Sono 3.500.000 gli ammalati oncologici in Italia e, in particolare, ogni giorno sono diagnosticati più di mille nuovi casi di tumore, pari al 5,7% della popolazione. Il mancato approdo del Piano oncologico nazionale (Pon) da 10 milioni di euro per il 2023 e 10 per il 2024 in Legge di bilancio lascia la disperazione in questa fascia di popolazione. In ragione della rilevanza economica e sociale del cancro, l’adozione del nuovo Pon rappresenta una priorità per l’intero sistema, anche in considerazione di quanto viene richiesto agli Stati Membri dal Piano europeo di lotta contro il cancro. Ciononostante, non solo le attività per la redazione del piano sono ancora del tutto bloccate, contrariamente agli impegni assunti dal Governo, ma addirittura si è cancellato in Legge di bilancio lo stanziamento previsto.
Tutto questo sta privando il Paese dello strumento fondamentale e irrinunciabile per contrastare l’emergenza oncologica che segue la pandemia: il numero dei morti a causa del cancro, infatti, è tornato a salire a causa dei ritardi negli screening e nell’attività chirurgica, accumulati nelle patologie aggravate dal Covid. Eppure, il raggiungimento degli obiettivi fissati a livello europeo, che il Pon dovrà recepire e adattare al contesto nazionale, è strettamente legato alla realizzazione dei progetti del Pnrr: molte delle azioni in esso previste, infatti, interessano prioritariamente l’oncologia.
Si pensi, ad esempio, all’obiettivo della transizione digitale, al suo impatto positivo sulla gestione della cronicità e sullo sviluppo della domiciliarizzazione delle cure. Nonostante i nessi evidenti con la cura e l’assistenza in favore dei malati di cancro, non vi è ancora alcuna indicazione dell’ammontare delle risorse da destinare specificamente alla digitalizzazione dell’oncologia.
Si pone così, con grande evidenza, un problema molto rilevante di collegamento e integrazione tra tre atti di pianificazione: Piano europeo di lotta contro il cancro, Piano oncologico nazionale in fase di definizione e Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ad assetto invariato, l’emergenza oncologica resterà ancora priva di un’adeguata e concreta risposta, perdendosi quindi l’occasione del sostegno europeo per affrontare finalmente il cancro con un approccio innovativo.
L’oncologia è infatti esclusa da qualsivoglia linea di investimento strategica, in modo del tutto incoerente rispetto all’impatto complessivo della malattia sull’intero sistema. Anche l’analisi degli investimenti sull’assistenza territoriale conferma tale conclusione. La Componente della Missione 6 (Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale) persegue l’obiettivo di rafforzare le prestazioni erogate sul territorio grazie al potenziamento e alla creazione di strutture e presidi territoriali (come le Case della Comunità e gli Ospedali di Comunità), alla promozione dell’assistenza domiciliare, allo sviluppo della telemedicina e a una più efficace integrazione con tutti i servizi sociosanitari.
A fronte di un rilevante investimento in strutture, la Missione 6 non considera tuttavia i nessi funzionali e i collegamenti tra esse e gli altri servizi già attivi, né individua uno stanziamento per il personale necessario al loro Osservatorio sulla condizione assistenziale dei malati oncologici. Il rischio di aver creato strutture senza l’indicazione di modelli e di interazioni per il corretto funzionamento è pertanto elevato.
Inoltre, è fondamentale una legislazione speciale per la disabilità oncologica per diversi ordini di motivi: diffusione della patologia, incertezza della prognosi all’esordio, durata indefinita e non prevedibile nel tempo, diverso grado di compromissione della qualità della vita, divaricazione frequente tra il dato anatomo-patologico, funzionale e psichico e relativi costi sociali ed economici diretti e indiretti e soprattutto riabilitazione per continuare a vivere.
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