Quando si parla di spesa o di finanziamento per la sanità il discorso cade sempre sul Fondo sanitario nazionale (FSN), cioè quella quota di risorse economiche per la sanità di cui si fa carico lo Stato prelevando le risorse dalle tasse che i cittadini pagano: quanto è, quanto dovrebbe essere, quanto spendono gli altri Paesi, e così via. Ne abbiamo avuto un ennesimo esempio specifico in questo periodo per via del dibattito che ha caratterizzato la preparazione dei documenti economici che le regole di governo di un Paese dell’Unione Europea impongono (e nel caso specifico il Piano Strutturale di Bilancio di Medio Termine 2025-2029 che il Governo ha approvato per essere inoltrato alla Commissione europea). Poche o tante che si ritengano le risorse messe in gioco, ed in particolare rispetto alle scelte fatte in precedenza, la sanità sembra essere un luogo privilegiato di scontro. E fin qui il dibattito è ovviamente di interesse ma riguarda più nello specifico la contrapposizione politica e l’intervento degli esperti che partecipano usualmente alla discussione.
Sappiamo però, anche per le esperienze che ciascuno vive, che il FSN (circa 134 miliardi di euro per il 2024) è solo una parte delle risorse che il Paese mette sul capitolo salute, perché una seconda e rilevante parte (stimata in oltre 40 miliardi, ma probabilmente più elevata) è messa direttamente dai cittadini attraverso varie forme di contribuzione: compartecipazione alla spesa di prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale (ticket, libera professione intramuraria, contributo alle attività residenziali, …), medicinali e prodotti per la salute (ticket, contributi aggiuntivi per farmaci brand, prodotti non compresi nei LEA, …), prestazioni sanitarie svolte al di fuori del SSN (ricoveri, prestazioni ambulatoriali, …), attività non presenti nei Livelli essenziali di assistenza (cure odontoiatriche non LEA, medicine alternative, …), pacchetti assicurativi di vario tipo, e via discorrendo. Questa quota, che grava ovviamente in maniera diretta sulle famiglie, pur essendo molto nota aneddoticamente ed attraverso le esperienze personali è mal contata (nel suo valore complessivo) ed è poco conosciuta nei suoi dettagli: le scarse informazioni che ne abbiamo derivano in genere da indagini condotte ad hoc su campioni limitati di popolazione.
Tra queste indagini campionarie spicca per la sua rilevanza l’indagine di ISTAT sulle spese delle famiglie per i consumi, di cui sono stati recentemente pubblicati i risultati più significativi relativi all’anno 2023 (Le spese per i consumi delle famiglie. Anno 2023. ISTAT, 10 ottobre 2024). L’indagine ha lo scopo di rilevare la struttura e il livello della spesa per consumi secondo le principali caratteristiche sociali, economiche e territoriali delle famiglie residenti, è di tipo campionario ed è continua ogni mese dell’anno, riguarda le famiglie residenti e gli individui che le compongono (la famiglia è intesa come famiglia di fatto, ossia l’insieme di persone coabitanti e legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o affettivi), e per l’anno 2023 è stata condotta su un campione di 28.180 famiglie (nel 2023 le famiglie italiane sono risultate in totale 25,7 milioni). Un capitolo importante di questa indagine riguarda le spese sostenute mensilmente dalle famiglie in tema di salute, e saranno l’oggetto di quanto segue.
Nel 2023 ogni famiglia italiana ha speso ogni mese, in media, per la salute 117,84 euro, per un totale annuale di 1.414 euro. Poiché la spesa totale media per consumi di ogni famiglia è risultata di 2.738,1 euro ogni mese, vuol dire che la spesa per la salute ha inciso per il 4,30% della spesa totale. Giusto per fare un confronto, a valori correnti nel 2019 (anno pre-pandemico) la spesa media mensile totale di ogni famiglia è risultata di 2.560,8 euro e quella per la salute di 110 euro, con una incidenza sulla spesa totale ancora del 4,30%. A valori correnti quindi la spesa mensile totale tra il 2019 ed il 2023 è aumentata del 6,92% e quella per la salute del 7,13%.
Sempre prendendo come base per il calcolo i dati del 2023, poiché la spesa media annuale di ogni famiglia per la salute è risultata di 1.414 euro e le famiglie secondo ISTAT sono in totale 25,7 milioni, si arriva per tutta la popolazione italiana ad una cifra di poco più di 36 miliardi di euro, valore che risulta leggermente inferiore ai 40 miliardi citati in precedenza e provenienti dalle stime effettuate dalla Corte dei Conti.
Rispetto alle altre indagini sui consumi delle famiglie condotte in precedenza da ISTAT, a partire dal 2022, oltre all’aggregato totale che riguarda la salute, l’Istituto di statistica rileva mensilmente alcuni dettagli che sono importanti. Dei 118 euro spesi mediamente ogni mese da una famiglia, il 51,17% (cioè 60,3 euro) riguarda medicinali e prodotti per la salute (medicinali 45,75 euro, dispositivi medici 5,03 euro, ausili 9,39 euro); il 44,76% è a carico di servizi sanitari ambulatoriali (prevenzione 17,58 euro, servizi dentistici 26,67 euro, altri servizi ambulatoriali 8,49 euro); il 2,16% (2,55 euro) è per servizi ospedalieri ed il rimanente 1,90% (2,24 euro) riguarda il resto. Questi valori sono sostanzialmente invariati rispetto all’anno precedente (2022), con un leggero aumento proporzionale della spesa per servizi sanitari ambulatoriali (passati dal 42,99% al 44,76%) ed una corrispondente diminuzione della quota dei medicinali e prodotti per la salute.
Il Rapporto di ISTAT fornisce due ulteriori informazioni sulla salute: da una parte ci avverte che il 79,1% della popolazione dichiara di non avere modificato i propri comportamenti di acquisto relativi alle spese per sanità (era il 78,4% nel 2022), dall’altra ci informa che nel 2023 sono al 4,7%, le famiglie che dichiarano di aver aumentato, rispetto all’anno precedente, la spesa per visite mediche e accertamenti periodici.
Dai dati appena esposti emerge che a valori correnti sia la spesa media totale delle famiglie che la spesa media per la salute sono in aumento: questo incremento corrisponde forse ad un aumento del tenore di vita? A questa domanda il Rapporto fornisce una risposta esplicita riportando i dati che tengono conto dell’inflazione (cioè la spesa a valori costanti). Da una parte si dice che nel 2023 l’inflazione è risultata elevata (+5,9% è stata la variazione dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo, IPCA) e quindi la spesa totale in termini reali è diminuita (-1,5%) rispetto al 2022, dall’altra allargando retrospettivamente l’orizzonte di osservazione fino al 2018 la spesa media complessiva è cresciuta in termini correnti del 10,8%, ma questo aumento è stato più che assorbito dalla dinamica inflazionistica generale, tanto che la spesa media a prezzi costanti è caduta del 6,1%, denotando quindi un impoverimento generalizzato delle famiglie.
Il dato segnalato nel Rapporto ISTAT riguarda solo la spesa complessiva, ma poiché (come si è riportato sopra) a valori correnti la spesa mensile totale e quella per la salute sono aumentate in maniera analoga, ne consegue che anche la spesa media mensile delle famiglie per la salute, se si tiene conto dell’inflazione, ha subito una caduta corrispondente.
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