Sabato 18 giugno. Giornata calda. Molti hanno preferito andare al mare. Quindi, all’ultimo concerto della stagione sinfonica 2021-22 dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia c’erano diverse file vuote in un auditorium che contiene 3000 spettatori. Non sanno che hanno perso uno dei migliori concerti della stagione: Daniel Harding sul podio, Paul Lewis al piano. Andrea Obiso violinista solista. Dieci minuti di applausi ed ovazione da parte di un pubblico che conosceva bene i due brani, eseguiti molto spesso nei concerti sinfonici dell’Accademia ceciliana: il concerto in la minore per piano ed orchestra di Edward Grieg e il poema sinfonico Ein Heldenleben (una vita d’eroe) di Richard Strauss. L’orchesta ha a lungo applaudito Harding battendo i piedi.
Conosco Harding dal lontano 1998, quando (a soli 23 anni) al Festival di Aix en Provence, si alternava con Claudio Abbado sul podio di un memorabile Don Giovanni (peraltro ripreso più volte, anche a Milano) con la regia di Peter Brook. Sono passati circa 25 anni da allora, Harding ha fatto una strepitosa (e meritata) carriera, ma, minuto, dirige sempre con il braccio largo e la schiena dritta, curando con attenzione l’orchestra che lo adora. Appassionato di calcio, un po’ sboccato nei confronti di certe regie (quando si cena da soli), trasmette agli interlocutori la passione con cui dirige.
Il concerto di Grieg per piano ed orchestra è il lavoro più noto e più eseguito del compositore norvegese. E’ spesso paragonato al Concerto per pianoforte di Schumann: è nella stessa tonalità, la fioritura discendente in apertura è simile e lo stile complessivo è considerato essere più vicino a Schumann che a qualunque altro compositore. Grieg aveva ascoltato il concerto di Schumann suonato da Clara Schumann a Lipsia nel 1858 e fu molto influenzato dallo stile di Schumann in generale, avendo avuto come insegnante di piano Ernst Ferdinand Wenzel, amico dello stesso Schumann. In molte registrazioni in vendita i due concerti vengono spesso appaiati.
L’opera rivela inoltre l’interesse di Grieg per la musica popolare norvegese: la fioritura iniziale è basata su un motivo tipico della musica popolare. Grieg era un eccellente pianista, ma alla prima del concerto, il 3 aprile 1869 a Copenaghen, non fu presente alla prima avendo impegni con un’orchestra a Christiania (oggi Oslo).
Conoscitore attento e scrupoloso della letteratura romantica europea e studioso delle raffinatezze strumentali di Wagner e di Liszt, Grieg non può classificarsi come un imitatore di stili altrui e seguace di mode estranee allo spirito del folclore norvegese. Il popolarissimo Concerto per pianoforte e orchestra fu composto nel 1868, durante una vacanza nel villaggio danese di Sölleröd, a nord di Copenhagen. Harding (e Paul Lews nel suo dialogo con l’orchestra) hanno messo in risalto la freschezza delle idee musicali e l’eleganza della orchestrazione, articolata secondo il personalissimo stile di Grieg. Una dolce serenità melodica caratterizza il primo movimento, ma è soprattutto il tema dell’Adagio, affidato all’orchestra e ripreso con sognante delicatezza chopiniana dal pianoforte, a coinvolgere emotivamente l’ascoltatore con quelle tenerezze timbriche tipiche del lirismo nordico. Il terzo tempo ha una dinamica particolarmente varia ed è concepito con spigliata brillantezza sonora e su ritmi di danza norvegese. Harding (e Lewis) hanno sottolineato i momenti infuocati e quelli più prettamente lirici.
Con Una vita d’eroe, composto nel 1838 e da lui diretto il 3 marzo 1899 a Francoforte, Strauss (che lo diresse due volte, nel 1909 e nel 1913 con i complessi ceciliani all’Augusteo) conclude consapevolmente il ciclo dei poemi sinfonici. Il tema letterario del lavoro è ormai scopertamente autobiografico, e con un esplicito significato di riepilogo: l’eroe è senza dubbio il compositore stesso, che riconsidera tutta la sua esistenza umana e artistica per chiarire a sé e agli altri il senso della propria opera e dell’esperienza finora maturata, nonché (nella parte per violino solista) i complessi rapporti i suoi rapporti con Pauline, che fu sua moglie per oltre cinquanta anni. Non per nulla la partitura include una gran quantità di autocitazioni, soprattutto dai poemi sinfonici precedenti: quasi raddoppiando la funzione mimica di figure musicali già impiegate, e dunque provviste in partenza di un significato evidente.
Il programma è svolto in sei sezioni ben distinte ma senza soluzione di continuità: 1) L’eroe, un gesto musicale deciso e pieno di energia volitiva annuncia il protagonista del poema; altri tre temi dipingono la sua potenza d’immaginazione, la profondità del suo sentire, la sua vitalità. 2) Gli avversari: i nemici dell’eroe sono naturalmente meschini e petulanti; il gioco dei temi e dei timbri disegna con chiarezza il contrasto fra queste presenze grottesche e quella dell’eroe. 3) La compagna: alle espansioni del violino solista è affidata la caratterizzazione della compagna dell’eroe e, attraverso di lei, dell’eterno femminino; la rappresentazione, molto concreta, passa in rassegna i diversi umori del suo rapporto con lei. Al tenero colloquio dei due temi-personaggio segue bruscamente un appello delle trombe. 4) Il campo di battaglia: i temi dell’eroe e dei suoi nemici tornano in una raffigurazione animata dal generoso impiego di ottoni e percussione; l’inevitabile vittoria è salutata da un canto trionfale cui partecipa la compagna dell’eroe: ma i sordi colpi del timpano insinuano un’oscura e lontana minaccia. 5) Le opere di pace: il senso più privato del poema si chiarisce nella sfilata delle citazioni: Don Giovanni, Zarathustra, Morte e trasfìgurazione, Don Chisciotte, Till, Guntram, Macbeth, il Lied Sogno nel crepuscolo; nel mosaico abilissimo irrompe ancora una volta, brevemente, il tema degli avversari. 6) Ritiro dal mondo e fine dell’eroe: un episodio quasi pastorale simboleggia la quiete interiore finalmente raggiunta dopo tante avventure; un ultimo momento di contrasto è superato dalla trasfigurazione recata dal tema della compagna.
In un lavoro fra i suoi più complessi e finemente elaborati, lo Strauss trentaquattrenne si congeda da un capitolo della sua storia artistica e da tutto un secolo: il suo Novecento sarà soprattutto teatro in musica.
Harding, l’orchestra (ed Obiso nel suo piccolo ma importante brano) hanno offerto un’esecuzione piena di passione con cui Strauss segna la fine di una fase e l’inizio di un’altra. La hanno trasmessa ad un pubblico entusiasta.