La terza serata del Festival di Sanremo 2022 inizia – come dedica al neo rieletto Presidente – con una breve versione orchestrale di Grande, grande, grande con accenno di ritornello da parte del coro. Come un saluto breve e sincero, un accenno senza alcuna retorica. Un’inconsueta e piacevole sobrietà che non guasta in attesa dei cosiddetti piatti forti della serata. Intanto stasera si comincia con l’ultima a esibirsi nella prima serata.
Giusy Ferreri – Miele
La risposta italiana ad Amy Winehouse trova forse il momento migliore e più ispirato di una carriera, prestando la propria voce tra il sensuale e lo scorticato a un raffinato pop italo-ispanico arrangiato con gusto e perizia a suon di danzanti squilli orchestrali. voto 7
Highsnob & Hu – Abbi cura di te
I secondi a esibirsi sono a loro volta quelli che hanno cantato per ultimi nella seconda serata, lasciando pensare a una sorta di simmetria inversa. Proposta tra rap e pop melodico, lei va a prendere in prestito le liaison, le inflessioni e le parole mangiate di Madame senza il pregio delle invenzioni della veronese, lui offre il solito piatto da rapper di mestiere. Canzone risaputa e strasentita, uno dei tanti anonimi stereotipi di genere che hanno proliferato in questi anni. voto 4
Fabrizio Moro – Sei tu
Con lo spezzarsi dell’apparente ordine inverso, eccoci al cospetto di uno dei maggiori casi di oggetto misterioso da lunghi anni di festival. Moro ne rappresenta il vademecum. Eppure anche lui risente positivamente di una qualità sopra la media, sicuramente con un canto cresciuto nel tempo. La sua semplicità naif trova un’ipotesi di misura espressiva molto simile all’Ermal Meta dello scorso anno, pur non eguagliandone la vena d’autore. voto 6
Aka 7even – Perfetta così
Primo evidente calo di livello della serata con un pop in salsa giovanilista che richiama tutti i crismi della tipologia dello sbarbato uscito dalla scuola di Amici. La sindrome del bambino mai cresciuto e del complessato senza scampo, prende decisamente il sopravvento inclusa voce stridula e intonazione quasi sempre assente. voto 4
Arriva in qualità di co-presentatrice Drusilla Foer (al secolo Gianluca Gori), personaggio en travesti dal portamento ironico e dall’umorismo felpato, nuova emissione di lasciti storici come Sorelle Bandiera e Platinette, ma sottoforma di nobildonna toscana. Viene inscenata una breve gag un po’ telefonata su un malinteso ruolo di cantante, quindi si parte con la presentazione del prossimo artista.
Massimo Ranieri –Lettera di là dal mare
Uno dei più grandi interpreti della nostra canzone per una ballata dalla classica impostazione melodrammatica per pianoforte, chitarra acustica e un’orchestra che inizia baritonale per espandersi sulle varie frequenze. Testo che ripropone l’altrettanto storica epopea della migrazione oltreoceano e del senso di lontananza. Bella scrittura e inciso con ascese da brividi, servono la sempre esemplare voce di Ranieri. Semplicemente incantevole. voto 8
Dargen D’Amico – Dove si balla
Cantauto-rap per sua stessa definizione, ripropone una tipologia dance innestata su ritmica ed elettronica anni ’80 non priva di verve e ironia, grazie anche ad una divertente botta e risposta con il coro. voto 6
Irama – Ovunque sarai
Strano caso di artista che da un hip hop piuttosto standardizzato, ha deciso di partire per altri lidi tentando una carta più personale, mediando il cantautorato classico con le spinte giovanili di questi anni. Interessante il lavoro compiuto sulla voce che regge in maniera notevole la melodia, encomiabile la paziente rielaborazione della vulgata indie. voto 7
Il momento del superospite musicale della serata prevede – in due momenti distinti – Cesare Cremonini. Amadeus usa parole cariche, sulla missione della musica e sulla capacità delle canzoni di oltrepassare le barriere spazio-temporali. Lo stacco tra l’immagine proposta e il personaggio artista lascia un senso di fascino e contraddizione davanti a un canzoniere che, partendo dal pop degli anni verdi, ha tentato una carta d’autore spesso superiore alla sua cifra. Si ascoltano in versione concentrata la riflessione esistenziale di Nessuno vuole essere Robin, Marmellata #25, La nuova stella di Broadway. Discrete intuizioni, qualche buona melodia, ma che solo in pochi e comunque lodevoli casi si impongono sopra la media come nella squillante Logico o nei colori festosi di Poetica.
Il secondo momento vede la presentazione del nuovo singolo La ragazza del futuro che sa tanto di blue-eyed soul anni ’80 e l’immancabile numero acchiappascolti 50 Special.
Ditonellapiaga e Rettore – Chimica
Canzone che si regge sulla verve sfacciata delle due protagoniste. Riprende in maniera neppure troppo mascherata nella strofa la melodia di I Feel Love di Donna Summer, abbinandola allo schiaffo electropunk-dance-ska della Rettore anni ’80, con refrain a colpi di sillabe ribattute. Molto godibile e divertente. voto 7-
Michele Bravi – Inverno dei fiori
Per quanto ancora giovane, non lascia intravedere al momento margini di crescita particolare a livello di interpretazione con una voce strizzata e incerta nell’intonazione (per quanto migliore rispetto all’esordio). La cosa bella è proprio la canzone, con un ottimo disegno melodico che offre più di una buona variazione. Purtroppo manca un canto all’altezza. voto 6
Rkomi – Insuperabile
Citazione quasi aritmetica del riff portante di Personal Jesus dei Depeche Mode (suonata con un tempo diverso), programmazione sparata al massimo in modalità dentro tutto, voce nasale e fradicia che non si distingue dalla massa indistinta dei rapper italiani di seconda fila. Canzonaccia che più dozzinale e risaputa non si potrebbe. voto 5
Mahmood e Blanco – Brividi
La riconferma del soul hip hop di questi anni si appaia alla giovanissima promessa della trap. Mahmood ormai viaggia con autorevolezza su calde linee melodiche e vocali che agganciano il classico e l’atemporale. Belli gli incastri vocali in una scrittura che annovera ritornello e variazioni mozzafiato. voto 8
Ci troviamo grossomodo a metà serata, la verve di Drusilla non decolla procedendo perlopiù a strappi e stentando a livello di trovate. Con il travestimento sovrapposto di Zorro il tandem con Amadeus accusa il colpo, tempi comici e ironia latitano. Il riso del pubblico è forzatamente di circostanza.
Gianni Morandi – Apri tutte le porte
Tappeto di fiati R&B di altri tempi che ci riaccompagna al Morandi ye-ye dei primi anni ’60. Lui sempre bravo, melodia orecchiabile e azzeccata da parte dell’onnipresente Lorenzo nazionale che, pur con quel suo vago sentore di artista da formulario, centra il bersaglio. voto 7-
Tananai – Sesso occasionale
Una delle poche proposte palesemente impresentabili, a partire dalla declinazione hip hop tamarra per una canzone con un piglio danzereccio dozzinale da sbronza post-adolescenziale. voto 4
Elisa – O forse sei tu
Cantautorato melodico nel solco della tradizione da parte della monfalconese che si muove con la perizia e il portamentoso charm dell’artista e interprete consumata, abile a rivestire persino stilemi e routine (un ritornello che non incanta) di quel senso di irripetibile che è prerogativa dei grandi. voto 7
Per anticipare il trentennale delle stragi mafiose siciliane, Amadeus introduce Roberto Saviano come secondo superospite della serata. Nella conseguente rassegna della schiera di giudici e di altri martiri anti-mafia – la lunga fila di eroi minori dell’epoca – resta sempre l’impressione che lo scrittore non riesca ad evitare la strettoia del mettere al centro della scena il se stesso intrepido eroe della denuncia, anziché il senso profondo e l’irrinunciabile unicità di quei momenti di persone pur meritoriamente riportate alla luce.
Il siparietto un po’imballato dalla nave Toscana di Rovazzi e Orietta Berti, ospita questa sera – dopo il duo Colapesce/Dimartino ed Ermal Meta – un’altra reduce del festival dello scorso anno, Gaia con la sua frizzante e sensuale Cuore amaro.
La Rappresentante di Lista – Ciao ciao.
I sempre più disinvolti esponenti dell’electro pop più variegato tra guizzi d’autore e contemporaneità, sciorinano un pop dance d’assalto mettendo insieme graffi dei più vivaci e fluidi anni ’80 e un irresistibile groove ritmico che cita chitarra e soprattutto basso degli Chic. Notevole per presenza, ironia e sex appeal una Veronica Lucchesi che evoca i sussulti glam ora di Gwen Stefani ora di Dua Lipa. voto 8
Iva Zanicchi – Voglio amarti
Supportata dalla collaborazione musicale di un grande decano come Celso Valli, la sempre vitale signora della canzone dimostra, con un’inflessione ancora più roca e blues di quanto già fosse capace, di saper ancora tirar fuori la voce e di dare una botta al cuore. Canzone, alla maniera della Berti della passata kermesse, un po’imbrigliata nello stereotipo della vecchia melodia all’ìtaliana con il pilota automatico. voto 6 ½
Achille Lauro (con Harlem Gospel Choir) – Domenica
Rock casereccio spruzzato di un ritornello all’insegna di una melodia a presa rapida, come in certe combinazioni di Vasco tra anglo-america e Belpaese. Buona interazione con l’Harlem Gospel Choir. Lauro non dispone di un canto particolarmente attraente e tuttavia recupera ampiamente con una verve tutta sua più che mai votata all’intrattenimento. Niente auto-battesimo stavolta ma un cenno di strip-tease in un finale circondato dalle stelle del coro. voto 6 ½
Forse la vera superospite della serata è la splendida Anna Valle. Con poche e posate frasi riesce nel giro di tre minuti ad elevare il Festival ad un momento di incomparabile grazia ed eleganza, non meno di una Eleonora Abbagnato nel suo intervento sulle punte di qualche anno fa.
Matteo Romano – Virale
Altro giovanissimo, diciottenne che pare quindicenne sia nell’aspetto che nel colore imberbe della voce. Si avvale di una buon approccio e di una canzone con una melodia che scorre piacevole e dignitosa. voto 6
Ana Mena – Duecentomila ore
Reginetta di queste ultime stagioni nel settore canzoni estive tutte tunz tunz, electro e mazurka reggeaton al massimo dei giri. Presente o meno Rocco Hunt il prodotto non cambia. voto 5
Una Drusilla più sciolta e a suo agio porta Amadeus a ruolo di suo ipotetico maggiordomo, peccato che la serata sia in fase declinante, addirittura poco prima della fine (presentazione di Giovanni Truppi) la nostra diventa quasi incontenibile.
Sangiovanni – Farfalle
Proposta giovanilista abilmente costruita, melodia electro agile e arrangiata con astuzia. Il modo di cantare è sicuro e intonato pur infarcito di birignao da bambinoni millennial cresciuti alla meglio. voto 6
Emma – Ogni volta è così
La cosa più sorprendente di questa cantante è la sua metamorfosi, da ugolatrice senza controllo degli esordi e della vittoria sanremese di dieci anni orsono, a interprete maturata e degna di rispetto anche quando gestisce gli alti in maniera superiore al passato. Purtroppo non riceve adeguato supporto da un Dardust ormai sovrautilizzato ovunque e sbiadito nella scrittura. Poco può l’intervento dell’ottima Francesca Michielin, altra artista umile e migliorata esponenzialmente negli anni. Canzone salvata dall’interpretazione di classe. voto 6
Yuman – Ora e qui
Il cantautore di origine mista capoverdiana/italiana, offre una versione soul di uno stile canoro che richiama il primo Baglioni. Di suo ci mette un discreto feeling e una dignitosa scrittura. voto 6 ½
Le Vibrazioni – Tantissimo
Il rock all’italiana de Le Vibrazioni cerca di trarsi dall’impaccio di anni all’insegna di un canzoniere debole e prevedibile, accogliendo sonorità all’insegna di synth-pop, melodia e corettoni trendy del bravo forgiatore Roberto Casalino. Voce purtroppo da dimenticare. voto 6
Giovanni Truppi – Tuo padre mia madre, Lucia
L’impronta della voce riassume eccellenti caratteristiche del cantautorato d’annata e più recente, mixando l’indie influente di Bianconi e su tutto la pastosità delle timbriche medie di Mario Castelnuovo anche nelle parti recitate. Testo dove si sente la mano profonda ed esistenzialista di Pacifico, musica e arrangiamento di alto profilo e dalla scrittura filante e incisiva. voto 8
Noemi – Ti amo non lo so dire
Il duo di autori Mahmmod/Dardust fa sentire un tocco stilistico ormai acquisito, lei ci mette il suo consueto timbro rugginoso e incisivo, la scrittura dei due autori è discreta anche se non riesce a decollare nelle fasi cruciali. Bella nella strofa e nella agile sequenza della variazione, stenta nel refrain. voto 6 ½
Il finale di Drusilla è il monologo che non ti aspetti. Finge di congedarsi perché “si è fatta una certa” poi cerca di rimodulare la faccenda della diversità in unicità. Concetto affascinante che balla tra una naturale vocazione all’eternità e il rischio di riduzione a retorica. E però la nostra riesce a introdurre zampate non da poco come quella del rendersi disponibili all’ascolto, nella piena consapevolezza della difficoltà del compito. Bel finale in linea, tra ironia e dolcezza, con un brano da teatro cabaret cantato magistralmente.
I risultati della serata di votazioni del pubblico vedono sul podio Morandi, Elisa e sul gradino più alto Mahmood e Blanco. Bell’exploit di Irama al 4° posto. Più indietro le altre punte di diamante come Massimo Ranieri al 7° posto, La Rappresentante di Lista al 9° posto e Giovanni Truppi nelle retrovie. Le notti dell’Amadeus dei due scorsi festival non finiscono più all’alba nella via.
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