Queste colonne hanno ospitato più volte contributi sui Livelli essenziali di assistenza (LEA), ma non deve stupire se torniamo a parlarne perché l’argomento è tanto rilevante e ricco di sfaccettature che non si corre il rischio di ripetere cose già scritte. In particolare, riconoscendo che uno dei problemi più importanti da affrontare è quello di cosa si deve intendere con il termine “essenziali” ma che qui non verrà trattato, il contributo che segue entra nel merito di ciò che è stato definito come LEA dai Dpcm che li hanno prima stabiliti (2001) e poi aggiornati (2017) e vuole mettere in evidenza come i LEA oggi in vigore contrastino di fatto con i principi che sono alla base del SSN: equità, uguaglianza, universalità.
Tra principi del SSN e LEA c’è di fatto uno stretto legame, nel senso che la definizione specifica dei LEA può favorire oppure ostacolare l’adesione ai principi di equità, uguaglianza, e universalità e la loro implementazione. Prendiamo due esempi per capirci.
1) Al netto di disfunzioni del SSN che ostacolano l’applicazione dei citati principi, ma che non sono riconducibili alla definizione dei LEA (esempio: la mancanza di strutture in alcuni territori, i lunghi tempi di attesa nell’erogazione di prestazioni, …), il livello essenziale “ricoveri” nella sua definizione non presenta condizionamenti od ostacoli che facciano ipotizzare una mancata implementazione dei principi. Se però prendiamo il livello essenziale “prestazioni ambulatoriali” vediamo che la sua erogazione è legata al pagamento di un ticket, il che pone un ostacolo essenziale all’applicazione dei principi, se consideriamo la quota di popolazione che si trova in condizioni di povertà estrema o assoluta e che quindi non ha le risorse per accedere a questo livello essenziale. Il problema è stato risolto introducendo un’esenzione per reddito che permette anche a chi è povero di accedere alle prestazioni ambulatoriali senza dover pagare il ticket.
2) Lo stesso approccio non è stato però adottato per altri LEA: a questo proposito particolarmente interessanti sono il caso del consumo di farmaci e quello delle prestazioni sociosanitarie.
Anche per i farmaci esiste una specie di ticket, per altro di valore diverso nelle Regioni, ma a differenza di quanto si è stabilito per le prestazioni ambulatoriali, nel caso della farmaceutica non esiste il criterio dell’esenzione per chi ha redditi bassi e pertanto vi è una quota rilevante di popolazione che non riesce ad accedere a farmaci che sono considerati essenziali. È il fenomeno molto ben evidenziato da iniziative come quelle della Fondazione Banco Farmaceutico, il cui intervento (attraverso la raccolta e distribuzione gratuita di farmaci) cerca appunto di supplire ad un buco presente nei LEA.
Ancora più eclatante è il caso dei servizi e delle prestazioni sociosanitarie. Per queste attività non è previsto un ticket, che è un contributo di valore limitato e soprattutto molto inferiore alla tariffa di tantissime prestazioni, ma è prevista una compartecipazione sostanziosa che per la maggior parte delle prestazioni del Capo IV del decreto LEA 2017 (assistenza sociosanitaria) è del 50% della tariffa (e per alcune prestazioni addirittura del 60%). Per nessuna delle prestazioni per cui è richiesto un contributo economico da parte del cittadino è stato previsto qualche tipo di esenzione, ed è pertanto evidente che a tali prestazioni considerate essenziali il cittadino che si trova in condizioni di povertà estrema o assoluta non è nelle condizioni di potervi accedere.
Quanto fin qui esemplificato dice in modo molto evidente che, a prescindere da qualsiasi discussione attorno all’essenzialità o meno di quanto oggi previsto nei LEA (e di quanto escluso da essi), negli attuali livelli essenziali sono inclusi molti servizi e molte prestazioni che non possono essere usufruiti da cittadini che ne avrebbero il diritto ma che non sono in grado di esercitarlo, e questo non per via di un cattivo funzionamento del SSN, bensì per la definizione stessa di LEA, una definizione che esclude in particolare i soggetti poveri.
La previsione di un criterio di protezione indirizzato esplicitamente verso questi soggetti (esempio: esenzione dal pagamento ticket o dal contributo partecipativo) permetterebbe loro di non essere privati di prestazioni considerate essenziali.
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