Sanremo, che dire? Anche quest’anno al vostro vecchio Yoda tocca lasciare i suoi studi e sollevare le orecchie pelose verso il monitor interstellare per ascoltare per IlSussidiario le canzoni del Festival. Interrompendosi dal seguire ogni tanto gli avvenimenti che si sono incalzati sempre più drammatici nel Bel Paese, dalla pandemia alla mancata elezione di un nuovo e diverso presidente della Repubblica. 



Le centinaia di applausi liberatori che i parlamentari hanno tributato all’ex-neo-presidente gli sono parsi soprattutto liberatorii: un altro anno di prebende garantito. Persino qui su Betelgeuse sono tutti convinti che alle prossime elezioni ben pochi potranno riavere la propria poltrona, e non solo perché il numero dei parlamentari è stato ridotto. 



In una curiosa dissolvenza incrociata hanno risuonato sin quassù gli applausi degli spettatori assiepati nel Teatro Ariston per la settantaduesima edizione del Festival della Canzone Italiana. lI Teatro Ariston assomigliava alla Fattoria degli animali, dove tutti sono uguali ma alcuni sono più uguali degli altri. Infatti, se le discoteche sono ancora chiuse per ordine del Governo, in una sala gremita in ogni ordine di posti si è cantato e ballato, e i cantanti sono stati esonerati dall’esibire il green pass “perché la loro privacy va rispettata“. Non ci si crede, ma lo ha proprio detto il direttore della rete ammiraglia Coletta, che alcuni giornalisti tempo fa hanno malignamente soprannominato GayUno. In una conferenza stampa aveva risposto che a lui “non interessa con chi vanno a letto i suoi collaboratori, ma se sono capaci”. Ottimo proposito. A giudicare dal numero di ragazzetti e ragazzotti a torso nudo presenti quest’anno, delle sempre più prevedibili e noiose provocazioni di Achille Lauro, dei look gender fluid indossati da corifei esilmente svociati, non è difficile immaginare come il trio Soldi, Fuortes e Coletta intende interpretare il concetto di parità di genere per il Servizio Pubblico. 



A proposito di canzoni, Yoda è troppo vecchio per dare giudizi sulla musica di oggi. Altri più esperti e più giovani lo hanno fatto e lo fanno in altre pagine de IlSussidiario. Sarà per questo che a Yoda è piaciuta particolarmente la serata dei duetti, come sempre del resto, perché evidentemente le canzoni del passato sono scolpite nella mente e riescono a tirare fuori il meglio dai cantanti, e in particolare dall’orchestra e dai tecnici audio: tutto assolutamente perfetto in una sterminata serie di così difficili esecuzioni dal vivo.

Che dire di Amadeus? È stato definito l’usato sicuro, il bravo presentatore di frassicana memoria, una macchina da guerra in smoking, e molto altro. Illustri giornalisti televisivi si sono cimentati in articolesse talmente osannanti da far pensare che i loro neuroni siano oramai diventati dei pixel della tv. Bruciante la definizione che gli ha cucito addosso Zalone: “Ci fai sentire tutti dei geni!”: Castigat ridendo mores: Amadeus è il perfetto gestore della tv mediocre di un Paese mediocre, sempre più in declino, asfissiato dai lockdown, dai green pass e dall’incombente crisi economica, quindi perfetto per offrire un po’ di mediocre evasione con uno spettacolo che si ripete allo stesso modo da settantadue anni. 

Anche quest’anno si è materializzato sul palco un altro usato sicuro come Fiorello, sempre più costretto nel suo ruolo di intrattenitore da villaggio vacanze (era il suo antico e vero mestiere) che ha anche maldestramente pestato quella cosa là cercando di sfottere chi ha paura di questi vaccini. Così un padre con un figlio martirizzato da effetti aversi gravi, ha scritto una lettera aperta molto amara: “Ridere del dolore altrui non è giustificabile con ignoranza dei fatti o buona fede. Lei ha aumentato la tensione sociale già esistente dopo due anni di comunicazione stalinista di tutto il mainstream“. Il resto lo trovate in rete. 

Checco Zalone è stato molto più innovativo e controcorrente, con una satira capace di scorticare un po’ la dura scorza di quel politically correct che ci sta asfissiando da tempo. Molte insulse polemiche ha suscitato la performance di Drusilla Foer, che in realtà è un personaggio molto azzeccato, una signora assai snob, interpretata dal bravissimo attore Gianluca Gori. C’è chi ha parlato di eccesso gay, dell’eterno femminino esaltato da un trans, quando si è trattato invece della eccellente performance di un ottimo attore capace di rinverdire i fasti di Paolo Poli mixandoli con quelli della Signorina snob di Franca Valeri, che i meno giovani ricorderanno sicuramente. 

Assai modesto perché mal scritto e peggio recitato è parso ai più lucidi il monologo antirazzista di Lorena Cesarini, per il quale si sono sprecate esaltate articolesse sui giornali progressisti, sempre ansiosi di sentirsi politicamente corretti a ogni possibile occasione, anche quelle così modeste.

Amadeus direttore artistico ha comunque messo in piedi uno spettacolo di molte serate meno pesante del solito, anche se ogni anno tutti dicono che le canzoni sono troppe, ed è vero: bastava sfrondare la gara da molti pezzi davvero qualunque. Ben scelte le co-presentatrici, mediocri come sempre i testi, poche le sorprese musicali degne di nota. Quando ci sono, come nel caso di Brividi, cantata da Mahmood e Blanco, si avverte dietro il massiccio impegno produttivo di una multinazionale della musica. Tanto per cambiare, il tema della canzone – basta vedere il video ufficiale – ruota intorno ai temi preferiti dalla rete colettiana. Oramai va così. 

Vincitori annunciati, e infatti hanno vinto. Seconda Elisa, terzo Gianni Morandi che ha vinto anche la serata dei duetti con Jovanotti e un premio della giuria di qualità della Sala Stampa. Una curiosità viene a Yoda: si sarebbe divertito a sceglierei fra i tre selezionati dal televoto popolare (voleva votare Elisa) ma i numeri da chiamare sono stati detti da Amadeus a gran velocità, così come il nuovo codice assegnato ai tre concorrenti. Nulla è comparso in sovrimpressione, come avveniva sempre gli altri anni. Nulla è comparso in rete. Così Yoda non ci è riuscito, come con tutta probabilità molti altri. Chissà se avranno avuto la sensazione di essere stati tagliati fuori dalla votazione fondamentale, così come accade per votazioni elettorali ancora più importanti di una gara canora. Così, nel momento in cui un Paese in decadenza sembra accontentarsi di Sanremo per tornare alla sua aurea mediocritas, a Yoda viene il dubbio che si avvii a essere definitivamente il Paese delle banane.

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