“Si vuole polverizzare l’unica esperienza vera di sussidiarietà orizzontale realizzata in Italia e che, con buona pace di tutti, è una vera eccellenza riconosciuta nel mondo”. Ne è convinto Luca Merlino, direttore generale del centro cardiologico Monzino, quando si cerca di capire quale sia il vero bersaglio delle inchieste e degli attacchi, politici e giornalistici, scagliati ogni giorno contro il sistema Lombardia alle prese con un’emergenza coronavirus che non ha eguali, per intensità e virulenza, in tutta Italia. È come salire a un altro livello di un videogioco: l’obiettivo è mettere finalmente fine a un assetto e a una governance della salute che hanno caratteristiche peculiari e uniche nel panorama nazionale.
Quali sono le peculiarità e l’unicità del sistema sanitario lombardo?
Il sistema sanitario lombardo è caratterizzato da un elevato livello di sussidiarietà orizzontale nel merito dell’erogazione dei servizi sanitari e socio-sanitari. Gli erogatori privati accreditati non sono coinvolti nell’erogazione dei servizi in modo suppletivo, secondo una logica di sussidiarietà verticale, ma paritario a fronte di regole uguali in termini di accreditamento, tariffe e controlli.
In Italia negli ultimi anni sono stati attuati continui tagli alla sanità. La spending review ha colpito anche il sistema di accreditamento della Regione Lombardia?
Il blocco previsto dalla legge 135/2012 (spending review) per i contratti degli erogatori privati può essere, forse, sostenibile in sistemi basati prevalentemente sul sistema pubblico, nei quali il privato è coinvolto in modo secondario, ma risulta essere, dopo 5 anni di blocco, insostenibile in Regione Lombardia, con il rischio di avere riduzioni quali-quantitative dei servizi erogati ai cittadini, ivi compresa l’emergenza urgenza. Il pubblico, e ciò rende peggiore la situazione, è gravato da blocchi per i capitoli di spesa del personale, dei beni e servizi e dei dispositivi.
Programmazione, erogazione dei servizi sanitari, controlli: come è articolato il modello lombardo?
Dal 1° gennaio 1998, a seguito dell’approvazione della legge regionale n. 31/97, si è attuata la separazione completa delle funzioni di erogazione dei servizi da quelle di programmazione, acquisto e controllo. Le Asl hanno quindi assunto funzioni prevalenti di programmazione, negoziazione dei servizi con gli erogatori pubblici e privati accreditati e controllo. Le Asl hanno mantenuto, dal punto di vista erogativo, le sole attività di prevenzione umana e veterinaria e quelle di natura socio-sanitaria che per più del 95% sono garantite tramite soggetti accreditati di diritto privato, vedendo le Asl coinvolte quasi esclusivamente in termini di erogazione diretta nelle attività consultoriali e in quelli relativi alle dipendenze. L’erogazione dei servizi sanitari si è quindi concentrata completamente, ivi comprese le attività ambulatoriali e quelle di psichiatria e di neuropsichiatria, nei presidi ospedalieri, che sono stati costituiti, da soli e più spesso in aggregazioni di più presidi, in Aziende Ospedaliere.
E i finanziamenti?
Le attività erogative pubbliche, parimenti a quanto accade per quelle private, hanno quindi avuto un regime di finanziamento quasi completamente a prestazione per le attività di ricovero, ambulatoriali, di espianto e trapianto, di emergenza urgenza e di psichiatria e di neuropsichiatria. Il finanziamento a prestazione è stato affiancato da quello a funzioni e ciò ha richiesto una continua manutenzione del sistema tariffario e di finanziamento al fine di renderli adeguati ai costi di produzione e al modello di governance del sistema sanitario e socio-sanitario proprio della Regione Lombardia e unico nel panorama nazionale.
Un’ulteriore evoluzione è avvenuta con la legge 23/2015. Che cosa prevede?
Dal 1° gennaio 2016, la legge 23/2015 di evoluzione del servizio sanitario regionale conferma questo ruolo paritario degli erogatori privati, completa la separazione delle funzioni PAC (Programmazione, Acquisto e Controllo) da quelle di erogazione istituendo il polo territoriale nelle Asst e passando a questi enti anche le funzioni erogative di prevenzione umana e socio-sanitarie e introduce il tema della presa in carico della cronicità.
Che cosa vuol dire?
La presa in carico della cronicità prevede una stratificazione della domanda di salute e un nuovo modello che superi la logica degli ambiti di cura e assistenza separati tra loro per arrivare ad attuare una logica di accompagnamento che superi quella del servizio inteso come sommatoria di prestazioni e attui la presa in carico reale. Ciò comporta la necessità di poter utilizzare in modo innovativo le risorse dei ricoveri, della specialistica, della farmaceutica, dei servizi socio-sanitari, arrivando a definire un budget/tariffa di presa in carico specifico per tipologia di stratificazione della domanda. Da qui nasce la necessità di poter disporre, da parte delle Asst (Aziende socio-sanitarie territoriali) in modo flessibile le risorse oggi contenuti in capitoli di bilancio separati e non utilizzabili in modo compensativo tra di loro.
Ma questo modello sussidiario di sanità della Lombardia quanto è apprezzato dai suoi cittadini utenti?
Siamo la Regione con la percentuale di mobilità passiva più bassa in Italia pur confinando con Regioni dotate di servizi sanitari di buona qualità: Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte. Nel 2016 la Lombardia ha avuto una mobilità passiva pari al 4% dei ricoveri totali con una media nazionale dell’8,2% e con la seconda regione migliore, la Provincia autonoma di Bolzano, con il 4,6%. Questo è l’indicatore che meglio spiega la qualità complessiva del nostro servizio sanitario regionale, in quanto in un sistema nazionale caratterizzato dalla massima possibilità di mobilità tra Regioni i lombardi preferiscono al 96% farsi assistere e curare nelle strutture della propria Regione.
(Marco Biscella)
(3 – continua)