L’anno scorso ci ha provato un gruppo di 14 scienziati guidati dal Nobel Parisi a proporre un appello per sollecitare l’inizio di un dibattito con lo scopo di produrre una riforma del servizio sanitario nazionale (SSN). Ha poi fatto seguito un intervento di 75 società scientifiche di area clinica con un altro documento sempre con l’obiettivo di dar vita ad una riforma del SSN. Da più tempo la Fondazione Gimbe ha lanciato la campagna “Rilanciamo il Servizio Sanitario Nazionale” ed anche in questo caso il tema è quello di rinnovare un servizio sanitario che dopo più di 45 anni di onorato servizio porta in modo evidente i segni dell’età che ha e necessita di un robusto ripensamento.
E poi ci sono singoli professionisti che periodicamente ci ricordano il bisogno che ha il SSN di essere rinnovato, ripensato, difeso, modificato, aggiornato, a seconda dei diversi accenti con cui gli esperti hanno caratterizzato le loro proposte: vedi, ad esempio, Harari e Remuzzi sul Corriere della Sera, Garattini su Avvenire, Cavicchi su Quotidiano Sanità, Cislaghi su Epidemiologia & Prevenzione, e mi fermo qui scusandomi con i tanti colleghi ed esperti che hanno fatto osservazioni e proposte, ma che se dovessi solo nominare tutti ci vorrebbe tutto lo spazio che mi è concesso. In questo elenco aggiungo anche il Meeting per l’amicizia tra i popoli di Rimini, perché durante l’edizione dell’agosto 2024 è stato proposto un documento dell’associazione Medicina & Persona sempre con a tema la necessità di riformare il SSN, e per non farmi mancare nulla ci metto pure la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) con il suo Manifesto di Verona del maggio 2024.
E poi c’è la politica, con tre proposte di legge (Pd, M5s, Lega), anche se non tutte con un approccio complessivo, di cui al momento ho personalmente perso traccia, ma che da qualche parte staranno continuando il loro iter (se non sono già state ritirate o discusse), a cui si è recentemente aggiunto il ministro della Salute con il suo Atto di indirizzo per l’anno 2025, costituito da 12 capitoli suddivisi in 51 paragrafi (se non ho contato male), a cominciare dalla prevenzione per terminare con le politiche internazionali, con l’obiettivo di “rilanciare il sistema sanitario mettendo a disposizione più risorse finanziarie, umane, digitali, strumentali, strutturali e tecnologiche”, affinché si creino “le condizioni favorevoli per un incremento delle relative potenzialità in termini di efficienza, resilienza e inclusività, contribuendo a costruire una sanità del futuro più moderna, accessibile ed equa”.
Ed in questo lungo elenco, come sempre succede in questi casi, avrò sicuramente ma involontariamente dimenticato qualcuno nei confronti del quale, quindi, mi scuso.
Insomma, non si può certo dire che gli esperti e le proposte manchino (semmai sono troppi/e) eppure c’è qualcosa che non scatta perché è come se tutte queste sollecitazioni vivessero lo spazio di un momento (a volte un po’ più lungo e altre un po’ più breve): passato l’attimo di necessaria attenzione mediatica, si perdono in quel mare magnum che è costituito dal dimenticatoio, un luogo non fisico ma mentale che tutto annebbia, confonde, mette da parte, annulla e fa passare oltre.
Sarebbe quindi falso dire che manchi l’interesse verso la salute e la sanità, o che non ci sia attenzione perché distratti da altro, o che la salute sia così buona e la sanità così a posto da non richiedere alcun serio intervento: basterebbe ricordare cosa è successo con la pandemia da Sars-CoV-2, o cosa sta succedendo con i tempi di attesa, o con le Regioni che non erogano i LEA, o con i professionisti che mancano o che se ne vanno, o… Ma allora, cosa deve succedere perché tutto il movimento di riflessioni e proposte che ho elencato si traduca in un movimento di riforma del SSN?
Non sarebbe certo un buon risultato per il Paese se tutto questo sforzo di riflessione e di produzione di proposte diventasse “tutto chiacchiere e distintivo”, o che di fronte ai problemi ed alle sfide che ci propone la sanità di oggi prevalesse il fatalismo di chi all’inizio della pandemia sosteneva, senza averne le ragioni, che “andrà tutto bene”, o, ancora, di chi canta l’inutilità della domanda sul senso della vita e delle cose perché “tanto domani arriverà lo stesso” (Vasco Rossi), o, peggio, se ci si chiudesse dietro il paravento di quale sia il migliore dei documenti (che è quello che ovviamente ho scritto “io/noi”).
Mi sono venuti questi pensieri nel momento in cui ho visto girare un nuovo testo presentato dal professor Elio Borgonovi e sottoscritto da un nutrito numero di professori ed esperti di varia estrazione e riferimento culturale, nel quale (al di là dei contenuti dei quali non entro nel merito) ho intravisto lo stesso rischio di finire a breve nel dimenticatoio che ho rilevato per i documenti e gli interventi citati in precedenza: ma non perché non c’è bisogno di una ulteriore presa di posizione, di un altro testo su cui riflettere (di essi c’è sempre bisogno), o perché non lo ritenga adeguato come contenuto, bensì perché credo che ci si debba orientare verso un differente percorso, verso un percorso di collaborazione e non di contrasto, aprendo un reale tavolo (fisico) di discussione (anche se di grande dimensione vista la quantità di potenziali commensali) prima di scrivere documenti, una specie di conferenza di consenso (come si usa fare in tanti contesti scientifici).
C’è bisogno, in un certo senso ma mutatis mutandis, di ripetere il cammino che ha portato, alla fine del 1978, ad approvare la legge che ha disegnato l’attuale Servizio sanitario nazionale. Non serve, adesso, un nuovo documento: serve invece un nuovo coraggio, quello di qualcuno (in senso lato) che faccia lo sforzo di aprire un tavolo dove ci si guardi in faccia con la prospettiva di progettare il servizio sanitario per i nostri figli (o addirittura nipoti, almeno per me).
E questo qualcuno (o alcuni) in questa prospettiva non sarà di certo la politica, sia perché, purtroppo, interessata solo a polemiche di bottega senza reali prospettive se non il cambio del manovratore, sia perché non vive di questa visione temporale. Dopo, a tempo debito, arriveranno anche i documenti di merito.
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