Amadeus parte con la classifica provvisoria di Sanremo 2020 facendo presente che nella quarta serata voterà esclusivamente la sala stampa, nell’ultima invece tutti gli aventi diritto sanremesi.  Si parte con le sfide finali tra i giovani. La prima sfida vede in campo la Tecla di 8 marzo, Canzone che cerca di tenere alto l’orgoglio femminile nei binari del più stereotipato it pop melodico di questi anni offerta da una interprete ordinata, garbata ma ancora acerba e in cerca di personalità. Voto 5



Segue Marco Sentieri con Billy Blue dell’ottimo e compianto Giampiero Artegiani di cui ricorre proprio questa settimana l’anno dalla scomparsa, una scura ballata urbana che coniuga spleen orchestrale e virgulti hip hop per un risultato di discreto spessore drammatico anche se l’interprete si fa maggiormente apprezzare nelle fasi rap/recitative che in quelle cantate a fatica.  Voto 7.  Vince peraltro Tecla che sfrutta l’onda lunga della popolarità mediatica dell’emergenza femminile.



Nella seconda sfida si esibisce prima Leo Gassman con Vai bene così che parte con una sovrainterpretazione di stampo teatrale per adagiarsi nei binari di una rassicurante prevedibilità.   Melodia risaputa pur con un abbozzo di coda vagamente gospel, tono vocale indistinguibile da troppi interpreti maschili di questi anni che cantano senza garra, concedendo qua e là qualche urletto cacofonico.  Voto 5. Il Fasma di Per sentirmi vivo esibisce una tipica impostazione post-pop condito in salsa giovanilista, con una linea canora imbrigliata nel solito schema prevedibile enfasi/ritmo/cantato stridulo.  Voto 4. Passa il meno peggio Leo Gassman, ma rimane forte il rimpianto che nella seconda serata Gabriella Martinelli insieme a Lula aveva portato sul palco quella perla di rabbia, tenerezza e intensità de Il gigante d’acciaio.



Il Fiorello che nasconde sotto il travestimento del cantante mascherato la sua imitazione della De Filippi, che in realtà ricorda più uno sciatore altoatesino a piacere, producendosi poi in un crossover tra la musica di Generale di De Gregori e il testo di Montagne verdi di Marcella, precede la proclamazione di Leo Gassman quale vincitore.  E così la primissima parte finisce in gloria o quasi.

Inizia la gara dei big con Fiorello che affianca Amadeus nelle presentazioni degli artisti. 

Ecco il Paolo Jannacci di  Voglio parlarti adesso.  All’esordio come cantante anche sul palco di Sanremo, il bravo musicista figlio d’arte si serve della scrittura di Maurizio Bassi, storico collaboratore del periodo pop-funky di Enzo.  Qui il versante scelto è quello intimista che riporta alle ballate epiche del medico cantautore.  Sforzo apprezzabile, canzone bella, look identico per quanto la voce, nonostante una comunanza di flessioni, non riesca ad afferrare le struggenti e debordanti profondità del padre.  Voto 7

L’onnipresenza scientifica del pur bravissimo Tiziano Ferro porta in dote ben tre canzoni nella serata, persino un mini-duetto con Fiorello a suscitare improbabili gelosie con il compagno del cantante. Arriva Antonella Clerici ad affiancare Ama per presentare un fantomatico libro/enciclopedia del Festival.  Dovrebbe essere qualcosa divertente, ma più modestamente contribuisce solo ad allungare i tempi tra il primo e il secondo big in gara.

Ma ecco che con l’incantevole, magnetica e stilosa anglo-albanese Dua Lipa, arriva la superospite della serata.  Lo spumeggiante retro-dance di Don’t Start Now fa dimenticare per un attimo la sagra da tempi biblici del Sanremo 2020.  A quasi trentacinque minuti dal primo big della serata, ci viene finalmente concesso il Rancore di Eden. Uno dei più vari creativi autori e interpreti del controverso panorama rap, rende il genere un arcipelago del tutto è possibile.  Ribellione, drammaticità e ritmica e variazioni vocali, vengono abbinati a un’impronta orchestrale che porta il brano su scenari cinematografici.  Si termina con l’interprete steso a terra come colpito dallo sparo simulato dal ricorrente beat percussivo.  Voto 7

Segue a pochi minuti la Giordana Angi di Come mia madre.  Voce decisa ma dal controllo non sempre sicuro, per un melodico di buona presa dall’incipit pianistico emotivo, con un tono forte e ascendente e dal buon arrangiamento orchestrale. Voto 6½

Arriva subito il Francesco Gabbani di Viceversa gradevole stornello pop moderno, con il piglio ironico collaudato dell’autore per un motivo orecchiabile e una variazione che abbranca con passo felpato l’appeal vincente.  Voto 7

La successione degli artisti in gara a questo punto della serata sembra inarrestabile.  Raphael Gualazzi propone con Carioca un altro arrangiamento ricco e colorato per un autore e interprete sempre più in crescita, dopo i cliché dei primi anni.  Fusione universale che riassume più approcci del pop-swing-latin, creando un succulento patchwork tra Otto, Manhattan Transfer, Caputo, Cammariere. Voto 7½ 

Con discreta agilità si arriva ai Pinguini Tattici Nucleari di Ringo Starr.  Pop a suon di divertimento e ironia gioconda, con arrangiamenti sparati e ridanciani.  Voce solista che cala con grande frequenza, ma coro variopinto e azzeccatissimo per un refrain che si pianta stabilmente in testa. Voto 6½

L’Anastasio di Rosso di rabbia affila un rap iconoclasta che sfrutta nella strofa – alla maniera di certe icone ’80 (Grandmaster Flash, Run DMC) – un furioso tappeto rock di almeno tre chitarre elettriche, per un brano tosto e con il giusto carico di tensione.  Voto 7

Arriva la bella e fanciullesca Francesca Sofia Novello ad affiancare il bravo presentatore.  E si passa subito all’ottavo big,  L’alta ed elegante Elodie e la sua Andromeda spostano ulteriormente in alto l’asticella della qualità.  Sulla scrittura scorrevole e consolidata di Mahmood e Dardust, si assiste a una strepitosa emissione soul – hip hop, con una protagonista in odore di consacrazione lanciata sulle orme delle star americane in quota Beyonce.  Interpretazione magistrale servita da arrangiamenti vivaci e penetranti. Apoteosi.  Voto 8½

Il trend qualitativo si arresta con Riki.  Lo sappiamo entrambi, ha come target una svenevole melodia giovanilista pilotatissima in ogni suo passaggio, con spruzzata di autotune di prammatica.  Pop frizzante e innocuo, innegabile che in quell’area Federica Carta e Shade lo scorso anno abbiano prodotto il miglior sforzo.  Voto 4

Arrivati a nove big, torna un Fiorello a tratti travolgente che esalta le doti ridens del bravo presentatore, prima di dar vita a un brillante scambio di vedute con il leggendario Tony Renis, e di cimentarsi nella sua Quando quando quando con Renis alla codirezione orchestrale.

In questo Sanremo traboccante di rap, non poteva mancare in veste superospite Ghali, trapper dalle magnifiche sorti.  La sua esibizione si risolve in un rap musical pieno di melodie cantabili che non mancano di spunti interessanti, per quanto un po’ appesantiti dall’utilizzo vorace di autotune.

Decimo big Diodato con Fai rumore.  Capacità vocale non comune di disegnare melodia e di far svettare gli acuti, interpretazione encomiabile pur dentro un tono dominante che fa piazza pulita di frequenze medio-basse.  Linea melodica più che dignitosa .  Voto 7-

Nell’Irene Grandi di Finalmente io Rossi e Curreri spiccano tra gli autori, il monumento Celso Valli dirige l’orchestra.  Canzone che tra scrittura e interpretazione veleggia tra old school e fiero stereotipo rock arrivando a ricordare persino il refrain della vendittiana Il compleanno di Cristina.  Eccellente prestazione vocale per una canzone astuta e conservativa.  Voto 6 ½

La prima metà dei big è completata qualche minuto dopo la mezzanotte e mezza da Achille Lauro con Me ne frego.  Al nuovo divo della provocazione un tanto al chilo, si addice calarsi in travestimenti profetici che lo accostano a vari trasformisti del rock e del pop.  Il tutto viene ridimensionato da un ribelle cantilenante che sta tra lo sberleffo di Vasco e la popolanità rionale di D’Angelo.  Si spara a salve e si gioca su immagini e turpiloquio in fondo piuttosto innocui.  Voto 5

Il secondo blocco parte all’una meno venti con Gigante di Piero Pelù, rockkettone in linea con i Litfiba dalla seconda maniera in poi. Voce che spinge ancora bene, ritornello di una certa presa, pur rasentando un’inconsapevole autoparodia.   Voto 6-

Alle soglie dell’una, l’ennesima superospitata della serata che vede Gianna Nannini e Coez in duetto mette a dura prova sensi e lucidità, nonostante il mondo musicale puntualmente spalancato dalla  senese, che di seguito propone l’immancabile medley sunto di carriera.  Riporta in primo piano la bella Ragazzo dell’Europa in funzione di esortazione a fare la differenza, tanto per intenderci il gettonatissimo restare umani.

Ben oltre l’una si sblocca la situazione con il quattordicesimo big, e qui la Tosca di Ho amato tutto la differenza la fa.  Lei è forse una delle ultime grandi voci di un cantautorato classico non più maggioritario.  Canzone intimista ed enfatica che richiama le trasvolate epiche di Dalla e Ron con picchi orchestrali e virate che echeggiano i momenti alti di Mia Martini.  L’altra faccia della fiera contemporaneità di Elodie, ma non per questo meno fascinosa. Voto 8½

Si passa senza soluzione di continuità al Michele Zarrillo di Nell’estasi o nel fango.  Uno dei grandi vecchi del festival a questo giro opta per il suo lato pop più energico, con un medio-veloce dal ritornello incalzante e un pieno sonoro tra it-pop e Coldplay, lontano dalle sue cose migliori ma gestito con la classe consumata del veterano.  Voto 6½

Arriva il momento del tanto discusso Junior Cally (per i suoi trascorsi) e della sua No grazie.  Qui siamo sull’altra faccia di Rancore, rap da sbarco camuffato da canzone di combattimento, con un po’ di surplus sonoro e una manciata di frasi a effetto. Voto 5

La cosa più interessante associata alla esibizione de Le Vibrazioni con Dov’è, è la presenza in cabina di direzione del long lost Beppe Vessicchio.  Per il resto canzone che sovrappone al pop-rock generazionale del gruppo, una parvenza di rapsodia con tanto di linguaggio dei segni a sottolineare le parti cruciali del testo (un po’come nel più famoso esempio di performance art della giovane coreografa di Sia).  Scrittura melodica muscolare e anonima, refrain largamente prevedibile. Voto 5

Persino peggio Il sole ad est di Alberto Urso con la stra-abusata romanza lirica in salsa pop ad accaparrarsi ricorrente spazio festivaliero, ponendosi tra la classe compassata di Bocelli e l’approccio più caciarone e grossolano de Il Volo.  L’interpretazione scivola sugli effetti stridenti delle tonalità alte e la manifesta banalità della canzone.  Voto 4

L’arrivo della Levante di Tikibombom è una benedizione.  Superata l’emozione della prima serata, regala una grande interpretazione tra canto e parti semirecitate per una canzone che mescola it e international pop e ispeziona con grazia e tatto il più abusato degli argomenti sensibili. Ne esce esaltata la progressiva crescita artistica della splendida siculo-torinese. Voto 8

A questo punto si procede a grandi passi verso la fine, con un colpo di scena.  Morgan inizia a cantare ma dopo un attimo ci si accorge che Bugo sembra sparito nel nulla.  Pare che Morgan abbia cambiato un passaggio del testo, in risposta a un diverbio consumatosi in tempo reale con il partner artistico.  Viene così interrotta l’esibizione senza sapere se sarà possibile recuperarla (ma l’episodio è da probabile squalifica).  Un episodio simile era successo nel 1982 con la fuga di Toni Pagliuca de Le Orme non molto prima di salire sul palco per la serata finale, sostituito però per tempo da Roberto Colombo.  

Spazio allora a Rita Pavone.  Niente (Resilienza 74) vanta una strofa bomba che cavalca un moderno pop pianistico battente,  un ritornello che sfoggia il tono ruggente della protagonista appena scalfito dal tempo, arrangiamenti tosti.  Nel complesso meglio l’inciso e i passaggi di raccordo rispetto a un ritornello non memorabile.  Comunque apprezzabile.   Voto 7

Poco da dire su Enrico Nigiotti.  Cos’è questa Baciami adesso? È Pop? È Cantautorato? È Musica? Personaggio indecifrabile che ogni volta lascia una perplessità in più, non c’è una voce che si fa notare o ricordare e neppure le canzoni scherzano.  Voto 5

L’Elettra Lamborghini di Musica (e il resto scompare) è un vero e proprio caso che esige una precisa chiave di lettura.  C’è il re mida del pop italiano degli ultimi tre lustri Canova Iorfida che scrive e produce una canzone cucita perfettamente addosso alla protagonista.  Reggeaton ed electro a braccetto a rinverdire il mito nostrano di Paola e Chiara.  La naturale verve del personaggio fa il resto e consente di sorvolare sulle discutibili doti canore.  Voto 7

Dirittura d’arrivo con Il confronto di Marco Masini il toscano fa una compilation di se stesso, mettendo tutti gli ingredienti per farsi riconoscere, dal lamentoso sofferente della voce alla parolaccia, ma ci piazza anche una discreta linea melodica. Voto 6

Niente esibizione di Bugo e Morgan, defezione e squalifica confermati, peccato perché Sincero (si parla dell’esibizione della prima serata) saluta un Morgan in piena immersione nel synth-pop anni’80 nella sua diramazione new romantic.  Bugo fa il suo nel suo stile scapigliato e attonito,  il tutto per un risultato di un certo effetto. Voto 7

La classifica provvisoria – con 23 canzoni rimaste in gara – vede nelle prime tre posizioni Diodato, Francesco Gabbani e Pinguini Tattici Nucleari. Rispettivamente al numero 6, 8 e 15 le migliori ossia Tosca, Elodie e Levante. Notte lunghissima, colpo di scena da prevedibili strascichi polemici e dopofestival ormai impossibile da vedere se non da insonni cronici nemici giurati delle sostanze analgesiche.