Quando è a tema la sanità, prima o poi, che lo si voglia o meno, si finisce sempre a parlare di soldi. Oh, intendiamoci, “pecunia non olet”, e che il servizio sanitario abbia bisogno di più risorse nessuno lo mette in dubbio; semmai la questione è sul quantum e sul dove trovarle. Il dibattito sulle risorse, però, al di là della sua ovvia necessità e dei vincoli anche recenti che ne condizionano lo sviluppo, è un dibattito monco, ristretto, limitato e che, soprattutto, non risponde alla domanda su dove si vuole che vada il servizio sanitario di domani (e dopodomani).



Credo piacerebbe a tutti di poter disporre di maggiori risorse, ed anche il ministro della Salute ha detto la sua su quanto dovrebbe essere il Fondo sanitario nazionale (minimo il 7% del Pil), e prima di lui alcuni partiti di opposizione avevano già provato ad alzare l’asticella (7,5% il Pd, 8% il M5s), ma dopo averlo già fatto in tanti modi da queste colonne, nel contributo che segue si vuole almeno per una volta lasciare da parte il tema delle risorse per rispondere alla domanda provocatoria che, quasi una abitudine si potrebbe dire, il Meeting per l’amicizia tra i popoli ci ha messo di fronte con l’incontro dal titolo Rifondare il sistema sanitario: davvero solo una questione di risorse?.



Per discuterne direttamente, oltre ad un video-intervento del ministro della Salute Schillaci, l’associazione Medicina e Persona promotrice dell’iniziativa ha messo attorno al tavolo il direttore generale di AGENAS (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) Domenico Mantoan, due presidenti di Regioni (Attilio Fontana, Lombardia; Eugenio Giani, Toscana), il direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della salute Massimo Angelelli, ed un professore di politica sanitaria dell’Università di Milano-Bicocca nonché membro della Fondazione per la Sussidiarietà, Michele Castelli.



Il titolo dell’incontro, oltre a far presupporre che alla domanda si debba dare una risposta negativa, e cioè che l’affronto del tema sanità non è solo una questione di risorse, contiene anche la prospettiva generale che Medicina e Persona ritiene si debba indicare al sistema sanitario, e cioè che il Servizio Sanitario Nazionale non ha bisogno di qualche ritocco (anche importante) qua e là, ma necessita di una riforma o meglio di una rifondazione, e per spiegare ulteriormente l’obiettivo dell’incontro nelle poche righe che sul programma del Meeting lo presentano si dice che il SSN “va ripensato radicalmente perché possa continuare a rispondere al bisogno di salute delle persone. E per questo serve il coraggio di un progetto”.

Ecco il punto: rifondare il SSN attraverso un progetto. Ma cosa vuol dire?

Sia a livello nazionale che regionale stiamo assistendo a diversi tentativi di intervento su aspetti specifici del servizio sanitario che meritano attenzione: la lunghezza dei tempi di attesa per l’accesso alle prestazioni, la realizzazione dei progetti previsti dal PNRR per la modifica dell’assistenza territoriale, gli interventi sul tema del personale (acquisizione, remunerazione, incentivazione), l’allargamento del ruolo e dei compiti delle farmacie, l’affronto programmato (un piano) della cronicità, e così via. Interventi ed attività indubbiamente necessari ma che, come tutte le iniziative settoriali e specifiche, non colgono la questione di fondo. E quale è questa questione?

Dopo più di 45 anni di vita il SSN che è uscito dalla legge 833/1978 (e dalle successive modificazioni e integrazioni) sente inevitabilmente il peso degli anni e pone innanzitutto un problema di sostenibilità. È anche una questione di sostenibilità economica (“senza denari non si canta messa”) ma è soprattutto una questione di sostenibilità dei suoi princìpi: è in grado il SSN di perseguire gli obiettivi di universalità, di uguaglianza, e di equità sui quali è stato costruito? È in grado il SSN di erogare i Livelli Essenziali di Assistenza in tutto il Paese? È garantito l’art. 32 della Costituzione secondo il quale “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”?

I lettori che, con pazienza, seguono queste colonne non faranno fatica a rispondere alle domande, perché è ampia la documentazione che è stata data delle difficoltà di fondo che sta sperimentando il SSN, e che non hanno a che fare solo con qualche aspetto che non funziona, con qualche problema di difficile soluzione (vedi i tempi di attesa), con la scarsità di qualche risorsa (finanziamento, infermieri), con qualche Regione più in difficoltà, e così via.

Alle grandi domande sulla sostenibilità si aggiungono poi quelle poste dai cambiamenti demografici, ed in particolare l’aumento della popolazione anziana e l’allungamento della vita, che stanno spostando significativamente il baricentro sanitario del SSN verso la sua faccia sociosanitaria (o addirittura sociale), verso un insieme di attività che mettono in gioco obiettivi, logiche, percorsi, soggetti, iniziative, del tutto diverse e ad oggi anche molto trascurate, soprattutto in alcuni territori.

Per affrontare queste criticità non servono singoli provvedimenti, per quanto benvenuti; non servono le proposte di legge già messe in campo da singoli partiti di maggioranza o di opposizione, ancora troppo limitate e parziali; occorre proprio quello che il Meeting ha messo nel titolo l’incontro: un coraggioso progetto di rifondazione, un progetto che coinvolga tutti (dal singolo cittadino fino al ministero e al ministro), oserei dire una riproposizione, moderna ovviamente, del dibattito e del percorso che hanno portato alla formulazione (ministro della Sanità Tina Anselmi, Democrazia Cristiana) della legge 833/1978.

Non basta l’aggiustamento di qualche aspetto (per quanto rilevante) che non funziona, e non è sufficiente nemmeno un incremento (persino significativo) delle risorse economiche (comunque gradite): sono solo piccole manutenzioni che forse permettono alla oggi sconquassata barca del SSN di rimanere a galla. Ma fino a quando?

Non è sufficiente riformare, cioè (Oxford Dictionary) modificare, riordinare, mutare, cambiare: occorre invece rifondare, cioè (sempre Oxford Dictionary) fondare di nuovo, riedificare, rinnovare nelle finalità. Ecco perché serve un cammino per dar vita ad un progetto, serve il coraggio di mettersi con vigore in questo cammino, e serve soprattutto ritornare alle origini (alle fondamenta) del processo di cura, come ci ricorda anche l’appello lanciato al Meeting dalla associazione Medicina e Persona e dal Banco Farmaceutico.

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