili, il cui unico risultato è quello di complicare i problemi anziché risolverli.
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