Qualche quotidiano in questi giorni ha pubblicato la notizia secondo cui il nuovo piano di riparto dei fondi sanitari per il 2023 avrebbe introdotto un criterio di distribuzione delle risorse che prevede un bonus per le Regioni più virtuose. Il titolo giornalistico e la tabella allegata ai lavori, che rappresentava il riparto tra le Regioni del totale del Fondo sanitario nazionale (FSN), inducevano a pensare che tutto il FSN fosse ripartito in base a qualche criterio di virtuosità, ma poi la lettura degli articoli dava correttamente conto della logica di riparto cui si riferiva. E allora? Quale è la vera notizia? Quale è il contenuto di questo criterio di riparto? In cosa consisterebbe la virtuosità delle Regioni a cui sarebbe attribuito il bonus? Vediamo in breve di fare chiarezza sull’argomento.
Cominciamo col ricordare che la definizione quantitativa del FSN e dei suoi contenuti specifici (le varie voci che lo compongono) è frutto di una intesa tra la Conferenza Stato-Regioni, il CIPESS (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile), il Governo ed il ministero della Salute, e che il provvedimento che ci riguarda è stato deliberato il 30 novembre 2023 ed è già stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale (GU Serie Generale n. 9 del 12-01-2024: “Fondo sanitario nazionale 2023 Riparto delle disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale. Delibera n. 33/2023 del 30 novembre 2023”).
All’interno di quel provvedimento che ripartisce alle Regioni tutto il FSN per complessivi 128 miliardi di euro (art. 1: “Il livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale cui concorre ordinariamente lo Stato per l’anno 2023 ammonta ad euro 128.005.200.000”) alcuni di questi fondi sono vincolati in favore delle Regioni e delle province autonome per specifiche attività (art.1 comma b: “euro 2.227.714.256 sono vincolati in favore delle Regioni e delle province autonome per le seguenti attività: euro 1.500.000.000 per l’attuazione di specifici obiettivi individuati nel Piano sanitario nazionale. Detta somma è ripartita, assegnata e/o accantonata con separata delibera di questo comitato adottata in data odierna…”).
L’ulteriore delibera di cui si parla (n. 34/2023) reca “Fondo sanitario nazionale 2023. Assegnazione alle Regioni delle risorse vincolate alla realizzazione degli obiettivi del Piano sanitario nazionale” e dettaglia le modalità con cui ripartire queste risorse, che comunque non sono risorse aggiuntive ma fanno già parte del totale del FSN. Vi si dice testualmente: “euro 794.178.219 (ndr: dei 1.500.000.000) sono ripartiti ed assegnati alle Regioni a statuto ordinario e alla Regione Siciliana, come da allegata tabella, che costituisce parte integrante della presente delibera, per il perseguimento degli obiettivi di piano attraverso specifici progetti elaborati sulla scorta delle linee guida proposte dal Ministro della salute e approvate con l’accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni richiamato nelle premesse. L’erogazione delle quote spettanti alle predette Regioni avverrà con le modalità previste dal richiamato art. 1, comma 34 -bis, della citata legge n. 662 del 1996”.
La tabella è la seguente (il riparto tra Regioni è effettuato in base alla popolazione residente alla data del 1 gennaio 2022):
Questo fondo (794 milioni di euro, rispetto ai 128 miliardi che costituiscono il totale) è assegnato per due specifici obiettivi (chiamati linee progettuali): costituzione e implementazione della rete della terapia del dolore e sviluppo delle cure palliative e della terapia del dolore in area pediatrica; piano nazionale prevenzione e supporto al piano nazionale prevenzione (nota bene: per i contenuti di dettaglio delle due linee progettuali si veda il testo dei provvedimenti). Ed essendo indirizzato a specifiche attività che devono essere condotte, il fondo sarà assegnato solo se le attività previste saranno effettivamente condotte dalle Regioni. In altre parole, affinché alle Regioni venga assegnato questo fondo occorre che le Regioni stesse spendano il fondo per le attività comprese nelle linee progettuali indicate, attività che per altro sono le Regioni stesse a dover proporre secondo modalità e documenti che sono direttamente contenuti nel provvedimento. Non si tratta quindi di un bonus assegnato in base a qualche criterio di virtuosità, ma si tratta di un obiettivo per il raggiungimento del quale sono state predisposte specifiche risorse: è ovvio quindi che chi non risulterà “virtuoso” perché non raggiunge l’obiettivo (cioè non fa le attività previste e non spende le risorse previste) non avrà le risorse.
Chiarita così la (non) notizia già nota dal 30 novembre 2023 (in realtà dal 9 novembre, quando le Regioni hanno firmato l’intesa sul riparto), visto che si parla di usare la “virtuosità” come criterio di riparto del FSN, vale la pena di svolgere qualche breve riflessione sull’argomento.
In oltre vent’anni in cui il riparto del FSN è avvenuto in base a specifici criteri, al tavolo della Commissione Salute (che è il luogo dove avviene la discussione tecnica) si è ripetutamente parlato dei diversi criteri di riparto, di volta in volta individuando qualche criterio di “virtuosità” o di “premialità”, termini che stanno ad indicare un riparto diverso dalla semplice distribuzione della popolazione nelle Regioni e dove la premialità/virtuosità porta a mettere più risorse in una Regione rispetto ad un’altra. Il problema è che non si è mai arrivati ad un accordo su un criterio di “virtuosità” o di “premialità” condiviso da tutti i tecnici al tavolo (o più criteri): qualche esempio può chiarire il concetto. Mortalità totale (o mortalità infantile): si deve premiare (dare più risorse) dove la mortalità è più alta o dove è più bassa? Livelli essenziali di assistenza: si devono dare più risorse a chi eroga meglio i LEA o a chi non riesce ad erogarli? Ricoveri: si devono dare più risorse a chi effettua più ricoveri o a chi ne effettua di meno? E così via: moltissimi sono i diversi criteri proposti, ma in nessun caso è emerso un criterio di virtuosità o di premialità che ha raccolto il consenso di tutte le Regioni.
L’argomento rimane aperto a nuove proposte, ma non è certo la metodologia cui fa riferimento la (non) notizia che può risolvere in maniera soddisfacente il problema.
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