Canzone amarissima, quella presentata a Sanremo 2019 da Daniele Silvestri, cantautore “impegnato” dalle tematiche di sinistra, in coppia con il rapper Rancore, che tocca il tema della scuola. Vediamo una analisi del testo della canzone “Argentovivo” è scritto, fra gli altri, anche con la partecipazione di Manuel Agnelli. Silvestri ha spiegato che per comporlo, insieme agli altri pezzi del disco, ha chiesto ai suoi follower sui social network di quali temi avrebbe dovuto occuparsi: quelli che hanno avuto il maggior numero di richieste sono stati la scuola e l’adolescenza. Così ha scritto “Argentovivo”, un brano in cui uno studente di 16 anni si descrive e si racconta, pensando, ha detto, anche ai suoi due figli adolescenti che frequentano la scuola. Il risultato è un brano che fa rabbrividire per la disperazione e la negatività che viene espressa, parole che lette da un qualunque studente gli fanno venire la voglia di abbandonare immediatamente la scuola, parole che mettono paura. La scuola in sostanza per Silvestri è un carcere (“Ho sedici anni ma è già da più di dieci che vivo in un carcere”) dove viene distrutto e fatto a pezzi “l’argento vivo”, cioè la voglia di vivere con tutta l’irruenza degli adolescenti, da crudelissimi insegnanti. Ci si domanda che tipo di scuola conosca il cantautore per farne un ritratto del genere. Che la scuola infatti possa essere faticosa, reprimere certe voglie e desideri, è vero, ma che conduca a “fui condannato ben prima di nascere costretto a rimanere seduto per ore immobile  muto per ore io, che ero argento vivo” sembra la descrizione di un lager. Con tutta la bellezza che invece la scuola è in grado di dare in termini di passione alla conoscenza, alla crescita, allo sviluppo di una personalità. E con la possibilità che dà ai giovani più disagiati, quelli ad esempio di certi quartieri malfamati, di uscire dalla criminalità in cui crescono.



ANALISI DEL TESTO DELLA CANZONE “ARGENTOVIVO”: SUOLA E FAMIGLIA SONO UN LAGER

Ma non solo la scuola è un lager, lo è anche la famiglia: “Però la sera mi rimandano a casa lo sai perché io possa ricongiurmi a tutti i mei cari come se casa non fosse una gabbia anche lei e la famiglia non fossero i domiciliari”. Terribile. Anche qui ci si domanda che tipo di famiglie conosca Silvestri, da che famiglia provenga e se anche la sua, di famiglia, corrisponda agli arresti domiciliari. Ovviamente no, si intende che lui faccia riferimento a una famiglia e a una scuola perfetti, ma dove essi siano non ce lo indica. Quale via di scampo per questo disgraziato sedicenne? “Mi mantengo sedato per non sentire nessuno tengo la musica al massimo e volo con con la musica al massimo rimango solo”. La musica, come tutti i ragazzini, un angolo dove nascondersi ma neanche questa è abbastanza perché “all massimo rimango solo”. Tristissima interpretazione della musica. E ci sono le accuse: “Mi ripetono sempre che devo darmi da fare perché alla fine si esce e non saprei dove andare, ma non capiscono un cazzo, no, io non mi ci riconosco”. L’unico passaggio in cui ci si può riconoscere, che però scarta del tutto dal tema della canzone e che sembra preso da un altro brano dal significato diverso, è quando si parla della solitudine imposta dalla realtà virtuale: “Avete preso un bambino che non stava mai fermo l’avete messo da solo davanti a uno schermo e adesso vi domandate se sia normale se il solo mondo che apprezzo è un mondo virtuale io che ero argento vivo”. In questo quadro sembra di capire dal testo il ragazzino cade in depressione e finisce anche nelle mani dei medici: “Dottore io così agitato così sbagliato con così poca attenzione ma mi avete curato e adesso mi resta solo il rancore”. Certamente casi così ce ne sono in molte famiglie, la denuncia di Silvestri si fa sempre più feroce: addormentare l’argento vivo degli adolescenti con i medicinali, ma siamo davanti a casi criminali. Davvero il mondo dei ragazzi è così?



CANZONE DI DANIELE SILVESTRI E RANCORE PER SANREMO 2019: UN MONDO SENZA SPERANZA

Il finale del brano “Argentovivo” è allucinante, sembra quasi suggerire il suicidio: “Ho sedici anni e vivo in un carcere se c’è un reato commesso là fuori è stato quello di nascere”. Daniele Silvestri, benché aiutato da una nutrita schiera di autori, compone un testo che scorre molto bene, senza alcuna leziosità e ripetitività tipica delle canzonette di Sanremo, un potente brano di drammatica accusa. Impossibile parlare di riferimenti poetici perché le canzoni non sono mai poesie. Certamente attuale come è attuale sempre descrivere l’adolescenza, fallisce nel descrivere un mondo a senso unico, in cui non esiste redenzione, speranza, possibilità di cambiamento. La realtà non è mai a senso unico ma Silvestri lo ignora. In cui soprattutto manca totalmente, anzi viene colpevolizzata, la figura dell’adulto, sia l’insegnante o il genitore. Certamente si voleva alzare il tono, un brano così a Sanremo farà scalpore, susciterà critiche e polemiche ma si sa che al festival bisogna farsi notare a tutti i costi.

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