Il 6 marzo si festeggia Santa Rosa da Viterbo. La Beata si festeggia ogni anno a Viterbo, di cui è Patrona, il 4 settembre, data della traslazione della sua salma. Gli imponenti festeggiamenti iniziano la sera prima, il 3 settembre, con la processione della “Macchina di Santa Rosa”, una monumentale struttura, che viene rinnovata ogni cinque anni su progettazione di artisti di fama, alta quasi 30 metri del peso di circa 50 quintali, su cui è issata la statua della santa, portata a spalla da 100 facchini per le vie cittadine. L’evento richiama ogni anno migliaia di visitatori per ammirare uno spettacolo unico al mondo, riconosciuto dall’Unesco come patrimonio immateriale dell’umanità.
A Viterbo il culto della patrona Santa Rosa è molto sentito, ma la città laziale offre al visitatore anche molte altre attrattive per il suo fascino che rifulge soprattutto nel centro storico. Fra gli itinerari consigliati la Viterbo sotterranea, il museo nazionale etrusco, palazzo dei Priori e le terme dei Papi. A 25 chilometri dalla città merita una deviazione Sant’Angelo, il paese delle favole per la rappresentazione sulle pareti delle case dei più celebri personaggi fiabeschi. Fra gli altri Santi che si celebrano il 6 marzo troviamo Santa Coletta Boylet vergine, San Giuliano di Toledo vescovo, San Quiriaco o Ciriaco di Treviri e San Vittore di Piacenza diacono.
Santa Rosa da Viterbo, la vita della Beata
Santa Rosa da Viterbo è nata il 9 luglio 1233 e morta nel 1251, a soli 18 anni, tanto da essere venerata come la santa bambina. Venne alla luce nella contrada di Santa Maria in Poggio da una famiglia di contadini, manifestando fin da subito una salute cagionevole dovuta a una rara malformazione genetica consistente nell’assenza dello sterno (agenesia) che le impedì di essere accettata, anche per via delle sue umili origini, dall’ordine delle Clarisse, dove desiderava entrare. Pur gracile e malaticcia, ottenne di essere accolta, poco più che adolescente, fra le terziarie francescane e si distinse per la sua vocazione di predicatrice cristiana nella lotta tra guelfi e ghibellini, oltre che come mediatrice misericordiosa nell’appianare i dissidi familiari. Si schierò sempre dalla parte della Chiesa, osteggiando apertamente i catari strumentalizzati dall’imperatore Federico II di Svevia come arma ideologica contro il papato.
La sua posizione di accesa sostenitrice della chiesa le costò l’esilio con tutta la sua famiglia, prima a Soriano nel Cimino e successivamente a Vitorchiano, sempre nel viterbese. Solo dopo la morte di Federico II, avvenuta nel 1250 e da lei stessa predetta, poté tornare nella sua Viterbo e lì si spense il 6 marzo dell’anno successivo. Il suo corpo, miracolosamente intatto, fu esumato e traslato dall’odierno rione Crocetta alla chiesa di San Damiano, attuale santuario a lei dedicato. Canonizzata da Papa Callisto III nel 1457, è considerata la protettrice della Gioventù Francescana e dei fiorai, in omaggio all’iconografia che la vede ornata da una ghirlanda di rose.