E alla fine, Morandi e Morandi con Jova, la Bertè, la Rettore e la voce della Zanicchi. Della sfilata di paillettes e camicie di pizzo rosa non se ne può più, a rivestire voci flebili o falsetti, e testi banali, che dammi tre parole sole cuore amore almeno aveva ritmo. Tutti sti giovani sempre uguali, tutti mélo anche quando dicono parolacce, che bella stronza era già arrivata da tempo. Tutti con la lacrima a ringraziare dell’onore ricevuto, e nessuno ricorda a memoria dopo 4 serate i loro motivetti.



Grignani aveva ragione, zero rock, in tutti i sensi. E quindi zero novità, provocazione, fantasia, coraggio. Chi programma i brani per vincere, vedi Elisa e la coppia Mahmood e Blanco. Chi cerca di épater les bourgeois con mezzi nudi e languori omosex, roba già vista e sentita con altra stoffa a sostegno. Tante promozioni Rai, manca solo quella del papa da Fazio, omaggi ai direttori, alla stampa, a regione comune eccetera.



Anche l’ultima sera “il messaggio”: la litania di insulto degli haters. Perché mamma Rai deve educare, e predicare unicità, gentilezza, garbo, sobrietà (resilienza non l’ho sentita, ma forse mi sono distratta).

Siamo d’accordo, ma è così stucchevole chiedere ad Amadeus e attori a contorno esercizi di moralità e modelli di perbenismo così forzati e fasulli. Non è colpa loro, tutti ci crediamo a valori, principi, ideali, a parole. Ma anche le parole per colpire devono avere originalità e forza, scollarsi la melassa. Risparmiarsi, o affidarsi a voci capaci e alte, vedi la poesia bellissima recitata ieri dal Cherubini con impacciata reverenza. Tutti a parole saremmo buoni educati e personcine perbene. Ma in nome di che? Nel nome del niente.



Mai come quest’anno che non c’è avrei voluto leggere o ascoltare anche su Sanremo i commenti di Luigino Amicone. Perché essere perbene non ci basta. Dopo un po’ ci si stanca, e a parte razzismo odio social e i diritti di tutti, di chiunque abbia un desiderio trasformato in diritto (e va bene tutto, ci mancherebbe, siamo d’accordo!) c’è pure gente che perde il lavoro, gente che muore per lavorare, madri e padri mancati, donne che si licenziano perché le scuole chiudono, le bollette stratosferiche, giovani che si ammazzano ai confini dell’Europa e giovani che si allenano ad ammazzare nelle sette fondamentaliste delle nostre città.

Allora, o avete gli attributi (e mi censuro) per parlare e lasciar parlare di tutto, o contenetevi sulle canzonette, che ne abbiamo tutti bisogno. Se si vuol canticchiare e ballare, dopo due anni soffocati da paura e chiusura, non ficcateci a forza il discorso giusto, superficiale, ovvio, omologato. C’è Fazio, per questo. Per cinque sere, basterebbe la musica.

Peccato che per averla, appunto, si debba sempre guardare ai monumenti, ai vecchi, che hanno voce, sanno tenere il palco e con l’irriverenza hanno già dato quando era più difficile, tanti e tanti anni fa. E adesso, che sono passate le elezioni presidenziali ed è passato Sanremo, possiamo occuparci per favore, anche in Rai, della vita reale?

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